Predeterminazione dei criteri valutativi nel concorso pubblico e motivazione del giudizio numerico

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Costituisce acquisito in giurisprudenza il principio secondo cui la commissione di valutazione degli elaborati di un concorso ovvero delle qualità di un candidato debba predeterminare nella prima riunione i criteri di valutazione ai quali si atterà nello scrutinio delle prove e che ciò debba avvenire prima che siano conosciute le generalità di concorrenti, onde scongiurare il rischio che la confezione dei criteri predetti avvenga su misura in modo da poter favorire taluno dei medesimi. Statuisce invero l’art 12 del D.P.: b. 487/1994 che «Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove».

I dicta giurisprudenziali

La giurisprudenza ha offerto sinora un’interpretazione conservativa della norma, precisando che l’attività di predeterminazione può avvenire anche dopo lo svolgimento delle prove scritte, purché prima che si proceda alla loro correzione. Si è in tal senso puntualizzato che «La fissazione di sub-criteri per la valutazione delle prove concorsuali, ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. n. 487 del 1994, non è soggetta a una pubblicazione antecedente allo svolgimento delle prove, avendo una simile operazione il solo scopo di scongiurare il sospetto di favoritismi verso singoli candidati, con la conseguenza che si dovrà ritenere legittima la determinazione dei predetti criteri dopo l’effettuazione delle prove concorsuali, purché prima della loro concreta valutazione, cioè antecedentemente all’effettiva correzione delle prove scritte» (T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 19 giugno 2015 n. 597; si è espresso in tal senso anche T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I, 10 gennaio 2017 n. 368, nonché T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III 07 maggio 2014 n. 4733 ). L’assunto è enunciato anche dal Giudice d’appello che ha al riguardo precisato che «Il principio di preventiva fissazione dei criteri e delle modalità di valutazione delle prove concorsuali che, ai sensi dell’art. 12, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, devono essere stabiliti dalla commissione nella sua prima riunione (o tutt’al più prima della correzione delle prove scritte), deve essere inquadrato nell’ottica della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal legislatore, il quale pone l’accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti, con la conseguenza che è legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la loro effettuazione, purché prima della loro concreta valutazione». (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 marzo 2015 n. 1411).
I «Criteri di valutazione ad avviso della Sezione devono essere formulati non in termini generici, generali o astratti riferibili a determinate qualità e caratteristiche degli elaborati, ma dettagliati e fungere da criteri motivazionali necessari a definire quanto quelle qualità concorrano a determinare il punteggio stabilito nel bando per le singole prove». (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III Bis, 25 luglio 2018 n. 8426).
La giurisprudenza amministrativa, suggellata dalla Corte Costituzionale ha sancito da tempo che nei concorsi pubblici la valutazione dei candidati è sufficientemente espressa con un voto numerico, idoneo a condensare la motivazione, avendo affermato che «il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte o orali di un concorso pubblico (o di un esame di abilitazione) esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti» (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. IV,19 luglio 2004, n. 5175 e Sez. VI, 2 aprile 2012, n. 1939, sez. III 28 settembre 2015 n. 4518; Consiglio di Stato, Sez. V, 30 novembre 2015,n. 5407). Tale principio è stato definito “diritto vivente” dalla stessa Corte Costituzionale (cfr. sentenze 30 gennaio 2009, n. 20, e sentenza 15 giugno 2011, n. 175). Ciò posto, deve tuttavia pervenirsi a diversa ed opposta soluzione allorchè disposizioni specifiche e settoriali stabiliscano invece una diversa regula iuris, sancendo, come nella specie, la necessità che venga allestito in aggiunta all’espressione di un voto numerico, anche un giudizio discorsivo, quantunque sintetico.

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Avv. Biamonte Alessandro

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