Procedure di evidenza pubblica e giudizio di verifica della congruità di un’offerta anomala (tar puglia, sent. n. 3334/2015)

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Il Tar Puglia, Lecce, è adito per l’annullamento del provvedimento con cui un Comune, all’esito della verifica facoltativa di congruità dell’offerta presentata una società ai sensi dell’art. 86, comma 3 del D.Lgs. 163/2006, ha ritenuto di escludere l’offerta presentata “perché (…) anomala ed ingiustificatamente bassa e, quindi, non affidabile e congrua” disponendo l’aggiudicazione provvisoria della gara in favore della società seconda classificata.

Tema di indagine è quindi quello dell’offerta anomala ragion per cui il Tar adito, preliminarmente, sottolinea come, nelle gare pubbliche, il giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell’Amministrazione, di per sé insindacabile, salva l’ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non siano abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto.

La motivazione espressa dall’amministrazione nel giudizio di non congruità risulta, sempre secondo il Collegio giudicante, sufficiente al fine di consentire la ricostruzione dell’iter logico giuridico, atteso che la negativa valutazione di congruità dell’offerta è sufficientemente espressa anche con motivazione per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa offerente, mediante un analitico raffronto degli indici di non congruità o contraddittorietà dell’offerta.

Secondo la sentenza resa da Consiglio di Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963, invero: “il giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale, costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell’amministrazione, di per sé insindacabile, salva l’ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non siano abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto; il giudizio conclusivo ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme; conseguentemente la relativa motivazione deve essere rigorosa in caso di esito negativo; invece la positiva valutazione di congruità della presunta offerta anomala è sufficientemente espressa anche con motivazione per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa offerente”.

Ed ancora, si veda Consiglio di Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 246, secondo cui, espressamente: “il giudizio di anomalia o di incongruità dell’offerta espresso dalla stazione appaltante costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2014, n. 4516), potendo quindi il giudice amministrativo sindacare tali valutazioni sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma senza procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, posto che ciò costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione”.

Risulta, inoltre per tabulas la completezza dell’istruttoria compiuta dalla Commissione invitando più volte in contraddittorio la ditta a presentare giustificazioni, chiarimenti e precisazioni.

Dal che ne è derivata l’infondatezza delle censure espresse sotto i profili motivazionale e istruttorio.

Non solo. Il Collegio giudicante, riportandosi alla consolidata giurisprudenza, ha altresì ritenuto che il processo di verifica condotto dalla Commissione sia stato esente dai vizi censurati, atteso che il giudizio probabilistico previsionale che la Commissione, nel suo operato tecnico discrezionale, ha formulato sull’offerta della ricorrente risulta coerente con le dichiarazioni fornite da quest’ultima e con la documentazione probatoria esibita a supporto delle stesse.

Peraltro, nelle procedure di evidenza pubblica, il giudizio di verifica della congruità di un’offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta stessa nel suo insieme, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento. Il sindacato del giudice quindi non può avere ad oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, essendo invero finalizzato ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile.

In particolare, in aggiunta al richiamo giurisprudenziale circa la globalità e sinteticità del giudizio di verifica della congruità delle offerte, si osserva che l’anomalia è frutto di un giudizio sull’attendibilità dell’offerta nel suo complesso, in relazione all’incidenza di tutte le singole voci eventualmente giudicate inattendibili, al fine di valutare se la singola inesattezza di una voce del prezzo offerto incida in modo significativo sulla serietà e attendibilità dell’offerta complessiva, tenuto anche conto dell’entità della voce stessa nell’economia dell’offerta, e se trovi rispondenza nella realtà di mercato e aziendale.

E così è da considerare come sintomo di anomalia la carente evidenziazione di spese generali, che vanno opportunamente quantificate in misura congrua rispetto alla tipologia della prestazione, come descritto nel capitolato speciale di appalto.

In particolare, quanto alla compressione dell’utile, la società ricorrente non ha offerto giustificativi che possano evidenziare un eventuale errore in cui sarebbe incorsa la stazione appaltante, limitandosi a rilevare la rimuneratività dell’utile d’impresa quantificato nella misura del 3%.

Tuttavia, pur potendosi ammettere l’impossibilità di fissare una quota rigida di utile al di sotto della quale la proposta dell’appaltatore debba considerarsi incongrua, l’estrema esiguità dell’utile preventivato, unitamente alla mancata previsione di una parte dei costi della manodopera, conferma il giudizio di inaffidabilità formulato dalla stazione appaltante.

Del resto, il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.

La razionalità del giudizio suindicato risulta supportata dall’analisi della giurisprudenza espressasi in argomento, la quale ha sottolineato come nelle gare pubbliche l’appalto debba essere aggiudicato ad imprese che abbiano presentato offerte che, considerate le caratteristiche della prestazione richiesta, risultino complessivamente proporzionate sotto il profilo economico all’insieme dei costi, rischi ed oneri che l’esecuzione della prestazione dedotta in contratto comporta a carico dell’appaltatore, con l’aggiunta del normale utile d’impresa affinché quest’ultima possa restare sul mercato.

Si è, altresì, affermato che, in presenza di un’offerta caratterizzata da un elevato ribasso e dall’esigua incidenza delle spese generali e dell’utile di impresa, l’esclusione dalla gara disposta dalla stazione appaltante appare legittima.

In sede di valutazione dell’anomalia di un’offerta, l’utile di impresa, pur esiguo, non può ridursi ad una cifra meramente simbolica, pena l’inaffidabilità dell’offerta economica e questo, ancorché non sussista una quota di utile rigida, al di sotto della quale l’offerta debba considerarsi per definizione incongrua.

In conclusione, facendo applicazione di tali principi di diritto, il Tar Lecce ha ritenuto che l’impugnato giudizio di non congruità dell’offerta risulti, nel complesso, esente dalle censure espresse nel ricorso tanto più che la valutazione complessiva dell’offerta risulta fondata su una serie di elementi (costo del personale, spese generali e utile d’impresa) che complessivamente intesi e valutati hanno evidenziato una reale sottostima dei relativi costi, delle spese generali e dell’utile d’impresa, sicchè giustificatamente l’offerta è stata ritenuta inattendibile.

Cassano Giuseppe

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