Richiesta risarcitoria per frasi sconvenienti e offensive

Scarica PDF Stampa Allegati

Frasi sconvenienti e offensive: con la sentenza numero 36348 del 29/12/2023 la III sezione della suprema Corte (Pres. Travaglino – relatore Rubino) si pronuncia in materia di danno provocato da atti processuali contenenti affermazioni sconvenienti e offensive, chiarendo quando la domanda va formulata all’interno del processo o con autonomo giudizio.

Per approfondimenti, si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile: La Riforma Cartabia della giustizia civile

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sent. n. 36348 del 29/12/2023

Cass-36348.23.pdf 129 KB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. I fatti di causa

Un avvocato agiva in giudizio convenendo un assicuratore, affermando che nel corso di un giudizio da questi patrocinato e in danno della compagnia, quest’ultima avesse usato in suo danno frasi sconvenienti e offensive. Denunciava, quindi, la violazione dell’art. 89 cpc e chiedeva il risarcimento dei danni subiti a causa della condotta illecita dell’assicuratore.
La domanda veniva rigettata in primo grado dinanzi al Giudice di pace, con pronuncia confermata in appello dal Tribunale.
Propone ricorso per cassazione l’avvocato, sulla scorta di due motivi.
Si premette che la domanda nelle fasi di merito veniva rigettata perché il giudice adito si riteneva incompetente a conoscere della domanda ex. art. 89 cpc, in quanto la stessa sarebbe dovuta essere proposta nell’ambito del medesimo giudizio in cui le espressioni sconvenienti e offensive furono pronunciate.
Con il primo motivo, appunto, il difensore censurava la pronuncia poiché in violazione dell’art. 89 cpc, atteso che la domanda endoprocessuale era consentita, a suo dire, solo a chi era parte del giudizio medesimo e non anche ai difensori, ai quali non restava che agire con separata giudizio.
Con il secondo motivo si censura la motivazione apparente, e quindi siamo nell’alveo dell’art. 360 I comma n. 4 con violazione censurata dell’art. 132 cpc. Secondo la tesi del ricorrente, infatti, mancava del tutto una motivazione che giustificasse come fosse possibile ad una parte non processuale formulare la domanda ex. art. 89 cpc nel processo stesso.
Per approfondimenti, si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:

FORMATO CARTACEO

La Riforma Cartabia della giustizia civile

Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.

Francesca Sassano | Maggioli Editore 2022

2. Richiesta risarcitoria per frasi offensive: giudizio della Cassazione

La Corte rigetta il ricorso ritenendolo sia inammissibile che manifestamente infondato. L’inammissibilità consegue alla violazione dell’art. 360 cpc e quindi al principio di autosufficienza, per non avere, l’estensore del ricorso, richiamano le parti di sentenza che intendeva censurare, onde consentire alla Corte di effettuare le opportune valutazioni.
Il ricorso, comunque, era ritenuto anche infondato, con motivazione che consente alla Corte di chiarire la portata dell’art. 89 cpc.
La Corte richiama il proprio consolidato orientamento, e rispetto al quale non ritiene di discostarsi – anche perché il ricorrente non fornisce motivazioni per farlo, come da precedenti che enuclea nella motivazione (Cass. n. 12134 del 1991; Cass. n. 10916 del 2001; Cass. n. 16121 del 2009), secondo i quali:
la competenza a conoscere del danno per espressioni offensive e sconvenienti contenute negli atti del giudizio è funzionale ed inderogabile e spetta al giudice incaricato di conoscere del procedimento in cui sono stati redatti o depositati gli atti contenenti le espressioni incriminate;
– anche nel caso in cui l’espressione sconveniente si indirizzi direttamente verso il difensore di una delle parti quest’ultimo, pur non essendo parte del giudizio, può e deve proporre l’azione di risarcimento danni soltanto nell’ambito del procedimento nei cui atti sono state inserite le medesime espressioni.
La Corte, poi, indica le quattro eccezioni ai principi generali sopra esposti, che consistono in ipotesi incompatibili con la possibilità di introdurre la domanda di risarcimento danni per le espressioni sconvenienti o offensive nell’ambito del medesimo procedimento, ovvero:
-quando le stesse sono inserite in una procedura esecutiva, perchè la stessa non ha carattere di giudizio di cognizione;
– quando sono contenute in atti depositati in una fase processuale che non consente l’introduzione di una domanda, ad esempio con la comparsa conclusionale o con la memoria di replica;
– quando la condotta illecita è esclusivamente del difensore e non della parte e la domanda, provenga essa dal difensore o dalla controparte, viene proposta solo nei confronti del difensore;
– quando il procedimento si conclude con un provvedimento privo di carattere decisorio (es. estinzione).
Nessuna delle ipotesi richiamate ricorre nel caso di specie e quindi il ricorso viene rigettato.

Michele Allamprese

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento