È stato presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge riguardante le misure alternative alla detenzione.
In particolare, si tratta del progetto normativo AC n. 2520 (d’ora in poi: disegno di legge AC n. 2520), con cui ci si propone per l’appunto di intervenire in siffatto ambito giuridico, nel caso in cui manchino posti letto disponibili negli istituti di pena, e ciò nell’evidente ottica di ridurre il sovraffollamento carcerario.
Orbene, scopo del presente articolo è vedere cosa prevede siffatto disegno di legge. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Le condizioni per cui sono necessarie misure alternative
- 2. Le conseguenze discendenti dalle condizioni di cui al punto precedente
- 3. Individuazione numero di posti letto regolarmente disponibili in ciascuno degli istituti di pena italiani ai fini dell’esecuzione della pena e dell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 del presente disegno di legge
- 4. Conclusione
- Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
- Note
1. Le condizioni per cui sono necessarie misure alternative
L’art. 1, co. 1, disegno di legge AC n. 2520 stabilisce prima di tutto al primo periodo che nessuno “può essere detenuto in forza dell’esecuzione di una sentenza in un istituto che non abbia un posto letto regolarmente disponibile”.
Di conseguenza, per effetto di siffatto precetto normativo, viene sancito il principio per cui non si può essere sottoposto a regime detentivo ove l’istituto, in cui si dovrebbe essere ristretti, sia privo di posti letto regolarmente disponibili.
Pur tuttavia, la disposizione appena citata, in cui è stato enunciato tale principio, “cessa di applicarsi qualora il soggetto non ottemperi all’obbligo di permanenza domiciliare o alle eventuali prescrizioni stabilite dal giudice dell’esecuzione” (art. 1, co. 3, secondo periodo, disegno di legge AC n. 2520). Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Formulario annotato del processo penale 2025
Il presente formulario è stato concepito per fornire all’avvocato penalista uno strumento di agile consultazione.Attraverso gli schemi degli atti difensivi, sono esaminati i vari istituti processuali alla luce delle novità intervenute nell’ultimo anno, con l’evidenziazione della normativa di riferimento e delle più rilevanti linee interpretative della giurisprudenza di legittimità. La selezione delle formule, accompagnate da suggerimenti per una migliore redazione di un atto, tiene conto degli atti che un avvocato è chiamato a predisporre come difensore dell’imputato, ma anche come difensore delle parti private (parte civile, persona offesa, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria). Il volume contiene sia gli atti che vanno proposti in forma scritta, sia quelli che, pur potendo essere proposti oralmente nel corso di un’udienza, sono di più frequente utilizzo.Un approfondimento particolare è dedicato al fascicolo informatico e al processo penale telematico, alla luce del D.M. 27 dicembre 2024, n. 206, che ha introdotto rilevanti novità in materia di tempi e modi del deposito telematico.Completa il volume una sezione online in cui sono disponibili le formule anche in formato editabile e stampabile. Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.
Valerio de Gioia, Paolo Emilio de Simone | Maggioli Editore 2025
75.20 €
2. Le conseguenze discendenti dalle condizioni di cui al punto precedente
Nel caso in cui ricorrano le condizioni appena menzionate, l’art. 1, co. 1, secondo periodo, disegno di legge AC n. 2520 statuisce che quando, “in applicazione del principio di cui al primo periodo, non sia possibile l’esecuzione della sentenza di condanna a una pena detentiva, nei confronti di un soggetto proveniente dallo stato di libertà, nell’istituto di assegnazione e non sia possibile individuarne altro idoneo in conformità con il principio di territorializzazione della pena, previsto dall’articolo 42, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, la pena è espiata in taluno dei luoghi di cui all’articolo 47-ter della medesima legge n. 354 del 1975, o in altro luogo indicato dal condannato, secondo le modalità e le prescrizioni stabilite dal giudice dell’esecuzione”.
Di conseguenza, alla luce di codesta norma di legge, in assenza di posti letto regolarmente disponibili, e sempreché non sia possibile “trovare” un altro posto (in conformità con il principio di territorializzazione della pena, previsto dall’articolo 42, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354[1]) in cui detenere il soggetto proveniente dallo stato di libertà (il che dovrebbe escludere l’applicabilità di tale statuizione legislativa ove tale persona sia già sottoposta ad altre misure restrittive della sua libertà personale), colui che è stato condannato, ovviamente in via definitiva, a pena detentiva, e che deve scontare siffatta sanzione (qualora non possa accedere a benefici penitenziari secondo quanto previsto dalla normativa attualmente in vigore), dovrà espiarla in taluno dei luoghi di cui all’articolo 47-ter della medesima legge n. 354 del 1975[2], o in altro luogo indicato dal condannato, secondo le modalità e le prescrizioni stabilite dal giudice dell’esecuzione.
Ad ogni modo, come recita il secondo periodo del comma terzo di questo articolo, il “periodo di conversione temporanea dell’ordine di esecuzione della pena in obbligo di permanenza domiciliare di cui al comma 1, secondo periodo, è computato al fine della complessiva durata della pena al pari della detenzione in carcere”.
Potrebbero interessarti anche:
3. Individuazione numero di posti letto regolarmente disponibili in ciascuno degli istituti di pena italiani ai fini dell’esecuzione della pena e dell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 del presente disegno di legge
Infine, l’art. 2 del disegno di legge AC n. 2520 dispone che, con “regolamento da adottare con decreto del Ministro della giustizia, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400[3], entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilito il numero di posti letto regolarmente disponibili in ciascuno degli istituti di pena italiani ai fini dell’esecuzione della pena e dell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 della presente legge, sulla base di un conteggio effettuato applicando i livelli vigenti con riferimento agli ambienti di vita nelle civili abitazioni, come definiti dal decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975”, vale a dire quel decreto ministeriale con cui, procedendo alla modificazione delle istruzioni ministeriali del 20 giugno del 1896, si è intervenuti in riferimento all’altezza minima ed ai requisiti igienico sanitari principali dei locali d’abitazione.
4. Conclusione
Queste sono dunque le novità che connotano il disegno di legge qui in esame.
Non resta dunque che attendere se questo progetto normativo verrà approvato da ambedue i rami del Parlamento
Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Note
[1] Ai sensi del quale: “Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque destinati agli istituti più vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute. L’amministrazione penitenziaria dà conto delle ragioni che ne giustificano la deroga”.
[2] Per cui: “01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall’articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale. 1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell’ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di: a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente; e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. 1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all’articolo 4-bis. 1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare. 1-quater. L’istanza di applicazione della detenzione domiciliare è rivolta, dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione. Nei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’istanza di detenzione domiciliare di cui ai precedenti commi 01, 1, 1-bis e 1-ter è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4. 1-quinquies. Nei confronti dei detenuti per uno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale o sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, prima di provvedere in ordine al rinvio dell’esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare, ai sensi del comma 1-ter, o alla sua proroga, chiede il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di condanna e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, anche quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. I pareri sono resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine, rispettivamente, di due giorni e di quindici giorni dalla richiesta. Salvo che ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, il tribunale o il magistrato di sorveglianza non possono provvedere prima del decorso dei predetti termini. 4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dal secondo comma dell’articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare. 5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare. 6. La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure. 7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1, 1-bis e 1-ter. 8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, è punito ai sensi dell’art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell’ultimo comma dello stesso articolo. 9. La condanna per il delitto di cui al comma 8, salvo che il fatto non sia di lieve entità, importa la revoca del beneficio. 9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura”.
[3] Alla stregua del quale: “Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento