Minore danneggiato: il danno da capacità lavorativa è autonomo

Se il danneggiato è un minore, il danno da perdita della capacità lavorativa generica può essere liquidato separatamente rispetto al danno biologico.

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Se il danneggiato è un minore, il danno da perdita della capacità lavorativa generica può essere liquidato separatamente rispetto al danno biologico. Per approfondimenti sul tema si consiglia il Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.

Tribunale di Napoli -sentenza n. 3601 del 10-04-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_NAPOLI_N._2137_2025_-_N._R.G._00019240_2020_DEL_03_03_2025_PUBBLICATA_IL_03_03_2025.pdf 178 KB

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Indice

1. I fatti: il danno al minore


I genitori di una bambina nata con delle gravi malformazioni e problematiche di salute convenivano in giudizio il ginecologo presso cui la gestante si era rivolta durante la gravidanza nonché nei confronti della struttura sanitaria dove era stato effettuato il parto, chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni subiti dalla bambina sia a titolo di danno biologico sia a titolo di perdita della capacitò lavorativa generica.
In particolare, gli attori sostenevano che la gestante si era rivolta al ginecologo convenuto per essere assistita durante la gestazione e il parto, il quale aveva effettuato numerose visite di controllo durante la gestazione. Nel corso dei primi mesi, gli esami ecografici evidenziavano che tutto era nella norma e che il feto cresceva regolarmente. Tuttavia, nel corso della 36esima settimana di gestazione, dall’esame ecografico emergeva un accrescimento fetale pari a 33 settimane e quindi ridotto di 3 settimane rispetto a quanto avrebbe dovuto essere.
Nonostante il ritardo nella crescita del feto, il ginecologo non effettuava ulteriori approfondimenti, né prescriveva alcunchè. Inoltre egli rimaneva inerte anche di fronte ad un successivo tracciato cardiotocografico da cui emergeva una decelerazione prolungata della frequenza cardiaca del feto.
Soltanto dopo un ulteriore tracciato cardiotocografico, eseguito qualche giorno dopo, il medico decideva di far effettuare un parto cesareo alla gestante.
Il parto veniva quindi eseguito presso la struttura sanitaria convenuta e subito dopo la nascita, a causa delle condizioni della neonata, questa veniva trasportata presso una ulteriore struttura sanitaria dotata di reparto di terapia intensiva prenatale (dove giungeva tre ore dopo la nascita).
Gli attori ritenevano quindi sussistente la responsabilità dei convenuti nella causazione dell’encefalopatia, con ritardo nello sviluppo motorio, di cui era affetta la bambina, in quanto il ginecologo non aveva ben valutato gli esiti degli esami eseguiti durante la gravidanza e la struttura sanitaria per non aver disposto l’esecuzione del parto in una struttura dove era presente il reparto di terapia intensiva prenatale. Per approfondimenti sul tema si consiglia il Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.      

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2. Le valutazioni del Tribunale


Preliminarmente, il Tribunale ha esposto i principi che governano la responsabilità della struttura sanitaria e dei medici nelle fattispecie di responsabilità medica e poi quelli che disciplinano la figura del danno morale.
In secondo luogo, per quanto qui di interesse, il giudice ha esaminato la figura del danno da perdita della capacità lavorativa generica.
Secondo il giudice, il fatto che i postumi permanenti rientrino nel danno biologico (inteso come menomazione della salute psicofisica di una persona, non significa che all’interno della suddetta figura di danno debba essere ricompresa anche la riduzione della generale attitudine al lavoro. Infatti, gli esiti pregiudizievoli connessi alla attitudine o meno a produrre guadagni attraverso lo svolgimento di una attività lavorativa restano estranei al danno alla salute. 
In considerazione di ciò, le conseguenze pregiudizievoli che derivano dalla lesione della salute di una persona possono anche consistere in un danno patrimoniale da lucro cessante, nel caso in cui eliminino o riducano la capacità di produrre reddito di quella persona.
Se è pur vero che, in via generale, il danno derivante dalla lesione della capacità lavorativa generica deve essere risarcito in termini di danno biologico attraverso la personalizzazione di quest’ultimo. Tuttavia, nel caso in cui il danno alla salute di un minore supera una certa soglia non è sempre possibile usare tale criterio di liquidazione (cioè la personalizzazione in aumento del danno biologico).
Secondo il giudice partenopeo, infatti, la lesione della capacità lavorativa generica, consistente nella idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio ma confacente alle proprie attitudini, può invero costituire anche un danno patrimoniale, non ricompreso nel danno biologico, la cui sussistenza va accertata caso per caso dal giudice di merito, il quale non può escluderlo per il solo fatto che le lesioni patite dalla vittima abbiano inciso o meno sulla sua capacità lavorativa specifica.
Inoltre, il giudice ha evidenziato come l’invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nel danno biologico (non patrimoniale), quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa.
Questa tipologia di danno deve essere riconosciuta non soltanto a favore di un danneggiato che era già percettore di reddito da lavoro al momento del sinistro, ma anche a favore di chi non è mai stato percettore di reddito o di chi non è ancora in età lavorativa oppure a favore di chi versi in concreto in una condizione lavorativa caratterizzata dal carattere saltuario o di chi al momento del sinistro sia disoccupato e perciò senza reddito.
Infatti, il danno da invalidità permanente, proiettato nel futuro, andrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima.
Naturalmente, il danno potrà essere liquidato a favore della parte che ne chiede il risarcimento soltanto se egli allega e prova la lesione sofferta di cui chiede ristoro e il nesso di causalità con la condotta del danneggiante.
Solo dopo che l’attore avrà assolto a detto onere probatorio, il giudice potrà provvedere alla quantificazione di detto danno anche utilizzato lo strumento della liquidazione in via equitativa.    

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, il Tribunale napoletano ha ritenuto che i danni subiti dalla neonata e derivanti da una encefalopatia ipossico-ischemica neonatale, siano ricollegabili dal punto di vista causale alle condotte poste in essere dai due convenuti. In particolare, detti danni derivano, da un lato, dalla omessa assistenza alla gestante da parte del ginecologo durante il parto, il quale non aveva approfondito il monitoraggio del benessere fetale e non aveva conseguentemente anticipato l’esecuzione del parto cesareo. Dall’altro lato, i danni subiti dalla neonata derivavano dalla mancata decisione della struttura sanitaria di far eseguire il parto in una struttura dotata di Terapia intensiva prenatale.
Secondo il tribunale, infatti, se i due convenuti avessero tenuto i suddetti comportamenti omessi, la neonata, secondo il criterio del più probabile che non, avrebbe evitato quanto di patologico ha subito all’esito della nascita.
Per quanto concerne la quantificazione del danno biologico subito dalla neonata, il tribunale ha ritenuto di stimare complessivamente la condizione menomativa della bambina (soggetto in età evolutiva) nella misura del 35% di invalidità permanente.
Invece, il tribunale ha ritenuto di non riconoscere alcuna voce a titolo di invalidità temporanea, in quanto la patologia in questione, riferendosi ad un neonato e successivamente in maniera sempre più sfumata ad un bambino, impedisce qualsiasi misurazione obiettiva dell’invalidità temporanea totale o parziale che sia.
Per quanto concerne il danno da perdita della capacità lavorativa generica lamentato dagli attori, il giudice napoletano ha ritenuto di rigettare la relativa domanda.
Infatti, poiché nel caso di specie la neonata non ha subito una invalidità assoluta, per poter ottenere il riconoscimento della perdita della capacità lavorativa generica, gli attori avrebbero dovuto allegare e provare gli indici da cui desumere, anche se in via presuntiva, la sussistenza e la consistenza del danno in questione. In particolare, secondo il giudice, gli attori non hanno dedotto alcunchè in ordine alla attività professionale svolta dai genitori, al loro grado di istruzione, alla loro situazione reddituale, da cui si sarebbe potuto effettuare una proiezione futura in punto di prospettive di lavoro e di reddito per la bambina.    

Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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