L’appello penale e le recenti modifiche

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La riforma delle impugnazioni penali è contenuta nel decreto legislativo 06/02/2018 n. 11,  pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2018, recante “disposizioni di modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione”, in attuazione della riforma Orlando, della quale all’articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere f), g), h), i), l) e m), della legge 23/06/2017 n. 103, nota come legge Orlando, di riforma penale.

Il fine della riforma delle impugnazioni penali è quello di limitare che si instaurino giudizi di appello, limitando i poteri di impugnazione delle parti attraverso la valorizzazione del rispettivo ruolo processuale e dei rispettivi interessi ad impugnare.

Questa riforma circoscrive il potere di impugnazione del pubblico ministero e dell’imputato, con dei limiti.

In primo luogo il pubblico ministero deve avere la possibilità di proporre impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato unicamente con ricorso in Cassazione.

Ha subito di conseguenza modifiche anche la disciplina dei casi di appello con alcune limitazioni.

Il pubblico ministero potrà opporre appello alle sentenze di condanna esclusivamente in casi specifici, precisamente quando le stesse modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.

L’articolo 2 del decreto modifica l’articolo 593 del codice di procedura penale, limitando i poteri di appello del pubblico ministero, prevedendo che “Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l’imputato può appellare contro le sentenze di condanna, mentre il pubblico ministero può appellare contro le stesse quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato”.

Il pubblico ministero può proporre appello contro le sentenze di proscioglimento e assoluzione ma potrà impugnare le sentenze di condanna esclusivamente entro determinati limiti fissati dalla legge. La possibilità di appello delle stesse è limitata ai casi nei quali le stesse modifichino il titolo del reato o escludano la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscano una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.

La ratio della inappellabilità è quella secondo la quale le pretese del pubblico ministero e le sue richieste di condanna, se non sussiste un interesse all’impugnazione, sono state soddisfatte con una disciplina analoga a quella dettata in materia di giudizio abbreviato.

La riforma delle impugnazioni penali, introduce l’articolo 593-bis del codice di procedura penale, al fine di risolvere le questioni relative alla possibile sovrapposizione degli uffici accusatori (Procuratore della repubblica e Procuratore Generale).

Si prevede che “Nei casi consentiti, contro le sentenze del Giudice per le indagini preliminari, della Corte d’Assise e del Tribunale può appellare il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello può appellare nei casi di avocazione o se il procuratore della Repubblica abbia prestato acquiescenza al provvedimento”.

In relazione ai poteri di impugnazione dell’imputato, la recente formulazione dell’articolo 593 del codice di procedura penale, consente allo stesso di proporre appello contro le sentenze di condanna mentre viene limitato il potere di appello contro le sentenze di proscioglimento, escludendo la possibilità per l’imputato di appellare sentenze di assoluzione pronunciate con la più ampia formula liberatoria.

In un’ottica di deflazione dei giudizi di appello, gli articoli 593 e 428 del codice di procedura penale, prevedono l’inappellabilità per entrambe le parti (pubblico ministero e imputato) delle sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la pena dell’ammenda o con pena alternativa e le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la  pena dell’ammenda o con pena alternativa.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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