Natura giuridica del contratto preliminare di preliminare

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La presente indagine non può non prendere le mosse dalla nozione di contratto preliminare, come posta dall’art. 1351 del Codice civile.
E, pertanto, a mente della norma poc’anzi menzionata, possiamo iniziar col dire che il contratto preliminare è un contratto con il quale le parti s’impegnano a prestare il loro reciproco consenso per la stipulazione del contratto definitivo.

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Indice

1. Cenni sul contratto preliminare


Prima d’indagare che cosa sia il contratto preliminare del preliminare, è opportuno, però, indicare, seppur sinteticamente, quali siano le caratteristiche salienti del contratto preliminare.
Procedendo, indi, su questa riga, anzitutto è necessario ricordare che il preliminare deve rivestire la stessa forma giuridica del contratto definitivo che le parti si accingono a concludere.
Cosicché, per quello che potremmo definire come il principio d’accessorietà, se il contratto definitivo ha per oggetto la compra vendita d’un bene immobile, per il quale la legge, precisamente l’art. 1350, comma uno, n. 1), C.c., impone la forma scritta a pena di nullità, allora anche il contratto preliminare dovrà rivestire la stessa forma ad substantiam a pena di nullità.
Di, poi, occorre dar conto che dal contratto preliminare si possono gemmare soltanto effetti meramente obbligatori, nel senso, cioè, che in tanto le parti concludono un contratto preliminare in quanto con esso s’impegnano a prestare il consenso per la stipulazione d’un contratto definitivo.
Ed è soltanto il contratto definitivo a produrre effetti traslativi, vale a dire che è quest’ultimo accordo, consacrato nella forma scritta, a pena di nullità, il negozio giuridico con il quale si realizzerà il trasferimento della proprietà dell’immobile dal promittente acquirente al promissario acquirente.
A fronte dell’inadempimento d’una delle parti in ordine alla stipulazione de contratto definitivo, la parte non inadempiente potrà domandare, ai sensi dell’art. 2932, C.c., la risoluzione del contratto preliminare oltre al risarcimento dei danni subiti oppure domandare, in sede giudiziaria, l’emissione d’una sentenza che tenga luogo della conclusione del contratto definitivo non concluso, riservandosi, finanche, anche in un separato giudizio, l’esercizio dell’azione volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Orbene, delineati quelli che potremmo definire i tratti salienti del contratto preliminare, la nostra indagine, ora, si concentra sul c.d. contratto preliminare del preliminare.

2. La natura giuridica del contratto preliminare di preliminare


Par lecito domandarci su che cosa voglia intendersi con questa definizione dal tono evidentemente giuridico. Naturalmente, la definizione testé menzionata richiama la nozione di quel contratto preliminare di cui abbiam innanzi discettato.
Ed, invero, in effetti, ci troviamo di fronte a due negozi giuridici che si dovrebbero porre l’uno in rapporto all’altro.
Eppure, al quesito che ci siam posti, sovvien la risposta orientata in senso positivo della Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. Un., n.4628 del 6 marzo del 2015), la quale definisce i contorni d’un quadro giuridico caratterizzato dall’evoluzione d’una trattativa negoziale scandita da fasi, parcellizzate e poi cristallizzate, d’un negozio a formazione progressiva.
Dal principio di diritto licenziato dalle Sezioni Unite Civili in commento, si apprende, perciò, che è lecito discutere d’un preliminare d’un contratto preliminare nella misura in cui le parti, nell’ambito d’una negoziazione a formazione progressiva, raggiungono l’accordo su alcuni punti della trattativa contrattuale, che, poi, cristallizzano in un accordo, vale a dire il preliminare, per, indi, proseguirne l’ulteriore corso fino ad addivenire alla stipulazione del vero e proprio contratto preliminare col quale esse, in effetti, si obbligano, reciprocamente, a prestare il consenso per la conclusione del contratto definitivo quale negozio unicamente deputato a produrre l’effetto traslativo della proprietà del bene oggetto della trattativa.
Si predica, pertanto, un rapporto giuridico teso allo sviluppo delle trattative negoziali, ove le parti raggiungono, su alcuni punti salienti della medesima, un consenso che, perciò, fissano all’interno d’un accordo, che assume la veste d’un contratto preliminare col quale s’impegnano finanche a proseguire le trattative, che condurrà, poi, alla stipulazione del vero contratto preliminare volto, quest’ultimo, ad obbligare le parti alla stipulazione del contratto definitivo.
Nondimeno, come comprendere che il primo accordo possa intendersi come il preliminare del contratto preliminare.
Ecco, anche su questo punto, occorre concentrarsi sulla causa dell’accordo preliminare che le parti raggiungono, e, cioè, sull’interesse concreto perseguito dalle medesime.
Questo concetto riecheggia l’interpretazione della causa del contratto, della cui assenza occorrerebbe, poi, predicare la nullità di quest’ultimo per effetto del combinato disposto degli artt. 1325, comma uno, n.2), 1418, comma due, C.c., nella sua transizione dalla concezione “oggettiva” volta a definirla come funzione economica sociale del negozio a quella sposata dalla giurisprudenza successiva, aderente alla concezione della causa concreta, definendola come l’interesse concreto perseguito dalle parti, vale a dire la sintesi degli interessi reali ch’essa è diretta a realizzare a prescindere dallo schema negoziale utilizzato. (Cfr. Cass. Civ., Sez. III, n. 10490 dell’8 maggio 2006; Idem, Sez.III, Ord. n. 10612 del 4 maggio 2018).
Nell’ambito dei canoni normativi d’interpretazione del contratto, codificati, del resto, dal tessuto codicistico, la causa assurge a criterio interpretativo volto ad indagare la volontà delle parti e l’interesse perseguito dal modello negoziale impiegato.
Posto quanto sopra, anche nell’ambito della disgressione del rapporto tra il primo contratto preliminare ed il secondo contratto preliminare, la causa, intesa nella sua accezione di causa concreta, come sposata dalla giurisprudenza della Suprema Corte a partire dalla pronuncia del 2006, si offre come criterio onde accertar se l’obbligo assunto col primo preliminare ad obbligarsi di stipulare il secondo non sia giustificato da alcun interesse reale perseguito dalle parti.
Poiché se così risultasse, se cioè, effettivamente, l’intento delle parti non fosse sorretto da un interesse concreto, ecco che, allora, il preliminare del contratto preliminare, ovverossia l’obbligo ad obbliarsi, per dirla colle parole delle Sezioni Unite del 2015, si paleserebbe come una “superfetazione”, vale a dire come una ridondanza, come un accordo superfluo.


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3. La posizione della giurisprudenza di legittimità


Ed in tal senso a Suprema Corte afferma che “…Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’ interesse delle parti a u n a formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare….”. (Cass. Civ., Sez. Un., n.4628 del 6 marzo del 2015).
Il principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite scrutinate, è stato ribadito anche recentemente dalla giurisprudenza della Suprema Corte, a mente della quale “…La causa del preliminare di preliminare va in particolare ricercata della funzione, considerata meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, ai sensi dell’art. 1322 c.c., di vincolare negozialmente le parti nel corso delle trattative, fissando punti fermi della successiva stipula del contratto preliminare e rinviando a tale momento e sede la fissazione di altri punti rilevanti. La necessità che sussista un interesse delle parti alla stipula del preliminare di preliminare risulta ribadita anche dalla giurisprudenza successiva…”. (Cass. civ., Sez. II, Ord. N. 2269 del 25 gennaio del 2023; Idem, Sez.II, N. 26484 del 17 ottobre del 2019).
Un accordo superfluo, quello del primo contratto preliminare, che sarebbe luogo anche ad una sua nullità per mancanza d’una causa ed insuscettibile, pertanto, d’esecuzione in forma specifica ex art. 2932, C.c.
In altre parole, affinché il primo preliminare sia valido occorre ch’esso abbia una causa concreta autonoma da quella del secondo stipulando preliminare, in quanto il primo volto a cristallizzare le intese raggiunte su alcuni punti delle trattative, che potrebbero anche definirsi delle puntuazioni ove specifiche, mentre, il secondo, a consacrare l’impegno a manifestare il consenso per la stipulazione del definitivo.
Diversamente, qualora nell’intento coltivato dalle parti di stipulare un primo preliminare che preceda la stipulazione d’un secondo preliminare, si ravvisasse un interesse reale e concreto perseguito da queste ultime, volto alla formazione progressiva del contratto, basato sulla differenziazione dei contenuti negoziali, il contratto preliminare, id est il primo, sarebbe valido.
E, d’altronde, la differenziazione dei contenuti negoziali, all’interno d’un processo di formazione progressiva del contratto, si paleserebbe laddove le parti raggiungano, di volta, in volta, delle intese su alcuni punti salienti delle trattative, che, poi, potranno cristallizzare, “fotografare”, all’interno d’un contratto preliminare col quale si assumano, altresì, l’obbligo ad obbligarsi di giungere alla stipulazione del vero contratto preliminare destinato, a sua volta, ad esprimere l’impegno delle parti a prestare il reciproco consenso per la conclusione del contratto definitivo.

4. La violazione del principio della buona fede e della correttezza per l’inadempimento all’obbligo di contrattare


Se, dunque, possiamo affermare che in tanto la stipulazione d’un preliminare d’un contratto preliminare è valida in quanto con ciò gli stipulanti perseguono l’interesse concreto ad una formazione progressiva dell’accordo finale, caratterizzato, pur nella differenziazione dei contenuti negoziali, dal raggiungimento, di volta, in volta, dall’intesa su uno o più punti salienti, cristallizzati, indi, nel primo preliminare, quale tutela offrire alla parte che si rivelasse inadempiente all’obbligo d’obbligarsi a stipulare il secondo preliminare.
Giacché afferente alla violazione d’un obbligo generato da un contratto, si tratterebbe d’una responsabilità contrattuale per violazione dell’obbligo di buona fede e di correttezza.
Precisamente, accedendo alla stipulazione del primo preliminare, le parti s’impegnano, reciprocamente, non soltanto a cristallizzare l’intesa raggiunta su alcuni punti della negoziazione, bensì anche ad obbligarsi a prestare il consenso per la conclusione del successivo contratto preliminare.
Va da sé, allora, che la violazione di tal impegno si palesa contrario al principio della buona fede e della correttezza, clausola di comportamento che le parti son chiamate ad osservare anche nella fase delle trattative e la cui inosservanza lede quell’affidamento che ciascuna d’esse ha posto nella prosecuzione delle trattative finalizzate, poi, alla conclusione del contratto definitivo traslativo della proprietà del bene.
E ciò in quanto “…La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale”. (Cass. Civ., Sez. Un., n.4628 del 6 marzo del 2015).
Si rifletta che la stipulazione del primo preliminare volta a cristallizzare l’intesa raggiunta su alcuni punti della negoziazione, genera nella parte un’aspettativa acché la controparte continui nella conduzione delle trattative, nell’ambito d’una formazione progressiva del contratto, la cui delusione cagiona un danno patrimoniale da lesione dell’interesse positivo, e non negativo come nel caso di responsabilità precontrattuale da ingiustificata rottura delle trattative.
Con ciò si assiste ad una sorta di contrattualizzazione dell’obbligo di buona fede, assunta, dapprima, come clausola generale di comportamento alla luce dell’art. 1337, C.c., ora, invece, obbligo gemmato dal precedente preliminare la cui violazione produce un danno da interesse positivo.
L’inadempimento opposto dalla parte che non addivenga alla stipulazione del successivo preliminare, genera una responsabilità, si, contrattuale, trattandosi di violazione d’un obbligo sorto da un contratto precedente, che lede l’interesse positivo all’obbligo di contrattare, vale a dire di continuare ad accordarsi, e non di contrarre.

5. Conclusioni


Rassegnando le conclusioni al termine di questa breve dissertazione, abbiam appreso che la fattispecie del contratto preliminare di preliminare è ammissibile, e che ciò che consente a tal istituto d’avere rilevanza giuridica è la causa concreta perseguita dalle parti.
La causa, si badi bene, concepita, come abbiam visto nella presente trattazione, quale interesse reale concretamente perseguito dalle parti e, come tale, meritevole di tutela alla stregua dell’art. 1322, C.c.
Dunque, l’adesione alla concezione concreta della causa, abbandonata la concezione oggettiva della medesima, quale funzione economico sociale del contratto, ha consentito alla giurisprudenza della Suprema Corte di dar cittadinanza giuridica al contratto preliminare di preliminare, purché, tuttavia, affiori che con il primo le parti esprimono una volontà che sia protesa ad una formazione progressiva del contratto, sicché dell’assetto definitivo del regolamento negoziale, costellata dal raggiungimento d’intese su punti salienti del formando negozio definitivo, cristallizzato, indi, in un accordo preliminare col quale esse si obbligano, altresì, ad obbligarsi a contrattare, ovvero a proseguire la contrattazione per giungere, tramite il successivo accordo preliminare, ormai deputato a coprire l’intero regolamento dell’affare, alla conclusione del definitivo gemmante l’effetto traslativo finale della proprietà del bene.
Pertanto, laddove il primo preliminare non sia sorretto da una causa concreta ed autonoma rispetto al successivo stipulando, e, cioè, non affiori un interesse concreto delle parti al raggiungimento progressivo dell’assetto negoziale definitivo, ecco che, allora, l’accordo dovrà considerarsi nullo per difetto di causa. E ciò in quanto un accordo preliminare che non avesse un contenuto diverso da quello successivo dovrebbe. giustappunto, valutarsi come superfluo.

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