Malasanità: danno biologico intermittente anche se il paziente muore

Al paziente leso da malpractice medica che muore per cause diverse prima della liquidazione è riconosciuto il danno biologico intermittente.

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Al paziente leso dall’evento di malpractice medica che muore per cause diverse prima della liquidazione è riconosciuto il danno biologico intermittente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Tribunale di Catania -sez. V civ.- sentenza n. 862 del 14-02-2024

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Indice

1. I fatti: il caso di malasanità e la morte successiva del paziente


 
Il genitore di un bambino che era stato ricoverato presso un ospedale locale a causa di una recidiva di una malattia di cui era afflitto, aveva adito il Tribunale di Catania, quale esercente la potestà genitoriale del proprio figlio, chiedendo il risarcimento dei danni subiti – per quanto qui di interesse – dal figlio a causa della condotta inadempiente dei sanitari dall’ospedale.
In particolare, l’attore sosteneva che il bambino era stato sottoposto ad un intervento chirurgico per l’inserimento di un CVC attraverso la vena giugulare interna di destra e che nei giorni successivi il CVC aveva mostrato di funzionare correttamente, fino a 6 giorni dopo l’intervento, allorquando era comparso un ematoma sul braccio destro del bambino.
Poiché nei giorni successivi l’edema e il dolore al braccio non si attenuavano, nonostante le cure farmacologiche, il bambino era stato sottoposto all’amputazione del braccio destro, con contestuale rimozione del CVC e il posizionamento di un catetere in una vena periferica.
L’attore chiedeva quindi – per quanto qui di interesse – il risarcimento del danno biologico subito dal figlio, a causa della condotta inadempiente dei medici dell’ospedale nel posizionare il CVC.
Purtroppo, durante il giudizio, il bambino decedeva per cause non collegate all’evento oggetto del giudizio medesimo. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

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Manuale pratico operativo della responsabilità medica

La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

 

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2. Le valutazioni del Tribunale


In primo luogo, il Tribunale ha affrontato l’aspetto relativo alla sussistenza di una responsabilità della struttura sanitaria convenuta.
A tal proposito, il giudice ha ritenuto che dalla CTU espletata in giudizio sia emerso che l’inadempimento dei sanitari dell’ospedale relativamente agli interventi eseguiti sul bambino. Secondo i periti d’ufficio, infatti, sarebbe stato necessario effettuare un trattamento tempestivo di disostruzione dei vasi interessati sia per via farmacologica che per via chirurgica. Attraverso detto trattamento ci sarebbe stata un’elevata percentuale di ristabilire in tempi rapidi il flusso vascolare dell’arto interessato e quindi di prevenire i danni che poi hanno portato alla necessità di amputare detto arto o comunque ci sarebbe stata la possibilità di fare un’amputazione ad un livello più distale con migliori possibilità di un recupero funzionale dell’arto mediante una protesi.
Conseguentemente, il danno biologico permanente subito dal piccolo paziente è stato valutato dal CTU nella misura del 65%.
In secondo luogo, il giudice ha valutato la tipologia di danni risarcibili che derivano dall’evento lesivo verificatosi nel caso di specie e (come visto prima) addebitabile alla struttura sanitaria convenuta.
A tal proposito, il giudice ha ritenuto sussistente un danno non patrimoniale biologico a carico del piccolo paziente (azionabile da parte attrice, prima come esercente la patria potestà del danneggiato e poi come erede del medesimo).
Tuttavia, in considerazione del fatto che il bambino è deceduto in corso di causa per cause diverse da quelle conseguenti ai pregiudizi subiti a causa dell’evento di malpratice medica oggetto di causa, non è possibile ritenere che detto evento imputabile alla struttura sanitaria convenuta abbia causato la morte del paziente, bensì soltanto una lesione della salute psico-fisica del paziente e quindi un danno da invalidità temporanea e permanente (con il conseguente diritto al risarcimento che si è trasmesso all’erede).
Il Tribunale ha poi precisato che il danno da invalidità permanente che si verifica in situazioni del genere è definibile come danno biologico intermittente: in altri termini, si tratta del danno permanente alla salute ricompreso nell’intervallo di tempo che va dalla lesione alla morte del danneggiato (morte non conseguente però alle lesioni causate dall’evento di malpractice medica).
Per quanto riguarda i criteri di quantificazione di detto danno biologico intermittente, non può trovare applicazione il criterio risarcitorio normalmente utilizzato per la liquidazione del danno alla persona quando il danneggiato è ancora in vita (cioè il sistema tabellare in uso presso il Tribunale di Milano). Ciò in quanto detto criterio si basa sull’astratta previsione di una vita media del soggetto danneggiato, invece, nel caso in cui il danneggiato sia deceduto per una causa indipendente dalla lesione, dovrà essere adottato un criterio che limiti la liquidazione del danno al periodo di tempo trascorso tra la lesione e la morte.
Infatti, il criterio ordinario di liquidazione del danno biologico permanente tiene conto del fattore anagrafico del danneggiato, come elemento per calcolare la sua aspettativa di vita (intesa come un evento ancora incerto) e quindi individuare un valore economico correlato a detta aspettativa.
Invece, nel danno biologico intermittente, il danneggiato muore prima che il risarcimento del danno biologico sia liquidato e quindi la sua durata di vita non è incerta, ma è un dato reale e conoscibile con esattezza.
Conseguentemente, il giudice, nel liquidare il danno biologico correlato alla lesione della salute, deve tenere conto della vita effettivamente vissuta dal danneggiato dal momento in cui si è verificato il danno e fino alla sua morte.
La differenza di quantificazione e quindi di criterio da adottare per la liquidazione del danno biologico ordinario rispetto a quello intermittente, dipende dal fatto che la perdita del bene salute (in cui si sostanzia il danno biologico) non può dare luogo allo stesso valore risarcitorio sia nel caso in cui detto bene salute sia perso per tutta la residua vita (astrattamente quantificata) sia nel caso n cui detto bene sia perso solo per alcuni anni.
Infine, il Tribunale ha ricordato che, dopo diversi anni di incertezze sui criteri da applicare per calcolare il danno biologico intermittente, l’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano ha elaborato, per la prima volta nel 2016, delle apposite tabelle.    
In base a dette tabelle, viene utilizzato quale parametro il rapporto tra il risarcimento medio annuo corrisposto ad ogni percentuale invalidante (secondo i valori monetari previsti per il danno biologico ordinario) e l’aspettativa di vita media. In altri termini, il risarcimento medio corrisponde a quanto liquidato mediamente dalla Tabella di Milano per una data percentuale invalidante tra ciò che è liquidabile ad un soggetto di un anno e ciò che è liquidabile ad un soggetto di cento anni. Il risarcimento medio diviso per l’aspettativa di vita media consente di determinare il risarcimento di base per ogni anno di sopravvivenza della vittima.

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3. La decisione del Tribunale: danno biologico intermittente


In applicazione dei principi sopra esposti, il giudice siciliano ha ritenuto di poter liquidare alla parte attrice un danno biologico intermittente, correlato alla lesione della salute subita dal proprio figlio, in base alle apposite tabelle dell’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano.
In particolare, il giudice ha liquidato una somma pari ad €. 55.188,00 a titolo di danno intermittente, in quanto la vittima è deceduta nel corso del secondo anno successivo al sinistro che aveva determinato la lesione al bene salute.
Infine, il giudice ha aggiunto a tale somma l’ulteriore importo spettante a parte attrice, erede del danneggiato, a titolo di danno temporaneo alla salute patito dal proprio dante causa, subito da quest’ultimo prima della sua morte e liquidato in base agli ordinari parametri risarcitori per il danno biologico temporaneo delle Tabelle milanesi.

Avv. Muia’ Pier Paolo

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