Lavoro in nero e il divieto di spostamenti ai tempi del Coronavirus

Redazione 17/03/20
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A seguito dei recenti avvenimenti legati all’epidemia da Coronavirus e delle relative limitazione alla circolazione, sono emerse una serie di complicanze legate al lavoro in nero.

L’evasione parziale attraverso l’utilizzo non corretto di schemi contrattuali: dal lavoro subordinato ai contratti flessibili

Partendo dalla definizione di lavoro irregolare, evidenziata nel paragrafo precedente, quale fenomeno generale che identifica la sfasatura rispetto alle norme di riferimento, occorre soffermarsi sui contratti e sul significato di scostamento dalla disciplina di protezione. A differenza dei rapporti contrattuali comuni, ove il contratto non è solo l’atto costitutivo del rapporto ma è anche la fonte del regolamento negoziale, nel diritto del lavoro il contratto crea l’obbligazione per il lavoratore ma non la governa perché intervengono fonti eteronome, quali le disposizioni del CCNL di categoria o di legge (15).

Nel rapporto di lavoro, infatti, l’autonomia contrattuale è ripartita in modo non uguale a causa della posizione economica di debolezza del lavoratore a cui soccorre la limitazione dell’autonomia privata imposta dalla disciplina imperativa legale, volta a garantire la tutela della parte debole e la correzione dello squilibrio contrattuale. Le norme poste a tutela dell’interesse del lavoratore non hanno una mera funzione di ordine pubblico, ma protettiva, di tutela minimale dell’interesse del lavoratore (16). Quindi l’inderogabilità del regolamento contrattuale nei termini imposti dalla legge e dai contratti collettivi conferisce alla norma legale il primato sull’autonomia privata individuale, nel rispetto del principio della prevalenza del trattamento più favorevole per il lavoratore, parte debole del rapporto contrattuale.

La funzione del diritto del lavoro è stata rinvenuta, infatti, dalla maggioranza degli autori, nella protezione del lavoratore subordinato: il legislatore ha previsto meccanismi di restrizione e sostituzione dell’autonomia negoziale privata con un sistema di norme di ordine pubblico, inderogabili e imperative, a garanzia del rispetto di tali norme protettive. Per questo la dottrina evidenzia che: “le norme integrative del contratto possono assumere carattere dell’inderogabilità quando esse tutelano (…) l’interesse di una delle parti contro la preminente forza contrattuale dell’altra” (17). Ed è per tale ragione, per rendere effettiva la tutela degli interessi del lavoratore, che l’efficacia inderogabile della disciplina del contratto di lavoro trova espressione attraverso il meccanismo della sostituzione legale delle clausole. Così come previsto dalla disciplina generale del contratto, anche per il contratto di lavoro subordinato, nel caso in cui vi sia la violazione di una norma imperativa, la legge prevede che la limitazione dell’autonomia contrattuale, conseguente a tale violazione, sia sanzionata a pena di nullità (18).

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, come evidenziato nel capitolo III, rappresenta il rapporto di lavoro “tradizionale” che garantisce le maggiori tutele al lavoratore. La priorità di questo tipo contrattuale rispetto alle forme di lavoro c.d. flessibili è stata ulteriormente ribadita con il d.lgs. n. 81 del 2015 che, all’art. 1, stabilisce chiaramente che “il contratto di lavoro subordinato a tempo in determinato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”; il contratto di lavoro subordinato è la figura centrale del nostro ordinamento su cui si innestano le altre fattispecie contrattuali che, rispetto ad esso, si pongono in rapporto di eccezione alla regola. Infatti, con il tempo sono state introdotte forme contrattuali di lavoro generalmente qualificate con l’aggettivo “atipiche”, mutuando la definizione dai primi interventi comunitari su quei contratti che non garantivano in molti Paesi dell’UE al lavoratore lo stesso livello di protezione assicurato dal contratto a tempo indeterminato full-time. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano tali contratti non sono però propriamente definibili come atipici, secondo la qualificazione giuridica propria del termine, in quanto, essendo disciplinati dalla legge, sono contratti nominati e specificamente regolati dal legislatore. Secondo la dottrina non possono neanche definirsi “speciali” perché “in forza delle scelte operate dal legislatore, condividono i tratti caratterizzanti tipici del contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato, in particolare grazie alla garanzia di parità di trattamento implicita (nel passato) o esplicita (oggi), assicurata ai lavoratori atipici” (19).

Per le finalità per le quali sono largamente impiegati (per poter acquisire in modo flessibile manodopera, ad esempio lavoro part-time interinale intermittente, ecc.), sono meglio definibili come contratti di lavoro flessibile. Autorevole dottrina evidenzia al riguardo che un rapporto di lavoro subordinato si considera flessibile perché un requisito della prestazione o del rapporto di lavoro deroga alla disciplina tipica del lavoro subordinato d’impresa a tempo pieno o indeterminato, con l’obiettivo specifico di ridurre i costi per l’impresa; i lavoratori, tuttavia, non smettono di essere subordinati, né quindi di vedere applicata la disciplina tipica, eccezion fatta per quegli aspetti che attengono, appunto, alle deroghe: “in altri termini, le discipline flessibili non compromettono l’unità del tipo legale, ma comprimono la fattispecie del lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, destinata a riespandersi quando vengono meno i requisiti della prestazione o del rapporto che hanno determinato l’applicazione della disciplina flessibile” (20). Tali schemi contrattuali flessibili si sono prestati nel tempo ad un loro utilizzo non corretto. Il lavoro flessibile (o “non-standard”) si è diffuso dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso, per soddisfare, come evidenziato, i bisogni occupazionali temporanei delle imprese e nello stesso tempo favorire l’accesso al mercato del lavoro.

Il legislatore, quindi, ha favorito la stipulazione di una serie di contratti genericamente definiti “non standard”, sul presupposto di introdurre tipologie contrattuali speciali che fossero utili a garantire l’acquisizione di manodopera con strumenti flessibili che si adattano alle esigenze delle imprese; strumenti che se utilizzati in modo corretto ed appropriato hanno lo scopo di far emergere dal lavoro nero o irregolare, favorendo l’emersione del lavoro, anche se a prezzo di una minore o diversa tutela dei lavoratori rispetto al “normale” rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (minore o diversa tutela che sarebbe peraltro giustificata dalla sussistenza di diversi presupposti anche di fatto). Di fatto si è riscontrato l’uso non corretto/abuso di tali forme contrattuali, con la conseguenza di un abbassamento di tutele per i lavoratori temporanei che, rispetto a lavoratori che svolgono le stesse mansioni con un contratto standard, rischiano riduzioni salariali e deficit di tutela dei loro diritti fondamentali al lavoro (accesso alle prestazioni sociali e mancanza di tutela prevenzionistica ed antinfortunistica). In tal modo è stata vanificata la ratio della loro previsione ed introduzione nel sistema, dando origine a forme di lavoro irregolare. L’irregolarità quindi si riscontra nell’uso delle singole fattispecie contrattuali sia nel momento genetico che nel corso del relativo rapporto, e si concretizza, come evidenziato, nel mancato rispetto e quindi nello scostamento delle regole previste per quella determinata tipologia contrattuale.

Il presente estratto è tratto da

Il lavoro nero

Il presente volume intende affrontare le diverse sfaccettature del lavoro nero, cercando di guidare il professionista nelle problematiche, di carattere non solo nazionale ma altresì transfrontaliero, che lo caratterizzano. Infatti, il fenomeno è assai complesso e può presentarsi sotto molteplici forme ed aspetti, ponendosi sempre come vulnus di diritti individuali, sociali ed economici: il lavoro non dichiarato ha gravi implicazioni per i lavoratori interessati che si trovano spesso a dovere accettare condizioni di lavoro assai precarie, con retribuzioni inferiori rispetto a quelle contrattual-collettive, con violazioni dei diritti individuali e ridotta tutela in materia di sicurezza sul lavoro, a non avere opportunità di sviluppo delle proprie competenze. Il lavoro nero determina quindi danni sia al lavoratore, sia a tutta la società, per il minor gettito fiscale e dei contributi e all’intera economia per l’evidente distorsione che determina alla concorrenza.Il testo non è una mera ricognizione di commento a disposizioni di legge, ma ha in sé il valore aggiunto di avere sempre sullo sfondo il valore del lavoro e della persona. Michele Di Lecce Magistrato, dal giugno 2003 a febbraio 2012 é stato Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Alessandria. Dal febbraio 2012 al dicembre 2015 é stato Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova e ha assunto anche l’incarico di Procuratore Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo per il distretto di Genova. E’ stato professore a contratto di Diritto Giurisprudenziale del Lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Pavia, nonché docente di Diritto Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Piemonte Orientale. Ha fatto parte di commissioni ministeriali per la riforma del sistema sanzionatorio penale e del diritto penale del lavoro. Fa parte di Comitati Scientifici di riviste giuridiche e tecniche. È stato di recente nominato Garante di Ateneo dall’Università degli studi di Genova per gli anni accademici 2017-2021.Corrado Marvasi, Avvocato, attualmente si dedica alla ricerca in campo giuridico, cercando di coniugare l’esperienza maturata in tanti anni di professione con l’approfondimento del diritto nei suoi vari settori. Autore di diverse monografie in tema di diritti reali, di espropriazione per pubblica utilità, di mandato e di carattere processualistico.

Michele Di Lecce, Corrado Marvasi | 2019 Maggioli Editore

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Irregolarità del corretto dello schema contrattuale

L’irregolarità, inoltre, si riscontra o nell’uso parzialmente corretto dello schema contrattuale o addirittura in forme di totale elusione delle regole di protezione del rapporto di lavoro subordinato. Per quanto attiene all’uso irregolare, si fa riferimento ai contratti di lavoro subordinato flessibili che contengono al loro interno degli elementi di irregolarità; è il caso della dichiarazione parziale (spesso evocata con le espressioni di lavoro grigio sottodichiarato, ecc.) che ricorre quando lo schema contrattuale dichiarato ed utilizzato dalle parti presenta alcuni elementi di difformità rispetto alle regole imposte dall’ordinamento. In altri termini, l’attività viene dedotta in un rapporto di lavoro dichiarato, con l’omissione e/o l’occultamento all’autorità pubblica di alcuni elementi dell’attività stessa, o quantitativi, quali ad esempio la retribuzione, l’orario di lavoro o qualitativi, quali il rispetto di alcuni presupposti o requisiti normativi. Nei contratti di lavoro standard non si possono individuare, a titolo esemplificativo, alcuni casi in cui il tipo contrattuale è stato utilizzato in modo irregolare. Nel contratto di lavoro subordinato part-time:

1) sforamento del tetto previsto per il lavoro supplementare, con pagamento del corrispettivo fuori busta (settore di maggior diffusione, commercio);

2) utilizzo del contratto a tempo parziale, con retribuzione fuori busta della differenza di orario svolto (settore di maggior diffusione, edilizia, dove tale figura contrattuale peraltro suscita perplessità);

3) casi in cui al lavoratore part-time non è riconosciuto come orario lavorativo il tempo necessario al raggiungimento dei luoghi di lavoro dove presta la propria opera durante la giornata, concorrendo al computo della prestazione solo l’orario effettivamente svolto sul posto; si impiega il lavoratore per l’intera giornata, senza che questo comporti nessun riconoscimento in termini retributivi (settore pulizie con luoghi di lavoro diversi);

4) utilizzo di contratti part-time in violazione della norma che prevede una predeterminazione dei tempi di lavoro (settore ristorazione; fenomeno ridotto da utilizzo clausole flessibili). Nel contratto a tempo determinato: 1) mancato rispetto del limite stabilito per la successione dei contratti nel tempo, mancanza di forma scritta; 2) sforamento dei termini di percentuale previsti per le assunzioni a tempo determinato. Nei contratti a causa mista: 1) nell’apprendistato e nel contratto di formazione e lavoro e tirocinio, le irregolarità denunciate si possono far rientrare sotto il comune denominatore dell’assenza di un reale adempimento degli obblighi formativi previsti. Nei contratti a chiamata o di lavoro accessorio:

1) uso improprio del contratto di lavoro intermittente o accessorio, con registrazione parziale delle ore di lavoro svolte.

Nei contratti interinali:

1) sforamento del tetto previsto per le assunzioni; violazione dei limiti e condizioni previsti dalla legge, mancanza di forma scritta del contratto, mancanza dei requisiti del soggetto somministratore, ecc. Tutte le forme di irregolarità possono portare al fenomeno dell’elusione, laddove lo schema contrattuale non standard sia utilizzato con il preciso ed unico scopo di eludere l’applicazione del contratto di lavoro subordinato. Irregolarità ed elusione, infatti, sono strettamente connesse poiché il fenomeno dell’elusione postula un rapporto di lavoro, tipico o atipico, apparentemente rispettoso della legge ma in realtà non solo irregolare, ma posto in essere per occultare un rapporto di lavoro subordinato, con la precisa finalità di eluderne l’applicazione dell’intera disciplina di protezione. Forme di irregolarità di tal genere si annidano, infatti, come si vedrà nel paragrafo 12, nei modelli di lavoro autonomi e parasubordinati, ove si producono di fatto relazioni gerarchiche, con accentramento del potere da una parte e la marginalizzazione del prestatore di lavoro dall’altro, che svolge l’attività secondo i canoni della subordinazione.

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Il lavoro nero

Il presente volume intende affrontare le diverse sfaccettature del lavoro nero, cercando di guidare il professionista nelle problematiche, di carattere non solo nazionale ma altresì transfrontaliero, che lo caratterizzano. Infatti, il fenomeno è assai complesso e può presentarsi sotto molteplici forme ed aspetti, ponendosi sempre come vulnus di diritti individuali, sociali ed economici: il lavoro non dichiarato ha gravi implicazioni per i lavoratori interessati che si trovano spesso a dovere accettare condizioni di lavoro assai precarie, con retribuzioni inferiori rispetto a quelle contrattual-collettive, con violazioni dei diritti individuali e ridotta tutela in materia di sicurezza sul lavoro, a non avere opportunità di sviluppo delle proprie competenze. Il lavoro nero determina quindi danni sia al lavoratore, sia a tutta la società, per il minor gettito fiscale e dei contributi e all’intera economia per l’evidente distorsione che determina alla concorrenza.Il testo non è una mera ricognizione di commento a disposizioni di legge, ma ha in sé il valore aggiunto di avere sempre sullo sfondo il valore del lavoro e della persona. Michele Di Lecce Magistrato, dal giugno 2003 a febbraio 2012 é stato Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Alessandria. Dal febbraio 2012 al dicembre 2015 é stato Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova e ha assunto anche l’incarico di Procuratore Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo per il distretto di Genova. E’ stato professore a contratto di Diritto Giurisprudenziale del Lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Pavia, nonché docente di Diritto Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Piemonte Orientale. Ha fatto parte di commissioni ministeriali per la riforma del sistema sanzionatorio penale e del diritto penale del lavoro. Fa parte di Comitati Scientifici di riviste giuridiche e tecniche. È stato di recente nominato Garante di Ateneo dall’Università degli studi di Genova per gli anni accademici 2017-2021.Corrado Marvasi, Avvocato, attualmente si dedica alla ricerca in campo giuridico, cercando di coniugare l’esperienza maturata in tanti anni di professione con l’approfondimento del diritto nei suoi vari settori. Autore di diverse monografie in tema di diritti reali, di espropriazione per pubblica utilità, di mandato e di carattere processualistico.

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