Nota alla sentenza del Consiglio di Stato 2 dicembre 2015, n. 5454.

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La Stazione Appaltante, che abbia fornito informazioni erronee o non chiare in ordine a una clausola del bando o della lex specialis di gara, non può escludere l’impresa che abbia fatto legittimo affidamento sulle stesse. E’ quanto ha stabilito il Consiglio di Stato nella pronuncia n. 5454 del 2015 nel riformare la sentenza del Tar Sardegna n. 663 del 2012.

Il giudice di primo, adito con ricorso promosso da una RTI avverso l’aggiudicazione definitiva dell’appalto disposto a favore di altra RTI controinteressata, concludevano con l’accoglimento del ricorso sulla base di due passaggi logici. In primo luogo, il Tar considera irregolare la cauzione provvisoria prestata dalla RTI controinteressata poiché la polizza assicurativa non risultava intestata a tutti i componenti della RTI, bensì alla sola mandataria. In secondo luogo, il Tar rigettava l’obiezione difensiva secondo la quale “il vizio della polizza non avrebbe potuto costituire una ragione di esclusione, per il fatto di essere stato indotto da un errato chiarimento fornito proprio sul punto dalla Stazione appaltante, che aveva così fatto sorgere un legittimo affidamento nella controinteressata”. Sul punto il Collegio di primo grado osservava che “nel caso di specie, non si tratta dell’interpretazione fornita dall’amministrazione in ordine a una clausola del bando e della lex specialis di gara – elaborata e formulata dall’amministrazione medesima – di contenuto non chiaro, ma si tratta, invece, dell’errata interpretazione da parte dell’amministrazione di una norma di legge, la cui interpretazione non rientra nella “disponibilità” dell’amministrazione medesima (a differenza invece delle clausole del bando e della lex specialis di gara di “paternità” dell’amministrazione in quanto elaborate e formulate dall’amministrazione medesima), con la conseguenza che l’errata interpretazione della norma di legge e la conseguente violazione di legge non può che essere imputata direttamente all’impresa partecipante, che è tenuta in proprio a conoscere la legge, risultando conseguentemente irrilevante l’eventuale errata interpretazione della legge da parte dell’amministrazione, che non può essere considerata causa giustificativa del vizio dell’offerta”.

Il consiglio di Stato non ritiene di condividere il ragionamento svolto dal Tar Sardegna, anche alla luce delle critiche mosse dagli appellanti. In particolare, si evidenzia che la presentazione nella gara di una polizza assicurativa intestata alla sola mandataria del RTI  è imputabile all’errore cui la concorrente è stata indotta dalla stessa Stazione Appaltante. Quest’ultima, nel rispondere su uno specifico quesito, si era espressa nel senso della sufficienza della presentazione della garanzia a nome della sola mandataria così inducendo i concorrenti a riporre affidamento sulla bontà di tale indicazione, atteso il silenzio della legge e della disciplina della gara sull’argomento. Ciò premesso, il Consiglio di Stato osserva che il ragionamento seguito dal Tribunale di primo grado, ossia che l’interpretazione della legge “non rientra nella disponibilità dell’Amministrazione”, per quanto intrinsecamente corretto, non può valere a giustificare la decisione appellata. Come osservato nella pronuncia in commento, il ragionamento sviluppato dal Tar potrebbe indurre a ritenere che la soluzione di uno specifico problema ermeneutico debba essere ricercata a prescindere dall’opinione espressa dall’Amministrazione. Inoltre, ove l’interpretazione fornita dall’Amministrazione contrastasse con la legge, stando all’interpretazione del Tar, “l’affidamento eventualmente suscitato nei concorrenti non potrebbe in tal caso essere reputato meritevole di tutela, poiché sarebbe di natura colposa”.  Con la pronuncia in esame, tuttavia, si evidenzia l’inadeguatezza di un tale assunto nel caso in cui il chiarimento fornito dall’amministrazione non fosse incompatibile “con il dato normativo positivo né con un’interpretazione giurisprudenziale ormai definitivamente consolidata, ma riguardi l’interpretazione di norme suscettibili di generare incertezza applicativa, come è il caso dell’art. 75 del d.lgs. n. 163/2006, che nulla dice sulle forme che debba assumere la cauzione provvisoria prestata da un raggruppamento”. In tali circostanze vale il principio, già sostenuto dalla giurisprudenza[1], di necessaria salvaguardia dell’affidamento indotto negli interessati di buona fede. L’affidamento ingenerato nei concorrenti dalle informazioni fuorvianti dell’Amministrazione è qualificato e, pertanto, meritevole di tutela. Una tale conclusione, d’altro canto, è coerente con i principi di leale cooperazione e del favor per la più ampia partecipazione alle gare pubbliche[2]. “Ne consegue che l’irregolarità in cui l’appellante nella fattispecie era incorsa non poteva autorizzarne d’emblée un’automatica esclusione, ma unicamente giustificare una richiesta dell’Amministrazione di integrare la polizza irregolare in applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio previsto dall’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 (cfr. Ad. Pl. 25 febbraio 2014, n. 9, che nel suo paragr. 7.3 significativamente correla l’inapplicabilità di tale istituto all’esistenza di una previsione chiara”.

La sentenza in esame offre anche chiarimenti in ordine all’art. 90, comma 8, d.lgs. n. 163 del 2006, ossia la norma che prevede che “Gli affidatari di incarichi di progettazione non possono partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione; ai medesimi appalti, concessioni di lavori pubblici, subappalti e cottimi non può partecipare un soggetto controllato, controllante o collegato all’affidatario di incarichi di progettazione”. In linea con il precedente orientamento giurisprudenziale[3], la sentenza in esame conclude nel senso che l’art. 90, comma 8 non preclude a colui cui sia stato affidato l’incarico della progettazione preliminare di partecipare anche all’appalto per il servizio di progettazione definitiva ed esecutiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


[1]    Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981, in www.giustizia-amministrativa.it

[2]    Principi sui quali si veda, più ampiamente, Cons. Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4760; Cons. Stato, 8 novembre 2012 n. 5692, nel senso, appunto, che l’esigenza di apprestare tutela all’affidamento inibisce alla Stazione appaltante di escludere dalla gara un’impresa che abbia compilato l’offerta in conformità alle previsioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità costituire oggetto di richiesta d’integrazione; Cons. Stato, 26 gennaio 2011, n. 550, nel senso che l’applicazione dei principi di tutela dell’affidamento e di correttezza dell’azione amministrativa, in una con la generale clausola di buona fede, impedisce che le conseguenze di una condotta colposa della Stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla procedura, così come non è ammissibile l’ascrizione in capo al concorrente delle conseguenze negative di un errore indotto dalla disciplina di gara o dal comportamento tenuto dall’Amministrazione appaltante; nello stesso senso v. infine Cons. Stato, 18 dicembre 2008, n. 6316. Tutte richiamate dalla sentenza in esame.

[3]    Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 561 che si pronuncia con riferimento alla disposizione avente contenuto analogo dell’art. 17, comma  9, legge n. 109/1994.

Augusto di Cagno

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