Protesta contro l’ammanettamento di una giovane donna: non è reato

Redazione 07/02/12
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Lucia Nacciarone

A questa conclusione sono giunti i giudici di Cassazione (sent. n. 4691 del 3 febbraio 2012), accogliendo il ricorso di un uomo che era intervenuto a difendere una giovane, arrestata, che era stata ammanettata da un pubblico ufficiale.

L’uomo era stato condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ma il verdetto è stato ribaltato con l’annullamento senza rinvio del giudizio da parte della Corte suprema di legittimità perché il fatto non sussiste.

La difesa infatti obiettava che l’intervento dell’uomo era stato successivo all’ammanettamento, e che pertanto non era volto ad impedire od ostacolare un atto d’ufficio; era consistito, infatti, solo in una protesta contro un atto già compiuto più che altro considerando lo status della donna, di soggetto debole, e, dunque, le modalità del comportamento del pubblico ufficiale.

La condotta dell’imputato si era limitata a contestare l’opportunità di una simile misura del tutto sproporzionata con riferimento alla situazione della giovane donna, e tale sproporzione era stata riconosciuta in un certo senso anche in primo grado, attraverso la concessione dell’attenuante di aver agito per particolari valori morali e sociali.

La Cassazione ha quindi precisato che «in ragione delle attenuanti già riconosciute in primo grado, l’intervento fosse stato determinato da quella che, a un soggetto all’oscuro della situazione anteatta, doveva apparire una sopraffazione gratuitamente violenta in danno di una persona debole», e non certo da una volontà diretta ad ostacolare un atto di ufficio, tipica del reato di resistenza a pubblico ufficiale.  

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