Licenziamento: è legittimo quello del dipendente infedele anche se non abituale

Redazione 02/05/12
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Biancamaria Consales

Così ha deciso la sezione lavoro della Corte Suprema di cassazione, con sentenza n. 6560 del 27 aprile 2012, pronunciandosi nei confronti di un ricorso presentato da un dipendente dell’Agenzia del territorio, cui l’Amministrazione aveva intimato il licenziamento per essere venuto meno al dovere di fedeltà verso l’Amministrazione stessa.

Nel precedente grado di giudizio, la Corte di appello, confermando la sentenza di prime cure, aveva ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore, dipendente a tempo determinato dell’Agenzia, per le seguenti contestazioni: l’aver consegnato ad una persona estranea all’ufficio la copia di una visura estratta per “uso ufficio” omettendo di incamerare, a favore dell’amministrazione, i diritti concernenti la suddetta attività e l’aver richiesto alla persona stessa il pagamento a suo favore della somma di euro 20; l’aver utilizzato e portato fuori dall’ufficio, per fini privati, la pratica relativa alla voltura di un immobile; l’aver, infine, violato il divieto di svolgere attività di lavoro autonomo o subordinato, divieto previsto per i dipendenti pubblici dall’art. 53 del d.lgs. 165/2001.

Debole è apparsa la difesa del dipendente agli ermellini, i quali hanno confermato quanto stabilito dai precedenti gradi di giudizio, rigettando il ricorso. In particolare, a nulla è valso sostenere l’insufficienza delle prove data dalla inattendibilità dei testi, né appellarsi al principio della gradualità e della proporzionalità della sanzione in relazione alla gravità della mancanza, stante la mancata abitualità della illecita attività contestata.

 La Corte di cassazione ha ribadito, in merito alla inattendibilità delle testimonianze, ritenuta dal dipendente con particolare riguardo ad un teste che aveva in atto un contenzioso penale nei propri riguardi, che l’esame e la valutazione delle risultanze delle deposizioni dei testimoni, il giudizio sulla attendibilità dei testi e la scelta dei mezzi probatori più idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento la propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento. Il controllo di legittimità, dunque, da parte della Corte di cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria degli elementi considerati, ma solo sulla congruenza dal punto di visto dei principi di diritto che regolano la prova.

In merito, poi, al carattere della abitualità, la Corte ha, poi, rilevato che un singolo episodio accertato è sufficiente ad integrare l’ipotesi di svolgimento di attività lavorativa incompatibile con lo status di pubblico dipendente, e, pertanto, giustifica il licenziamento del dipendente, a prescindere dal requisito della abitualità della condotta.

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