Revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale

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In tema di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, cosa il giudice è tenuto a motivare ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare.

Indice:

Il fatto

Il Tribunale di Sorveglianza di Genova revocava una misura dell’affidamento in prova al servizio sociale a seguito di arresto in flagranza per il reato di cessione di cocaina e di conseguente applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla p.g..

In particolare, la revoca in questione era stata disposta sul presupposto che il comportamento del soggetto, già diffidato, non aveva corrisposto alle aspettative e non consentiva una positiva valutazione del periodo di affidamento già trascorso.

Sull’argomento, vedasi: “Affidamento in prova al servizio sociale e revoca da parte del Tribunale di Sorveglianza

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato era proposto ricorso per Cassazione con il quale erano dedotti, quali doglianze, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 133 cod. pen. con riguardo alla decorrenza ex tunc del provvedimento di revoca e all’omessa motivazione delle ragioni per cui l’arresto dovesse ritenersi di per sé idoneo ad inficiare un periodo di oltre un anno e mezzo di sottoposizione alla misura alternativa pur avendo il magistrato di sorveglianza dichiarato cessata la pericolosità sociale del ricorrente sulla scorta del comportamento tenuto in regime di affidamento.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto fondato per le seguenti ragioni.

Si osservava innanzitutto a tal proposito come la Corte di Cassazione abbia affermato, con orientamento costante, il principio per cui, in tema di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve motivare in ordine alla decorrenza della revoca prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla stessa, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso, in particolare considerando la durata del periodo trascorso nell’osservanza delle prescrizioni imposte e la concreta incidenza di queste (Sez. 1 n. 490 del 3/11/2015; Sez. 1 n. 9314 del 19/02/2014).

Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini facevano presente come il il Tribunale di sorveglianza si fosse limitato a dare atto che la revoca era stata determinata dall’arresto in flagranza del ricorrente per il reato di cessione di cocaina in data 10.03.2021, e dalle relative conseguenze immediate rappresentate dall’esito positivo della perquisizione domiciliare, dalla convalida dell’arresto e dall’applicazione di una misura coercitiva, nonché dell’esistenza di una diffida in precedenza rivolta al condannato, traendo da ciò la conclusione che la condotta del soggetto non aveva corrisposto alle aspettative sottese alla concessione della misura alternativa ma non aveva dato conto delle ragioni di tale diffida, comunque intervenuta a distanza di oltre un anno dall’ammissione alla fruizione del beneficio, né, ad avviso del Supremo Consesso, erano state spiegate le ragioni della ritenuta inaffidabilità ab origine del comportamento tenuto in costanza della misura alternativa, così che la retroazione della revoca alla suddetta data risulta sostanzialmente immotivata e formulata in termini essenzialmente assertivi.

L’ordinanza gravata era pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Genova per un nuovo giudizio sulla decorrenza della revoca, libero negli esiti, ma da compiersi nella puntuale osservanza dei principi di diritto e degli oneri motivazionali sopra indicati.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito cosa il giudice è tenuto a motivare ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, quando deve revocare l’affidamento in prova al servizio sociale.

Difatti, in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, è postulato che, in tema di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve motivare in ordine alla decorrenza della revoca prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla stessa, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso, in particolare considerando la durata del periodo trascorso nell’osservanza delle prescrizioni imposte e la concreta incidenza di queste.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione qualora si debba appurare se tale revoca sia stata legittimamente disposta.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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