Licenziamento: illegittimo quello del lavoratore in malattia colto a lavorare occasionalmente presso terzi

Redazione 17/10/13
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Biancamaria Consales

Così ha deciso la sezione lavoro della Suprema Corte di cassazione, che, con sentenza n 23365 del 15 ottobre 2013, ha rigettato il ricorso proposto da una società avverso la decisione della Corte di appello con cui si riteneva illegittimo il licenziamento di un proprio dipendente, sorpreso a svolgere attività lavorativa per terzi mentre era “in malattia”. Nella fattispecie, il prestatore in malattia era stato trovato a lavorare (per tre giorni non interi) presso l’agenzia immobiliare di un congiunto.

Gli Ermellini, dunque, hanno condiviso quanto sostenuto nei precedenti gradi di giudizio, ove si era rilevato che la contestazione della società fosse generica in quanto non offriva elementi precisi circa i fatti contestati e posti a base del licenziamento non essendo stato specificato il numero delle volte in cui l’appellato era stato visto lavorare altrove e la presunta attività compiuta.

Dalla contestazione non emergevano, non essendo indicate le mansioni e i periodi in cui tali mansioni sarebbero state espletate, le possibili conseguenze pregiudizievoli sul processo di guarigione. Anche dal rapporto investigativo, tra l’altro, erano emerse attività tra le più varie e poco impegnative e comunque compatibili con la patologia sofferta dall’appellato così come certificata.

“La condotta addebitata era caratterizzata da occasionalità e sporadicità sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo – si legge nella sentenza – e si doveva escludere che fosse stata espletata un’attività qualificabile come di tipo “lavorativo”. (…) Deve, pertanto, ritenersi che i canoni di correttezza e buona fede non fossero stati violati in quanto lo stato di malattia era indubitabile e le marginali attività espletate non avrebbero, in realtà, potuto rendere più difficile il processo di guarigione, anzi poteva affermarsi che tali attività potevano avere un’incidenza positiva e funzionale per la stessa guarigione”.

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