Modificabilità dell’offerta e unitarietà del giudizio di congruità

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Per consolidata giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 63, che riprende un orientamento più volte ribadito dal Tribunale e condiviso dalla prevalente giurisprudenza) il giudizio di congruità che non è diretto ad evidenziare singole inesattezze dell’offerta (la c.d. “caccia all’errore”), ma mira ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta (tra le tante: Consiglio di Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; id., sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565).

Pur restando fermo il principio per cui in un appalto l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione – pena la violazione della par condicio tra i concorrenti – ciò non toglie che, avendo la verifica di anomalia, così come quella di congruità, la finalità di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia di quelli che militano a favore, sia di quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme.

Se si contesta la congruità di un’offerta, ritenuta tale dalla stazione appaltante, occorre evidenziare, in relazione al particolare contenuto del contratto da affidare, quali sono le ragioni specifiche per cui l’offerta nel suo complesso sarebbe inattendibile (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 520; Consiglio di Stato, sez. VI, 5 giugno 2015, n. 2770), nella consapevolezza che la giurisprudenza riconosce la legittimità anche di limitati aggiustamenti, sicché si ritiene ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costodi altre voci (cfr., al riguardo, Consiglio di Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146).

La giurisprudenza ritiene coerenti con lo scopo del giudizio di anomalia e con il rispetto dei principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o che consistano in originari e comprovati errori di calcolo o in altre ragioni plausibili.

E’ pacificamente ammesso che l’impresa possa intervenire riducendo l’utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata, perché ciò che importa è che l’offerta rimanga nel complesso seria (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 636; id., 23 luglio 2012, n. 4206; Consiglio di Stato, sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676).

 

Sentenza collegata

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Avv. Biamonte Alessandro

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