L’invito del giudice ad esperire il procedimento di mediazione è valido anche senza l’espressa indicazione del termine previsto dall’art. 5 comma 2 del D. Lgs. n. 28/2010
20 maggio 2020
Qui la sentenza: Corte di Cassazione -VI sez. civ. - ordinanza n. 2775 del 06-02-2020
SOMMARIO: Premessa – Il fatto di causa – La decisione
Premessa
Il giudice può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, ai sensi dell’art. 5 c.2 del D. Lgs. 28/2010, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti.
In tal caso l’avvio della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello.
La lettera della legge stabilisce ulteriormente che il provvedimento con cui il giudice dispone la mediazione debba essere adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni, ovvero, quando tale udienza non sia prevista, prima della discussione della causa.
Il giudice deve, quindi, fissare la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 del D. Lgs. n. 28/2010 (ovvero dopo tre mesi dall’avvio del procedimento di mediazione) e, quando la mediazione non sia già stata avviata, assegnare contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Con l’ordinanza in esame (2) la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla validità del provvedimento con il quale il giudice ha disposto l’avvio del procedimento di mediazione di cui all’art. 5 comma 2 del decreto legislativo n. 28/2010, omettendo di indicare il termine di 15 giorni per la sua instaurazione.
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Il fatto di causa
Un avvocato chiedeva ed otteneva ammissione al passivo per il riconoscimento del proprio credito in relazione all’attività di consulenza legale prestata in favore di una società sottoposta ad amministrazione straordinaria. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2001, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale della art. 54 L. Fall. il legale depositava ricorso ex art. 101 L. Fall. invocando il riconoscimento anche degli interessi maturati sui crediti come assistiti dal privilegio generale e speciale. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda disponendo l’ammissione in privilegio ex art. 2751 – bis c.c. anche degli interessi dovuti sul credito già in origine ammesso, limitandone però la decorrenza in parziale accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla procedura. Il legale proponeva appello contro tale decisione. Il gravame veniva dichiarato improcedibile per mancata ottemperanza all’invito ad attivare la procedura di mediazione di cui al D. Lgs. n. 28 del 2010. Tale invito risultava rivolto alle parti all’udienza di prima comparizione in seconde cure e reiterato alla successiva udienza.
Il ricorrente proponeva, successivamente, ricorso per Cassazione contro la suddetta decisione rilevando la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D. Lgs. n. 28 del 2010.
Ad avviso del ricorrente, infatti, sia il primo che il secondo invito non contenevano l’espressa assegnazione alle parti del termine di 15 giorni per l’avvio della procedura, previsto dall’ art. 5 comma 2, D. Lgs. n. 28 del 2010, risultando omesso, altresì, l’avviso alle parti circa le conseguenze della mancata ottemperanza a tale incombente.
Il ricorrente lamentava, inoltre, la violazione dell’art. 5 comma 2 del D. Lgs. n. 28 del 2010, nonché degli artt. 183, 348, 348 – bis e 350 c.p.c., poiché la Corte d’Appello avrebbe, a suo avviso, dovuto rilevare l’improcedibilità soltanto alla prima udienza ovvero a quella, successiva, cui la causa era pervenuta dopo l’invito alla mediazione, ma non dopo la precisazione delle conclusioni e quindi non in sentenza.
La decisione
La Cassazione con la decisione in commento, ha rigettato il ricorso evidenziando che l’omessa indicazione del termine fisso di 15 giorni di cui all’articolo 5, comma 2 del decreto legislativo n. 28/2010, nel provvedimento con cui il giudice invitava le parti ad avviare il procedimento di mediazione, non fosse idonea a creare alcuna incertezza in capo alle parti e costituisce, al massimo, una mera irregolarità formale.
La Suprema Corte rileva, altresì, che nello specifico caso in esame il ricorrente stesso aveva sostenuto, nel corso del giudizio di appello, di non aver attivato la mediazione avendo già constatato l’indisponibilità della controparte a trattare. Da tale affermazione la Suprema Corte ricava, quindi, che l’invito aveva raggiunto comunque l’effetto desiderato, ovvero quello di rendere il ricorrente edotto di essere stato onerato all’avvio del procedimento di mediazione previsto dal D. Lgs. n. 28 del 2010, con conseguente sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo dell’atto.
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(1) Decreto Legislativo 04/03/2010 n° 28
(2) Corte di Cassazione Civile, Ordinanza n. 2775 del 06/02/2020
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