La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8388 del 12 febbraio 2024, ha chiarito quali sono i presupposti per la revoca dell’ordinanza della messa alla prova.
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Indice
1. I fatti
La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dall’imputata avverso l’ordinanza del Tribunale di Terni con la quale è stata revocata l’ordinanza di ammissione alla messa alla prova nell’ambito di un procedimento penale incardinato per il reato previsto dall’art. 186 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Il giudice monocratico, nella motivazione della predetta ordinanza, aveva evidenziato che l’imputata aveva già precedentemente beneficiato della messa alla prova per reato analogo e che la relativa fattispecie non poteva essere posta in rapporto di continuazione con quella per cui si procedeva o comunque in qualsiasi correlazione di collegamento e ha, quindi, rigettato l’istanza di messa alla prova.
Il ricorso dell’imputata era affidato ad un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto l’errata applicazione dell’art. 464-octies cod. proc. pen. e dell’art. 178, lett. c) cod. proc. pen.
In particolare, è stato sottolineato che l’istanza di messa alla prova era stata precedentemente accolta, con contestuale trasmissione degli atti al giudice onorario monocratico presso lo stesso Tribunale, con provvedimento non fatto oggetto di impugnazione e che è stata, poi, revocata in assenza di elementi nuovi, essendosi creata sull’ordinanza di ammissione la condizione del giudicato ed essendo la revoca medesima stata fondata su un elemento – ovvero la precedente ammissione all’istituto per altro reato – già valutato dal precedente magistrato assegnatario.
In più, la decisione è stata adottata in assenza di previo avviso alle parti e di indicazione del relativo oggetto: non vi è stata una fissazione per la eventuale discussione della revoca della messa alla prova ma soltanto per la definizione del periodo e delle modalità di esplicazione della stessa.
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2. Presupposti per la revoca dell’ordinanza di messa alla prova: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, analizzando il ricorso, osserva che, sulla base degli atti esaminabili, il Tribunale procedente aveva effettivamente disposto l’ammissione alla messa alla prova con contestuale trasmissione degli atti al giudice onorario monocratico presso lo stesso Tribunale al fine di stabilire il periodo di messa alla prova e di pronunciare la relativa sentenza in caso di esito positivo della medesima.
La predetta ordinanza non risulta essere stata oggetto di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 464-quater, comma 7, cod. proc. pen.
Ciò posto, la Corte deduce che l’ordinanza impugnata sia stata emessa in relazione all’art. 464-octies cod. proc. pen., ai sensi del quale la sospensione del procedimento può essere revocata dal giudice anche d’ufficio e con ordinanza.
Peraltro, il comma 2 dello stesso art. 464-octies cod. proc. pen. stabilisce che “al fine di cui al comma 1 del presente articolo il giudice fissa l’udienza ai sensi dell’articolo 127 per la valutazione dei presupposti della revoca, dandone avviso alle parti e alla persona offesa almeno dieci giorni prima“.
Ed è proprio in riferimento a tale comma che la Suprema Corte rileva che “il giudice può procedere alla revoca dell’ordinanza di sospensione e messa alla prova solo previa interlocuzione con le parti, vale a dire con udienza camerale partecipata, ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., previo avviso alle medesime parti, conseguendone che non è quindi possibile procedere alla revoca de plano, ovvero senza udienza, ma neppure è possibile disporla in una udienza fissata per una diversa finalità, senza che l’udienza sia stata preceduta da un avviso che consenta alle parti di partecipare al contraddittorio con cognizione di causa in merito alla specifica questione della ricorrenza dei presupposti per la revoca“.
La Cassazione ribadisce, inoltre, che “anche nel procedimento fissato per la revoca della sospensione con messa alla prova ai sensi dell’art. 464-octies cod. proc. pen., sia quindi affetto da nullità generale a regime intermedio ex art. 178, comma primo, lett. c) cod. proc. pen. il provvedimento di revoca se l’avviso di udienza non contiene l’indicazione, sia pure in forma succinta, di tale oggetto del provvedimento, per la necessitò di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione afferma che nel caso in esame, sebbene il rinvio da altra udienza abbia consentito di omettere gli avvisi per le parti che erano o dovevano essere presenti, emerge dagli atti che il rinvio non fosse stato disposto per decidere sulla revoca della sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 464-octies cod. proc. pen., ma solo per stabilire le concrete modalità di espletamento della messa alla prova.
La Corte rileva, dunque, che la violazione del contraddittorio si realizza, infatti, anche ove non sia stato consentito alle parti di conoscere l’oggetto della decisione che andava adottata nell’udienza fissata a tal precipuo fine con l’obbligo di darne loro avviso almeno dieci giorni prima.
Ciò comporta la conseguente nullità in relazione all’art. 127, comma 5, cod. proc. pen. del provvedimento di revoca, direttamente incidendo sulla salvaguardia dei diritti di difesa dell’imputato, in relazione ad un esito processuale che ha riflessi sulla ripresa del procedimento per l’irrogazione della sanzione penale e che impone che le parti, ovvero l’imputato e persona offesa, ricevano avviso della fissazione dell’udienza per la valutazione dei presupposti della revoca medesima.
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