La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25862 del 3 luglio 2024, ha fornito chiarimenti in merito ai termini di presentazione delle richieste di pene sostitutive dopo la Riforma Cartabia.
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Indice
1. I fatti
La Corte di appello di Roma si è pronunciata in merito al ricorso presentato dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Tivoli con la quale, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, ne aveva dichiarato la penale responsabilità in ordine ai reati a lui contestati aventi ad oggetto la violazione della normativa in materia di stupefacenti con conseguente condanna ad anni 3 e mesi 8 di reclusione e 16.000 euro di multa.
La Corte di appello ha ritenuto che uno dei reati contestati all’imputato dovesse essere assorbito in altro reato e che le circostanze attenuanti generiche dovessero essere applicate in favore del pervenuto in misura ridotta ma nella loro massima estensione possibile. Pertanto, la pena è stata rideterminata nella misura di anni 3 e mesi 2 di reclusione ed euro 13.500 di multa.
Avverso tale decisione, è stato proposto ricorso per Cassazione dall’imputato affidato ad un unico motivo con il quale si denunciava vizio di motivazione, ritenuta contraddittoria e manifestamente illogica, lamentando il fatto che i giudici di merito avessero dichiarato inammissibile la richiesta difensiva con la quale era stata sollecitata l’applicazione della sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare.
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Come richiedere l’applicazione delle pene sostitutive
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2. Richiesta di pene sostitutive a cavallo della Riforma Cartabia: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare infondato il ricorso sottopostole, osserva che non sono state rispettate le tempistiche necessarie per l’accoglimento dell’istanza in questione.
Infatti, nello specifico, la difesa aveva presentato l’istanza di applicazione della pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare in data 8 giugno 2023, mentre la sentenza di primo grado era stata emessa in data 19 gennaio 2023, motivo per cui tale richiesta era stata dichiarata dalla Corte d’appello inammissibile.
Secondo quest’ultima, infatti, sarebbe stato possibile presentare la istanza di applicazione della misura sostitutiva per la prima volta di fronte ai giudici di secondo grado solo ove la sentenza di primo grado fosse stata pronunziata in data anteriore al 30 dicembre 2022, cioè in un momento precedente alla entrata in vigore del d. lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia).
La Suprema Corte chiarisce che, “per i giudizi conclusisi in primo grado dopo quella data, la relativa richiesta doveva essere presentata di fronte al giudice di prima istanza, potendo formare oggetto del giudizio di gravame solo nel caso in cui una tale richiesta, tempestivamente formulata, fosse stata disattesa in primo grado, avendo una tale decisione costituito oggetto di un motivo di impugnazione della sentenza emessa in prima istanza“.
Per ciò che riguarda la disciplina transitoria della normativa sopravvenuta, questa prevede che le disposizioni contenuta nel Capo III della legge n. 689/1981 si applicano, ove più favorevoli, anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello alla data di entrata in vigore della Riforma, senza che sia indicata in tale disposizione una fase del giudizio nella quale la richiesta in questione debba essere necessariamente vincolata.
Tanto considerato, la Corte osserva che la citata disposizione transitoria deve essere pienamente intesa nel senso che le disposizioni sopravvenute si applicano alternativamente o ai giudizi di primo grado o a quelli di appello che fossero pendenti al momento dell’entrata in vigore della normativa.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione sottolinea che laddove, come nel caso di specie, “il giudizio fosse stato tuttora pendente in primo grado al momento della entrata in vigore delle disposizioni più favorevoli sarebbe stato indefettibile onere dell’imputato, in ogni fase di tale grado di giudizio, formulare istanza volta alla applicazione delle nuove sanzioni sostitutive, ma, laddove tale facoltà non fosse stata tempestivamente esercitata, la stessa non poteva essere recuperata nel successivo grado di appello (ove lo stesso non fosse già stato pendente al momento della entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022), nel corso del quale l’eventuale richiesta da parte dell’interessato poteva essere presentata esclusivamente sotto le forme di un motivo di impugnazione volto a contestare la decisione emessa nel primo grado di giudizio e con la quale la richiesta di ammissione alle sanzioni sostitutive, a suo tempo formulata, era stata respinta“.
Nel caso specifico, dunque, ad avviso della Cassazione, la motivazione della sentenza impugnata è immune da vizi e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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