Niente custodia cautelare in carcere per il tossicodipendente quando manchi un consistente pericolo per la collettività

Redazione 03/05/13
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Anna Costagliola

La Suprema Corte di legittimità, con la sentenza n. 18969 del 30 aprile 2013, ha affermato il principio che esclude il mantenimento della misura della custodia cautelare in carcere per il tossicodipendente in assenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che si traducano in un consistente pericolo per la collettività.

Sottolineano gli Ermellini, infatti, come il mantenimento della misura custodiale sia imposto da esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che non coincidono con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano in una «esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività di tale consistenza da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità».

Nel caso in oggetto la sostituzione della misura carceraria con quella domiciliare era stata negata ad un tossicodipendente trovato in possesso di 47 involucri di marijuana, pur in presenza delle condizioni legittimanti di cui all’art. 89, co. 2, del Testo Unico sugli stupefacenti (D.P.R. 309/1990). La Corte ha tuttavia ritenuto che dal provvedimento del Tribunale, di conferma dell’ordinanza del primo giudice che aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere per il ricorrente, non si enucleava alcun parametro inquadrabile nell’ordine concettuale-nomativo indicato, richiedente un considerevole pericolo per la collettività, limitandosi detto provvedimento alla mera considerazione che il soggetto era stato trovato in possesso di 47 involucri di marijuana e che egli era stato in precedenza condannato per analoghi fatti. Il tutto omettendo ogni rilievo circa le prospettive di recupero del medesimo, espressamente considerate, quale aspetto discriminante, dalla citata disposizione del Testo Unico sugli stupefacenti.

Dunque, sulla scorta del principio enunciato i giudici di Cassazione hanno ribaltato la decisione con cui il Tribunale di Catania aveva negato la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella domiciliare.

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