Responsabilità civile della P.A. e rilevanza della condotta del danneggiato

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Il Tar Firenze è adito per l’annullamento dell’ordinanza sindacale che intimava ad una società di sgomberare l’area ove era situato il proprio impianto di distribuzione di carburanti, consentendo così l’immissione in possesso della medesima area da parte del Comune sotto comminatoria, in caso di opposizione, di effettuare l’immissione in possesso con l’utilizzo della forza pubblica.

La società ricorrente ha chiesto anche il risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione dell’ordinanza sindacale impugnata.

Il Comune, da parte sua, ha osservato che la concessione di cui era titolare la società ricorrente, ritenuta responsabile dello stato di degrado dell’area, non era stata formalmente rilasciata per cui l’eventuale annullamento dell’ordinanza impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio non gioverebbe alla ricorrente in presenza di atti lesivi consolidatisi per mancata omessa impugnativa nei termini.

Sul punto, il Collegio giudicante (con Sentenza n. 1238/2015)  ha affermato come non sia stata dimostrata in alcun modo dall’amministrazione resistente la conoscenza pregressa degli atti che sono stati poi impugnati (con i motivi aggiunti), di tal che l’inammissibilità del ricorso introduttivo, nei termini su illustrati, è ritenuta fuori questione.

Il Tribunale Amministrativo di Firenze ha poi passato al vaglio altre eccezioni, respingendole, ed affermando – quanto all’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione passiva in capo al Comune  – che anche nelle ipotesi di atti adottati dal Sindaco quale Ufficiale di Governo detta carica rimane espressione dell’amministrazione locale alla quale pertanto vanno riferiti gli atti emanati.

Al tempo stesso il G.A. adito ha accolto il primo dei motivi aggiunti, volto a censurare la deliberazione impugnata per omissione delle garanzie partecipative.

La comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 Legge n. 241 del 1990, era necessaria trattandosi dell’adozione di un provvedimento destinato a incidere negativamente nella sfera giuridica del destinatario, senza che ricorressero effettive ragioni di urgenza, stante la protrazione pluriennale della situazione dell’area in questione.

Il Collegio giudicante non ha ritenuto di addentrarsi nella disamina della problematica della responsabilità della P.A. per danni da atto favorevole illegittimo e quindi annullato in via amministrativa o, come nel caso in esame, giurisdizionale, atteso che i danni di cui la società ricorrente ha chiesto il risarcimento sono collegati ai provvedimenti oggetto del giudizio i cui presupposti immediati (ed errati) sono riconducibili alla presunta situazione di pericolo determinata da un cantiere aperto (e non alla rimozione giurisdizionale del Piano particolareggiato, che costituisce soltanto una delle tappe dell’annosa vicenda oggetto del giudizio).

La società ricorrente ha chiesto il risarcimento per equivalente, affermando la sussistenza di tutti i presupposti di cui all’art. 2043 c.c.: esistenza del danno, ingiustizia del medesimo, elemento soggettivo, nesso di causalità.

Inoltre, parte ricorrente ha richiesto cinque voci di danno, ovvero:

A) canoni annuali versati per la concessione di suolo pubblico per gli anni dal 2002 al 2009 senza che l’attività di distribuzione del carburante potesse essere utilizzata;

B) costi sostenuti per cantierizzazione e ristrutturazione dell’impianto;

C) somma per la perdita dell’azienda, da determinare in via equitativa;

D) somma per lucro cessante (mancata vendita di carburante dal giugno 2002, data di chiusura dell’esercizio), al giugno 2017 (scadenza della concessione), con maggiorazione in via equitativa in ragione del probabile rinnovo del titolo;

E) somma per danno all’immagine e alla reputazione commerciale per fermo cantiere e inattività dell’impianto, con discredito commerciale.

Sulle somme così quantificate parte ricorrente chiede interessi e rivalutazione.

Orbene, il Collegio fiorentino ha ritenuto sussistenti i presupposti per la risarcibilità del danno subìto dalla società ricorrente.

Quanto alla sussistenza del pregiudizio economico, è evidente che la società ha subìto un depauperamento in relazione alla vicenda oggetto della controversia, costituito dalla perdita dell’impianto di distribuzione carburante e quindi dei ricavi derivanti dall’esercizio di esso.

Il danno che la società ha subìto è caratterizzato dall’ingiustizia, stante l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione.

L’operato del Comune è altresì caratterizzato dalla sussistenza dell’elemento soggettivo, dovendosi ascrivere a un atteggiamento di imprudenza e di disinvolta utilizzazione degli strumenti giuridici l’adozione dell’ordinanza contingibile e urgente (e degli altri provvedimenti oggetto del presente giudizio) in assenza dei presupposti.

È evidente il nesso di causalità fra l’operato del Comune complessivamente considerato e il danno arrecato alla società ricorrente; tuttavia, non tutti i danni di cui parte ricorrente pretende il ristoro sono stati ritenuti risarcibili alla luce della condotta del danneggiato e dell’evitabilità di una parte dei danni verificatisi (art. 1227 c.c.; art. 30, III, c.p.a.).

Quanto ai profili processuali e probatori che connotano l’applicazione al processo amministrativo della regula iuris sottesa all’art. 1227, capoverso, c.c. si registra l’intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria, n. 3 del 2011 secondo cui: <<Questa Adunanza reputa di non diversi discostare e dall’orientamento già espresso dal Consiglio (sez. VI, 22 ottobre 2008, n. 5183) in merito alla necessità di adattare l’applicazione della regola civilistica alle peculiarità del processo amministrativo imperniato sul metodo acquisitivo che permea l’operatività del principio dispositivo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 924; vedi oggi l’art. 63, comma 2, del codice del processo amministrativo). Si deve poi tenere conto della specificità del tema probatorio in esame, il quale impinge in buona misura su quaestiones iuris – quelle relative all’individuazione degli strumenti giuridici di tutela praticabili, al plausibile esito del ricorso per annullamento ed agli sbocchi degli ulteriori mezzi di tutela anche stragiudiziali- che soggiacciono al principio iura novit curia.

Si deve allora ritenere che, sulla base di principi già desumibili dal quadro normativo precedente ed oggi recepiti dall’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, il Giudice amministrativo sia chiamato a valutare, senza necessità di eccezione di parte ed acquisendo anche d’ufficio gli elementi di prova all’uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento e dell’utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente, evitando in tutto o in parte il danno.

Un rilievo significativo è destinato ad assumere l’utilizzo del mezzo di prova delle presunzioni ex artt. 2727 e seguenti del codice civile, che consente di valutare se l’apprezzamento dell’illegittimità dell’atto operato in sede risarcitoria avrebbe portato anche all’annullamento dello stesso – dato, questo, in linea generale presumibile, vista l’identità dell’oggetto delle valutazioni – in modo da impedire, alla luce anche delle misure provvisorie adottabili in corso di giudizio o ante causam, di mitigare o ridurre il danno>>.

Tornando alla sentenza in esame, la società ricorrente – a dire del Tar adito –  avrebbe potuto chiedere, tra l’altro, la tutela cautelare e così ottenere la sospensione dell’efficacia dei provvedimenti lesivi, il che le avrebbe consentito di evitare il fermo cantiere.

Pertanto, il Collegio giudicante ha ritenuto che spettava alla società soltanto l’intera restituzione delle somme versate al Comune a titolo di canone concessorio, come determinato nei relativi atti di concessione, per tutto il periodo di inattività dell’impianto, mentre per quanto riguarda le altre voci di danno, esse non sono risarcibili tenuto conto dell’evitabilità di essi, come sopra illustrata.

L’evitabilità della maggior parte dei danni strettamente economici ha implicato l’irrisarcibilità del danno all’immagine, avendo la stessa società trascurato di tutelare con ogni mezzo il proprio patrimonio e, di riflesso, la propria immagine imprenditoriale.

Cassano Giuseppe

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