La mancata celebrazione dei diritti religiosi non determina danno patrimoniale per lesione della libertà religiosa, ma mero disguido, in quanto tale non risarcibile.
Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – sentenza n. 220 del 05-01-2023
1. La vicenda approdata in Cassazione
La vicenda approdata in Cassazione ha luogo nel settembre 2015, allorquando la sig.ra Tizia subisce l’interruzione illegittima della erogazione del gas domestico. Il periodo di interruzione della fornitura dura dal 10 al 15 di settembre, e non consentì all’intimante di celebrare in casa il capodanno ebraico, cadente quell’anno il 14 e 15 settembre a avente, per i credenti di religione ebraica, rilevanza pari al Natale della cristianità. La sig.ra Tizia allegava, nelle fasi di merito, che la ricorrenza aveva per lei un profondo significato e che celebrava il rito ogni anno e da sempre.
Per tale ragione Tizia conveniva in giudizio l’ente erogatore del gas domestico, chiedendo il risarcimento, tra gli altri, del danno non patrimoniale patito in ragione della impossibilità di celebrare la ricorrenza presso la propria abitazione, dovendosi invece recare da una conoscente. In particolare, Tizia evidenziava come il capodanno ebraico preveda preghiere e banchetti con dolci, da consumarsi con parenti e amici invitati diversi mesi prima, secondo un millenario rituale che è patrimonio proprio di ogni praticante il detto credo. L’intimante qualificava il danno sub species di vulnus al diritto costituzionalmente garantito della libertà religiosa.
In primo grado, il Giudice di pace di Roma accoglie la domanda limitatamente all’inadempimento contrattuale dell’Ente erogatore, ma esclude il risarcimento del danno non patrimoniale vantato da Tizia.
Tizia, ricorre in appello per vedersi riconoscere il risarcimento non ammesso dal primo giudice, ma il Tribunale di Roma conferma la sentenza, ravvisando che il danno non patrimoniale non poteva ancorarsi al diritto costituzionalmente riconosciuto della libertà di culto e che quanto occorso non aveva determinato che meri disguidi, con relativa qualificazione del danno come bagatellare.
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2. La decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte, III Sezione Presidente Travaglino, con sentenza numero 220 del 05.01.2023, premettendo che la libertà religiosa è certamente un diritto costituzionalmente tutelato che, ove violato è ammissibile a risarcimento, afferma come anche in questo caso, come in ipotesi di lesione al diritto alla salute, il danno vada provato, senza che sia ammissibile alcun automatismo, e che vada accertato sotto il duplice aspetto della sofferenza morale e della privazione, diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente svolte dal danneggiato, come da consolidato insegnamento della Corte (Cfr. Cass. 901/2018).
Ancora la Suprema Corte ribadisce che il danno non patrimoniale ha natura unitaria, si delinea come la lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica; Il Giudice del merito, quindi, deve accertare in concreto le conseguenze in peius dell’evento dedotto sulla vita del danneggiato nella sfera interiore (danno morale sub species di dolore, vergogna, disistima si se, paura, disperazione) o nella sfera dinamico relazionale (danno alla vita di relazione) evitando duplicazioni e ammettendo a risarcimento quanto accertato. Il tutto, sempre che l’offesa superi il limite di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e rigettando la domanda se il lamentato danno si riduce a meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress e violazione del diritto alla tranquillità.
Il fulcro della pronuncia, che motiva il rigetto del ricorso è nel fatto che, come insegnano le sentenze di San Martino e le pronunce corollario che si sono succedute, l’offesa, per essere risarcibile, deve superare la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non sostanziarsi in meri disagi, fastidi, disappunti, stress, ansie e violazioni del diritto alla tranquillità, da ritenersi conseguenze non gravi e, pertanto bagatellari.
Premesso ciò, secondo gli Ermellini, il Giudice del grado precedente aveva fatto corretta applicazione dell’insegnamento della Suprema Corte, ritenendo che non si era in presenza di uno stravolgimento esistenziale ma di uno sconvolgimento dell’agenda e delle abitudini quotidiane, e tanto per la lesione della sfera dinamico-relazionale; Del pari, e in ordine al danno morale in senso stretto, si evidenziava come vi fosse una carenza allegatoria in ordine alla concreta sofferenza morale patita nella vicenda.
La Suprema Corte conclude, quindi, affermando che bene ha fatto il giudice del merito nel ritenere che la frettolosa organizzazione presso altra abitazione delle festività religiose non integra una violazione della libertà religiosa, ma un mero disagio che, in quanto tale non era ammissibile a risarcimento.
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