Piano concordatario – inammissibilita’ ricorso

Redazione 03/09/14
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MASSIMA

Nell’ambito di un piano concordatario, in riferimento ai crediti che, ex art. 2467 c.c., devono essere postergati, la proposta che preveda il pagamento nella stessa percentuale sia dei creditori chirografari che dei creditori postergati non potrebbe che essere ritenuta illegittima per violazione del citato articolo 2467 c.c., non derogato, da alcuna altra disposizione speciale della legge fallimentare – che non permette di prevedere alcun pagamento dei creditori postergati se non dopo avere integralmente soddisfatto tutti gli altri creditori (privilegiati e chirografari).

Né, del resto, potrebbe assumersi che ciò che è vietato per legge potrebbe divenire  possibile per effetto della formazione di una maggioranza in tal senso (siano o meno previste classi di creditori): il principio maggioritario, infatti, lungi dal rendere praticabile qualsivoglia percorso concordatario, può svolgersi ed operare solo all’interno dei limiti posti dalla legge, ed è  lo strumento attraverso il quale divengono realizzabili le finalità tipiche e lecite del concordato.

Per la medesima ragione – il divieto di rimborsare alcunché al creditore postergato se non dopo l’integrale pagamento di tutti gli altri creditori -, anche l’eventuale inserimento del creditore postergato in una apposita classe con previsione di un pagamento differenziato sarebbe, quindi, parimenti illegittima.

Pertanto, una proposta di concordato che destinasse parte delle risorse dell’attivo concordatario al pagamento dei creditori postergati in danno dei creditori chirografari sarebbe irrimediabilmente illegittima, senza che una eventuale approvazione maggioritaria della stessa (con o senza classi) possa valere a sanarne il difetto.

Per quanto appena detto, allora, ed alla luce della normativa richiamata, il trattamento  dei creditori postergati  nel concordato preventivo non può che essere nel senso che  detti creditori, pur  aventi causa e titolo anteriore al deposito del ricorso,   non possono trovare all’interno della procedura  alcun genere di considerazione (nel senso di essere destinatari di alcuna proposta di pagamento) e, conseguentemente,  neppure  esercitare il diritto di voto: dal momento che la procedura di  concordato preventivo rende possibile e lecito  (sino ad esserne il dato caratterizzante) il pagamento in percentuale dei creditori chirografari, non può che derivarne,  come conseguenza giuridica, l’estraneità  al concordato di quei creditori (i postergati) che, per legge, possono essere soddisfatti solo una volta che si sia realizzato l’integrale pagamento dei creditori chirografari (in analogia, quindi, sia sotto il profilo giuridico oltre che economico,  con la posizione del socio, il quale potrà essere il destinatario dell’eventuale esubero di liquidazione senza per questo assurgere alla posizione di creditore concorrente titolare del diritto di voto).

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

Il Tribunale, composto dai seguenti magistrati:

Dott. G. Russo Presidente

Dott. F. de Palo Giudice

Dott. L. Solaini Giudice rel.

riunito in camera di consiglio,

letto il ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva, ex art. 161 6° comma L.F., presentato dalla S.C. 2000 SRL, in data 8.11.2013, giusta verbale di assemblea straordinaria del 6.11.2013, e il successivo decreto di concessione del chiesto termine del 20.11.2013;

vista l’istanza di proroga del suddetto termine, depositata in cancelleria il 20.1.2014 e il decreto di concessione della proroga del 31.1.2014;

letto il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, ex artt. 160 e ss L.F., depositato in data 14.3.2014  dalla medesima S. C. 2000 srl;

considerato come sia stato assegnato alla società proponente un ulteriore termine, ex art. 162, comma 1° L.F. per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti;

che in data 18.6.2014 è stata depositata memoria integrativa, corredata dei documenti che risultano versati in atti.

Esaminata la documentazione e sentito il giudice relatore, si rileva quanto segue.

In riferimento al rilievo contraddistinto al n. 4), contenuto nel decreto di cui all’art. 162 commi 1 e 2 L.F. depositato il 4.6.2014, per il quale erano stati richiesti chiarimenti relativi al credito per finanziamento soci per € 6.623.963,00 che era stato qualificato come credito chirografario e sottoposto allo stesso trattamento degli altri crediti chirografari laddove, in presenza delle condizioni di cui all’art. 2467 secondo comma c.c., avrebbe dovuto essere postergato, la società proponente ha evidenziato, in via preliminare, quale fosse la genesi di tale voce del passivo societario (in effetti, vi sarebbe stato un primo versamento di € 2.000.000,00 fatto dalla C.D.S. H. in forza di un contratto di associazione in partecipazione e convertito in finanziamento soci in data 2.1.2008 e un secondo versamento per € 4.500.000,00 dell’8.1.2008 effettuato dalla C.D.S. H. S.p.A., per come meglio illustrato alla pagina 8 della memoria autorizzata del 18.6.2014).

 Ad avviso della società proponente, per la valutazione di tale finanziamento, avuto riguardo al periodo nel quale fu effettuato, occorrerebbe fare riferimento alla situazione economica risultante dal bilancio chiuso al 31.12.2007. Avuto riguardo ai dati esposti in tale bilancio, secondo la società “appare evidente come vi sia una concreta correlazione tra impegni e cespiti della società C.2000 srl, tali da assicurare o far emergere una situazione di evidente equilibrio finanziario”; tale tesi è supportata da apposita attestazione del dott. S. D. B. il quale alle pagine 5, 6 e 7 del proprio elaborato del 24.6.2014 argomenta diffusamente sulla situazione di sostanziale ed effettivo equilibrio finanziario.

L’assunto non merita adesione.

Infatti, nel suo stesso elaborato l’attestatore dà conto, anche, della valutazione della situazione finanziaria  della S.C.2000 SRL, alla data del 31.12.2007 secondo, invece, l’indice di leverage (cioè, quello maggiormente utilizzato dalla prassi aziendalistica). Tale indice esprime il valore del rapporto tra indebitamento e capitale proprio – cd. rapporto di indebitamento – secondo la seguente formula: Leverage = totale fonti di finanziamento/ammontare dei mezzi propri.

Sulla base di tale rapporto, se il leverage è pari a 1, significa che l’azienda non ha debiti, perché tutti i finanziamenti sono rappresentati dal solo capitale proprio. Tale valore è considerato ottimo, in quanto l’azienda copre le sue esigenze finanziarie, senza chiedere risorse al proprio esterno.

Se l’indice assume un valore tra 1 e 2 , significa che il capitale proprio è maggiore dell’indebitamento. Questa è una situazione abbastanza normale, poiché l’azienda è strutturalmente indebitata.

Quando, invece, l’indice assume un valore maggiore di 2, allora significa che i debiti sono maggiori del capitale proprio e che, quindi, la situazione finanziaria potrebbe essere compromessa, poiché l’azienda risulta sottocapitalizzata.

Nel caso di specie, riferendoci agli stessi numeri riportati dal dott. S. d. B., l’ammontare del debito complessivo (riferito, s’intende al 31.12.2007) è pari a € 61.161.586 e l’ammontare dei mezzi propri è pari a € 11.199.872: pertanto, il valore finale dell’indice, per quanto evidenziato dallo stesso attentatore, è pari a 5,6, quindi, sintomatico di fondati problemi di indebitamento eccessivo.

Va, pertanto, ritenuto che la C. 2000 srl, alla data del 31.12.2007, versava in un evidente situazione di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto.

Per quanto sopra esposto, la voce Finanziamento soci per € 6.623.963,00, che nel piano viene inserito quale credito chirografario, doveva, invece, essere postergato, ex art. 2467 2° comma c.c., al soddisfacimento integrale degli altri creditori chirografari, che sia detto per inciso, nel piano ne è prevista, invece, la soddisfazione, previo falcidia, nella percentuale del 5,34%.

Infatti, nessuna norma della legge fallimentare contempla un regime diverso e speciale, rispetto a quello di diritto comune, dei creditori postergati, e  deve conseguentemente escludersi che, in  sede di concordato preventivo,  questi ultimi possano acquisire una diversa considerazione e divenga, quindi, superabile, in tutto od in parte, il principio della postergazione: il creditore postergato resta tale anche nell’ipotesi di procedura concordataria  e non potrà essere soddisfatto se non una volta integralmente adempiuto il debito esistente verso tutti gli altri creditori. 

Dal momento che in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo (articoli 162 e 163 l.f.) il Tribunale è chiamato a valutare la legittimità della domanda di concordato, una proposta che prevedesse il pagamento nella stessa percentuale sia dei creditori chirografari che dei creditori postergati non potrebbe, quindi, che essere ritenuta illegittima per violazione dell’articolo 2467 c.c., non derogato, vale ribadirlo ancora, da alcuna altra disposizione speciale della legge fallimentare – che non permette di prevedere alcun pagamento dei creditori postergati se non dopo avere integralmente soddisfatto tutti gli altri creditori (privilegiati e chirografari).

Né, del resto, potrebbe assumersi che ciò che è vietato per legge potrebbe divenire  possibile per effetto della formazione di una maggioranza in tal senso (siano o meno previste classi di creditori): il principio maggioritario, lungi dal rendere praticabile qualsivoglia percorso concordatario, può svolgersi ed operare solo all’interno dei limiti posti dalla legge, ed è  lo strumento attraverso il quale divengono realizzabili le finalità tipiche e lecite del concordato; è la ragione, ad esempio, per la quale non potrebbe prevedersi, nella proposta, un pagamento in percentuale dei creditori privilegiati capienti, neppure costituendoli in una classe ed attribuendo loro il diritto di voto, per la semplice – ma determinante – considerazione che l’articolo 160 comma 2 l.f. vincola detta possibilità a ben precise condizioni di fatto (l’incapienza, parziale o totale, della prelazione) e procedurali (la presenza di una perizia di stima).

Per la medesima ragione – il divieto di rimborsare alcunché al creditore postergato se non dopo l’integrale pagamento di tutti gli altri creditori -, anche l’eventuale inserimento del creditore postergato in una apposita classe con previsione di un pagamento differenziato sarebbe, quindi, parimenti illegittima.

Concludendo sul punto:  una proposta di concordato che destinasse parte delle risorse dell’attivo concordatario al pagamento dei creditori postergati in danno dei creditori chirografari sarebbe irrimediabilmente illegittima, senza che una eventuale approvazione maggioritaria della stessa (con o senza classi) possa valere a sanarne il difetto.

Per quanto appena detto, allora, ed alla luce della normativa richiamata, il trattamento  dei creditori postergati  nel concordato preventivo non può che essere nel senso che  detti creditori, pur  aventi causa e titolo anteriore al deposito del ricorso,   non possono trovare all’interno della procedura  alcun genere di considerazione (nel senso di essere destinatari di alcuna proposta di pagamento) e, conseguentemente,  neppure  esercitare il diritto di voto: dal momento che la procedura di  concordato preventivo rende possibile e lecito  (sino ad esserne il dato caratterizzante) il pagamento in percentuale dei creditori chirografari, non può che derivarne,  come conseguenza giuridica, l’estraneità  al concordato di quei creditori (i postergati) che, per legge, possono essere soddisfatti solo una volta che si sia realizzato l’integrale pagamento dei creditori chirografari (in analogia, quindi, sia sotto il profilo giuridico oltre che economico,  con la posizione del socio, il quale potrà essere il destinatario dell’eventuale esubero di liquidazione senza per questo assurgere alla posizione di creditore concorrente titolare del diritto di voto).

 

Pertanto, in riferimento al rilievo di cui al n. 4) del decreto del 4.6.2014, la richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo è inammissibile.

 

In riferimento al rilievo di cui al n. 5) del medesimo decreto del 4.6.2014, si osserva.

La rinuncia all’ipoteca e la degradazione del creditore ipotecario a chirografario non è ammissibile nei termini in cui è proposta.

La stessa risulterebbe essere il frutto di un accordo transattivo che è stato collocato dal proponente al di fuori del piano concordatario.

Tuttavia, il creditore ipotecario (C.), nella propria “dichiarazione d’intenti” del 23.6.2014 (rivolta a I. R. srl – che è il terzo con il quale il creditore ipotecario appare avere in corso un accordo transattivo per la cancellazione dell’ipoteca), subordina l’atto di consenso alla sua cancellazione “… all’esito del pagamento a saldo delle somme dovute … in virtù degli accordi … sottoscritti, nonché della esecuzione di tutti gli altri adempimenti, ivi dettagliatamente previsti … “.

Tali condizioni, pur riferite ad un accordo che si colloca al di fuori del piano concordatario, ha effetti determinanti sulla impalcatura giuridica del piano: in caso di buon esito del prefato accordo, il creditore ipotecario voterebbe per l’intero importo del proprio credito – € 10.500.000 –quale creditore chirografario.

Viceversa, in caso di mancato avveramento delle condizioni alle quali il creditore ipotecario ha subordinato l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca, rimarrebbe privilegiato per l’intero, con ulteriore falcidia delle percentuali – già di per sé non satisfattive – degli altri creditori privilegiati.

Pertanto, il Collegio ha mosso il rilievo di cui al n. 5) ed ha chiesto, anche all’udienza del 24.6.2014 che fossero documentati gli accordi transattivi, con particolare riguardo all’atto di transazione con le pattuizioni ivi espressamente indicate, ovvero la quietanza rilasciata da C. per gli acconti già percepiti, ovvero quantomeno l’indicazione dell’importo a saldo, ovvero almeno l’impegno del terzo (I. R. srl) a corrispondere tale saldo.

Non solo.

Nonostante nel piano, il proponente ha fissato la data  del 30 settembre 2014 per il pagamento a saldo, in effetti né il terzo né il creditore ipotecario (tra i quali intercorre l’accordo) risultano aver riscontrato la tempistica, ovvero che entro tale data vi sarà l’impegno a definire l’accordo per l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca di € 10.500.000 e, ciò, appare incidere sull’accertamento delle modalità attraverso le quali, per effetto ed in attuazione della proposta del debitore, le parti dovrebbero in via ipotetica realizzare la composizione dei rispettivi interessi (cd. causa in concreto, v. Cass sez. un. N. 1521/2013).

Pertanto, l’attuale situazione d’incertezza alla quale appare legato il piano, consente, allo stato, solo di affermare che il creditore ipotecario non ha rinunciato all’ipoteca.

Ancora.

La totale degradazione di C. a creditore chirografario non è supportata dalla relazione di cui all’art. 160 2° comma L.F. e, quindi, ai fini concordatari la società C. deve essere soddisfatta integralmente al privilegio, tale circostanza, invece, non è presa in considerazione dal piano concordatario.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, ex artt. 160 e ss L.F. proposto dalla S. C. 2000 SRL, con sede in Roma , via C. n. 40 (C.F. ……….);

Si riserva di provvedere in merito all’istanza di fallimento avverso la S.C.2000 SRL con contestuale ma separato provvedimento                                                                                    

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