Quando la leadership è speculare della “collaborazione nell’impresa” enunciata dal legislatore del 1942

Lodi Luca 05/10/06
L’articolo 2094 del codice civile pone come caratteristica della subordinazione la “collaborazione nell’impresa”. Inoltre, la norma specifica che l’elemento qualificante di tale subordinazione è la soggezione alle direttive del datore circa lo svolgimento e coordinamento della prestazione. Beninteso che tale soggezione viene espressa anche per le direttive impartite dai collaboratori del datore, quali superiori del lavoratore nella struttura gerarchica dell’azienda privata.

Nello sviluppo imprenditoriale di oggigiorno sempre più strada sta percorrendo la leadership all’interno dell’organizzazione aziendale.

Volendola descrivere, per semplificare, come un effettivo affiatamento cooperativo tra i componenti di un’impresa posti ad ogni livello gerarchico di essa, la leadership può risultare quale specificazione speculare della “collaborazione nell’impresa” ex art. 2094 c.c. Quando questa leadership è debole viene ad instaurarsi un rapporto lavorativo subordinato strictu sensu, non già allo scopo dello sviluppo aziendale e di quello "materiale o spirituale" del paese (art. 4, comma 2, Cost.), ma rivolto al mero guadagno economico del singolo a fianco del profitto dell’imprenditore.

Il lavoro, oltre a “nobilitare l’uomo” come recita un proverbio che tutti conosciamo, dovrebbe portare ad un progresso sociale ed economico della nazione, perseguendo gli obiettivi principali dell’azienda: il raggiungimento del risultato prefissato, il profitto economico. La collaborazione nell’impresa è un punto di forza per ottenere tutto ciò, entrando in gioco l’importanza della partecipazione attiva del lavoratore in buone relazioni con i colleghi ed, eventualmente, nelle scelte aziendali: la leadership. Le aziende si stanno sempre più accorgendo, come dicevo all’inizio, degli ottimi risultati cui essa porta, mentre possiamo denominare “aziende perdenti” quelle che continuano ad essere improntate su un forte sistema gerarchico dove “comanda” il gradino più alto della scala nella quale si intersecano simpatia, antipatia, empatia (c.d. aspetti informali dell’azienda).

In questo (vecchio) schema potrebbero dunque sembrare nettamente in vantaggio le numerose norme poste in tutela dei lavoratori. Ma viene anche facile comprendere come esse siano applicabili solo nei loro limiti massimi quando via sia una buona leadership, un’interessante fidelizzazione del lavoratore all’impresa. Ad esempio, la contrattazione collettiva (per lo più nazionale) e l’innovativo decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, pongono i giusti limiti al monteore lavorabile e all’uso moderato degli straordinari. Il tutto prevedendo clausole elastiche e flessibili.
Nell’azienda gerarchica (vecchio stile), se così possiamo chiamarla, il lavoratore a cui verrà richiesto lo straordinario per esigenze di produzione probabilmente deciderà, ove possibile, sulla base delle proprie simpatie verso il richiedente, ovvero per motivi economici (considerate le maggiorazioni retributive dello straordinario). Per contro, nella azienda sorretta da una buona leadership, la richiesta di svolgimento dello straordinario potrà trovare facile accoglimento in virtù della sentita partecipazione del lavoratore nell’azienda e dunque per il sereno stato d’animo del lavoratore.

 
La leadership rende, infatti, contento e partecipe il lavoratore, maggiormente soddisfatto. In questa ottica la richiesta che potrebbe venire rifiutata in forza di legge (es. straordinari non obbligatori per lavoratori part-time ai sensi del D.Lgs. 276/2003; utilizzo “contenuto” dello straordinario ai sensi del D.Lgs. 66/2003) verrebbe invece consensualmente accettata considerando che, potenzialmente, le norme in favore del lavoratore potrebbero non essere invocate (o addirittura derogate) allorquando esigenze tecnico-produttive lo richiedano. Ne consegue il carattere vincente della leadership, della completa “collaborazione nell’impresa” (art. 2094 c.c.), della naturale fidelizzazione.

Molte aziende dimenticano questi aspetti, trascinate troppo dalla forte impronta “di gerarchia” oltrepassata con la storia, dalla paura di “rischiare” in un momento di crisi economica e di un ampio legame – in taluni casi – delle scelte aziendali a quelle politiche del paese con troppa dipendenza da esse (vero è che l’economia viene influenzata dalla politica, ma l’imprenditore deve realizzare strategie che puntino allo sviluppo dell’azienda “tenuto conto della politica” e non dipendendo da essa). Si rivela dunque fondamentale il sapersi appoggiare alla leadership con il benessere aggiunto dei “collaboratori”, piuttosto che ragionare l’organizzazione aziendale illuminandone esclusivamente la subordinazione.

 
 
 
Pubblicato da Luca Lodi   |   22 aprile 2006
 
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