Professioni non protette: compenso ridotto a chi offre consulenza professionale senza essere iscritto all’albo

Redazione 24/04/13
Scarica PDF Stampa

Biancamaria Consales

Questa è la conclusione cui è giunta la terza sezione civile della Corte di cassazione, la quale, con sentenza n. 9741 del 22 aprile 2013, ha rigettato il ricorso proposto da una consulente, che si era rivolta alla Suprema Corte, ritenendo inadeguato il compenso offertole da alcuni clienti per l’attività svolta relativa all’amministrazione di un consistente numero di beni. Nella fattispecie, la ricorrente, che aveva agito dietro mandato con rappresentanza, sottolineava l’esiguità dell’importo corrispostole in relazione anche alla qualità ed alla quantità della prestazione eseguita, cui erano conseguiti, tra l’altro, risultati positivi.

In particolare, la consulente deduceva la violazione dell’art. 1709 del codice civile, secondo cui la misura del compenso si determina in base alle tariffe professionali, nonché delle disposizioni relative all’ordinamento delle professioni di dottore commercialista: lamentava, dunque, che la Corte di merito, per il computo del compenso dovutole quale mandataria, non aveva affatto applicato le relative tariffe professionali.

Con la sentenza in oggetto la Corte di cassazione ha confermato, in ordine alla determinazione del compenso del mandatario ex art. 1709 c.c., quanto deciso nei precedenti gradi di giudizio, ribadendo che la prestazione professionale non protetta resa dal non professionista è caratterizzata da un minor valore poiché carente della spendita, a beneficio del committente, della competenza ed esperienza del professionista.

“Va, dunque, enunciato – si legge testualmente nella sentenza – il seguente principio di diritto: per le attività professionali non protette svolte dal mandatario non professionista, l’art. 1709 c.c. non impone che il compenso sia determinato nella stessa misura prevista, per il professionista, dalle tariffe professionali. Inoltre, ai fini della determinazione del compenso del mandatario, il ricorso all’equità postula e soddisfa proprio l’esigenza di correlazione tra la prestazione ed il compenso, mentre è escluso che la disciplina del mandato sia riconducibile a quella del contratto d’opera, per il quale, invece, l’art. 2225 c.c. espressamente prevede che il corrispettivo sia determinato anche in considerazione del risultato ottenuto”.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento