Reati in materia di caccia: l’intervento della Cassazione

La configurabilità dei reati previsti dall’art. 30 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 (reati in materia di caccia): la Cassazione interviene sul tema.

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La configurabilità dei reati previsti dall’art. 30 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 (reati in materia di caccia): la Cassazione interviene sul tema. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.

Corte di Cassazione -sez. III pen.- n. 8863 del 23-01-2025

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Indice

1. La questione: la sussistenza delle contravvenzioni previste delle norme in materia di caccia


La Corte di Appello di Bologna confermava una sentenza del Tribunale di Forlì, che aveva condannato l’imputato per contravvenzioni concernenti violazioni delle norme in materia di caccia, e, ravvisata la continuazione fra i reati e concesse le circostanze attenuanti generiche, gli aveva irrogato la pena di due mesi di arresto, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
In particolare, secondo la Corte territoriale, l’accusato sarebbe stato sarebbe responsabile dei seguenti illeciti penali: a) della contravvenzione di cui all’art. 30, comma 1, lett. e), in relazione all’art. 3, della legge 157 del 1992; b) della contravvenzione di cui all’art. 30, comma 1, lett. h), in relazione all’art. 21, comma 1, lett. r), della legge 157 del 1992; c) della contravvenzione di cui all’art. 30, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 2, comma 1, lett. c), della legge 157 del 1992.
Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., con riguardo all’affermazione di penale responsabilità. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, erano richiamati quegli orientamenti nomofilattici secondo i quali: 1) con riguardo al reato di uccellagione previsto dall’art. 30, comma 1, lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, è principio consolidato quello secondo cui lo stesso costituisce fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione è sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialità offensiva indeterminata, non essendo invece richiesta l’effettiva apprensione dei volatili (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 7861 del 12/01/2016, e Sez. 3, n. 19554 del 17/03/2004), fermo restando che un mezzo diverso dalle armi da sparo con potenzialità offensiva indeterminata rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 30, comma 1, lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, è sicuramente costituito dalle reti (cfr., tra le tantissime, oltre Sez. 3, n. 19554 del 2004, anche Sez. 3, n. 6343 del 01/02/2006, e Sez. 3, n. 9607 del 02/06/1999); 2) per  quanto concerne il reato di cui all’art. 30, comma 1, lett. h), in relazione all’art. 21, comma 1, lett. r), della legge 157 del 1992, per la sua integrazione è sufficiente che ricorra l’uso di un richiamo acustico in grado di funzionare (Sez. 3, n. 14431 del 19/09/2013), e che la persona sia in «atteggiamento da caccia», il quale si configura non solo in caso di effettiva uccisione o cattura della selvaggina, ma anche con riguardo al compimento di qualunque attività preliminare alla caccia e, comunque, di qualsiasi atto che appaia comunque diretto alla soppressione o alla cattura di uccelli o animali in genere (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 19653 del 27/02/2019); 3) relativamente al reato di cui all’art. 30, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 2, comma 1, lett. c), della legge 157 del 1992, per la sua integrazione è sufficiente la detenzione di mammiferi o uccelli compresi nell’elenco di cui all’art. 2 della medesima legge, tra i quali rientrano sicuramente i frosoni (vds. Sez. 3, n. 734 del 10/10/2018, e Sez. 3, n. 23931 del 27/05/2010) e i pettirossi (Sez. 3, n. 16441 del 16/03/2011); 4)  se è possibile, per il detentore di un esemplare di fauna selvatica, dimostrarne la provenienza non illegittima, con conseguente esclusione di sua responsabilità penale, l’onus probandi incombe su di lui e non sull’accusa, posto che la regola generale stabilita dall’art. 21, comma 1, lett. e), legge 11 febbraio 1992, n.157 è quella del divieto di detenzione di esemplari di fauna selvatica (Sez. 3, n. 6557 del 04/11/2016, e Sez. 3, n. 8877 del 08/05/1997).

3. Conclusioni: la Cassazione chiarisce come sono configurabili i reati previsti dall’art. 30 della legge n. 157 del 1992


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando sono configurabili i reati previsti dall’art. 30 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 che, come è noto, dispone quanto segue: “1. Per le violazioni delle disposizioni, della presente legge e delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni: a) l’arresto da tre mesi ad un anno o l’ammenda da lire 1.800.000 a lire 5.000.000 per chi esercita la caccia in periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura fissata dall’articolo 18; b) l’arresto da due a otto mesi o l’ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi nell’elenco di cui all’articolo 2; c) l’arresto da tre mesi ad un anno e l’ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d’Abruzzo, muflone sardo; c-bis) l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da euro 4.000 a euro 10.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus)  d) l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da lire 900.000 a lire 3.000.000 per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attività sportive; e) l’arresto fino ad un anno o l’ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000 per chi esercita l’uccellagione; f) l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a lire 1.000.000 per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio; g) l’ammenda fino a lire 6.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella lettera b), della quale sia vietato l’abbattimento; h) l’ammenda fino a lire 3.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l’ausilio di richiami vietati di cui all’articolo 21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica altresì la misura della confisca dei richiami; i) l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a lire 4.000.000 per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, da natanti o da aeromobili; l) l’arresto da due a sei mesi o l’ammenda da lire 1.000.000 a lire 4.000.000 per chi pone in commercio o detiene a tal fine fauna selvatica in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la fauna di cui alle lettere b), c) e g) , le pene sono raddoppiate. 2. Per la violazione delle disposizioni della presente legge in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano le medesime sanzioni che sono comminate per l’abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento descritto. Le regioni possono prevedere i casi e le modalità di sospensione e revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di tassidermia e imbalsamazione.
3. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale. Salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi. 4. Ai sensi dell’articolo 23 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, le sanzioni penali stabilite dal presente articolo si applicano alle corrispondenti fattispecie come disciplinate dalle leggi provinciali”.
Come appena visto, difatti, nella pronuncia qui in commento, sono state chiarite, in relazione alle fattispecie contravvenzionali ivi contemplate da codesto precetto normativo, le condizioni sulla base delle quali sono configurabili siffatti illeciti penali.
Nel dettaglio, si afferma che, se per integrare il reato di uccellagione, previsto dall’art. 30, comma 1, lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, considerato un reato di pericolo a consumazione anticipata, è sufficiente compiere qualsiasi atto finalizzato alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenziale offensivo indeterminato non essendo necessario che i volatili vengano effettivamente catturati, per quanto invece riguarda il reato previsto dall’art. 30, comma 1, lett. h), in relazione all’art. 21, comma 1, lett. r), della legge 157 del 1992[1], è sufficiente che venga utilizzato un richiamo acustico in grado di funzionare per integrare il reato, senza che sia necessaria l’effettiva cattura degli uccelli mentre, per il reato previsto dall’art. 30, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 2, comma 1, lett. c), della legge 157 del 1992[2], è sufficiente la detenzione di mammiferi o uccelli inclusi nell’elenco dell’art. 2 della stessa legge.
Dunque, oltre al fatto che, sempre in tale pronuncia, è altresì rilevato che il detentore di un esemplare di fauna selvatica può escludere la propria responsabilità penale dimostrando che la provenienza dell’animale non è illegittima, fermo restando però che l’onere della prova spetta al detentore e non all’accusa, codesto provvedimento può essere preso nella dovuta considerazione al fine di comprendere quando ricorrono queste ipotesi di reato.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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Note


[1] Ai sensi del quale: “È vietato a chiunque: (…) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono”.
 
[2] Secondo cui: “Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le seguenti specie: (…) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione”.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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