Provvedimenti cautelari reali e mancanza dell’elemento soggettivo proprio del reato in provvisoria contestazione

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(Ricorso rigettato)

In materia di provvedimenti cautelari reali, quando la violazione di legge, consistente nella ritenuta mancanza dell’elemento soggettivo proprio del reato in provvisoria contestazione, può portare ad escludere la sussistenza del fumus delicti?

Il fatto

Il Tribunale di Pescara rigettava, quale giudice del riesame cautelare reale, il ricorso con il quale talune persone, indagate per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, avevano impugnato il provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal Gip del Tribunale di Pescara a loro carico sino alla concorrenza della somma, ritenuta essere rappresentativa del profitto conseguito con la frode in tal modo posta in essere, di euro 212.000,00 circa.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la predetta ordinanza proponeva ricorso per Cassazione la difesa dei due indagati, affidando le proprie lagnanze a tre motivi di impugnazione così formulati:

  1. violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto sussistere gli elementi per la conferma della misura, sebbene a carico degli indagati non risultassero sufficienti fattori per la integrazione, quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo, del fumus del reato loro contestato;
  2. inutilizzabilità o, comunque, alla non esaustività degli elementi indiziari rivenienti dalla memoria scritta redatta a firma del coindagato;
  3. violazione di legge in riferimento al disposto della ordinanza impugnata nella parte in cui sarebbero state utilizzate a loro carico delle presunzioni proprie del diritto tributario, anche ai fini della individuazione del fumus delicti nella presente fattispecie, peraltro in un situazione processuale caratterizzata dal fatto che, essendo state già concluse le indagini a quelli riferite, vi erano fondati elementi per ritenere che il giudizio di merito in danno dei ricorrenti, in assenza di ulteriori elementi a carico dei medesimi, si sarebbe concluso in senso a loro favorevole.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso proposto veniva ritenuto infondato e, quindi, respinto per le seguenti ragioni.

Osservava il Collegio, quanto al primo motivo di impugnazione, come lo stesso fosse stato sviluppato dai ricorrenti sotto il versante della violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto – sebbene fosse stato dimostrato che la condotta dei ricorrenti non fosse stata improntata alla massima diligenza e che la stessa, pertanto, fosse al massimo solo segnata dalla colpa – integrato il fumus del reato a quelli contestato, pur essendo questo, invece caratterizzato dal dolo specifico (…chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto…).

Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, per come era stato svolto il motivo, questo era inammissibile in quanto, anche a voler prescindere dalla circostanza che l’atteggiamento della volontà che il Tribunale del riesame di Pescara aveva ritenuto ravvisabile nei due ricorrenti non è semplicemente quello della colpa ma, semmai, quello del dolo eventuale, avendo i due indagati provveduto ad acquistare, ad un prezzo estremamente vantaggioso, tanto da apparire a chiunque sospetto, i prodotti petroliferi da taluni soggetti che si erano semplicemente interposti fra i reali fornitori e la società da quelli rappresentata, accollandosi il rischio che la interposizione di tali soggetti fosse, appunto, solamente fittizia (ricordando a tal riguardo che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, non vi è, in materia di reati tributari, antinomia fra dolo eventuale e dolo specifico: Corte di Cassazione, Sezione III penale, 21 novembre 2018, n. 51411), veniva rammentato il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in materia di provvedimenti cautelari reali, la violazione di legge consistente nella ritenuta mancanza dell’elemento soggettivo proprio del reato in provvisoria contestazione, tale da portare ad escludere la sussistenza del fumus delicti, per essere rilevante deve essere macroscopica e tale da risultare, come suol dirsi, ictu oculi (Corte di Cassazione, Sezione III penale, 12 giugno 2019, n. 26007; idem Sezione II penale, 3 maggio 2016, n. 18331) rilevandosi al contempo come questa condizione non fosse riscontrabile nel caso di specie in cui non vi era dubbio che la condotta dei ricorrenti – i quali avevano tenuto rapporti commerciali, sicuramente non occasionali dato l’ammontare del loro valore, con soggetti privi di qualsiasi affidabilità economica ed imprenditoriale – non appariva, per la Corte di legittimità, certamente primo visu esente da censure sotto il profilo soggettivo.

Con riferimento al secondo motivo di ricorso, rilevava il Collegio che lo stesso, avente ad oggetto la inutilizzabilità a fini di indagine della memoria, redatta ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen., dalla difesa di un coindagato in occasione della notificazione al medesimo dell’avviso di chiusura delle indagini ex art. 415-bis cod. proc. pen., era infondato posto che, sebbene corrispondesse al vero quanto riportato nel ricorso introduttivo del giudizio in ordine alla inutilizzabilità contra alios a fini probatori delle dichiarazioni eteroaccusatorie contenute in un memoriale proveniente da un coimputato (in tal senso, fra le altre: Corte di Cassazione, Sezione I penale, 16 aprile 2020, n. 12305), si rilevava come tale principio abbia quale suo ambito applicativo esclusivamente la fase del giudizio a cognizione piena, e non possa, invece, ritenersi esteso anche alla fase del giudizio avente carattere cautelare nella quale – data la struttura meramente incidentale di essa e la assenza di destinazione alla definitività delle eventuali decisioni assunte nel corso di essa – sono indubbiamente affievoliti i criteri di valutazione della utilizzabilità delle risultanze istruttorie acquisite in sede di indagini preliminari.

Parimenti prive di pregio venivano stimate le doglianze contenute nel ricorso in relazione al fatto che uno degli indagati., non svolgendo compiti di amministrazione in seno alla P. V. Srl, non potesse essere il responsabile dell’illecito attribuitogli essendo sufficiente, per gli Ermellini, osservare che la censura consisteva, in sostanza, nella contestazione della motivazione sulla base della quale il Tribunale aveva ritenuto estensibile anche al predetto indagato, in quanto amministratore di fatto della P. V., la misura cautelare in questione.

Orbene, per il Supremo Consesso, la impossibilità normativa di dedurre, in sede di impugnazione dei provvedimenti cautelari reali di fronte alla Corte di legittimità, doglianze aventi oggetti diversi rispetto alla violazione di legge (cfr. art. 325, comma 1, cod. proc. pen.), rendeva chiaramente inammissibile la censura ora illustrata.

Passando al terzo motivo di ricorso, con il quale era stato contestato il fatto che, ai fini della sussistenza del fumus delicti, il Tribunale aveva tenuto in considerazione anche delle presunzioni proprie del diritto tributario, rilevava il Collegio che, diversamente da quanto parrebbe ritenere la difesa dei ricorrenti, le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur non potendo costituire autonomamente fonte di prova in sede di merito, hanno, con riguardo ai reati di cui al dlgs n. 74 del 2000, un valore indiziario sufficiente ad integrare il fumus delictí idoneo, in assenza di elementi di segno contrario, a giustificare l’applicazione di una misura cautelare reale (Corte di Cassazione, Sezione III penale, 8 giugno 2018, n. 26274 ed anche Corte di Cassazione, Sezione III penale, 21 agosto 2919, n. 36302).

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante specialmente nella parte in cui è ivi chiarito quando, in materia di provvedimenti cautelari reali, la violazione di legge, consistente nella ritenuta mancanza dell’elemento soggettivo proprio del reato in provvisoria contestazione, può portare ad escludere la sussistenza del fumus delicti.

Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, si afferma per l’appunto che, in materia di provvedimenti cautelari reali, la violazione di legge consistente nella ritenuta mancanza dell’elemento soggettivo proprio del reato in provvisoria contestazione, tale da portare ad escludere la sussistenza del fumus delicti, per essere rilevante deve essere macroscopica e tale da risultare, come suol dirsi, ictu oculi.

Tal che discende che, in subiecta materia, la mancanza dell’elemento soggettivo proprio del reato può comportare l’insussistenza del fumus delicti solo ove essa sia macroscopica, ossia emerga ictu oculi.

Pertanto, un provvedimento cautelare reale potrà ritenersi emesso in violazione di legge per carenza di elemento soggettivo solo ove si verifichi una situazione di questo genere.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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