L’amministratore puo’ agire in giudizio per conto del condominio nei confronti di un soggetto che compia immissioni illecite ma non può domandare un risarcimento per i danni subiti dai singoli condomini

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Qui la sentenza: Trib. Roma – V sez. civ. – sentenza n. 243 del 08- 01- 2020

riferimenti normativi: art. 844 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 20553 del 30/08/2017; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4338 del 21/02/2013; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 19223 del 21/09/2011

La vicenda

Un condominio si rivolgeva al Giudice di Pace per accertare la violazione da parte di un condomino dell’articolo 844 c.c. e, conseguentemente ordinare al convenuto la cessazione dei rumori illeciti e di tutti i comportamenti in contrasto con l’articolo 5 del regolamento che vietava di destinare gli appartamenti a sanatori, pensioni, case di alloggio o di farne comunque un uso contrario alla moralità, decenza ed al buon nome dello stabile. In ogni caso si richiedeva la condanna del condomino a risarcire i danni subiti dalla collettività condominiale.

Il convenuto negava l’asserita violazione dell’art. 5 del regolamento condominiale e dell’art. 844 c.c. ed eccepiva il difetto di legittimazione attiva dell’amministratore rispetto al preteso danno da immissioni ex art. 844 c.c. patito dai condomini.

Il Giudice di Pace però dava torto al convenuto, condannandolo al risarcimento dei danni procurati ai condomini in violazione dell’art. 5 del regolamento condominiale e dell’art. 844 c.c.

Il condomino si rivolgeva allora al Tribunale.

La questione

L’amministratore può agire in giudizio per conto del condominio nei confronti di un soggetto che compia immissioni illecite per richiedere un risarcimento per i danni subiti dai singoli condomini?

La soluzione

Il Tribunale ha dato torto ai condomini.

In particolare ha evidenziato la mancanza di prove della condotta illecita ascritta al condomino ed in particolare della destinazione “abituale” dell’appartamento alla specifica attività ricettiva vietata dal regolamento; in ogni caso ha sottolineato anche la mancanza di prova della opponibilità della clausola del regolamento in questione al condomino. Il Tribunale ha ricordato infatti come il divieto di destinazione di un immobile a specifiche attività (ad esempio quella ricettiva), sostanziandosi in un peso imposto sulla proprietà individuale, e, quindi, in una vera e propria servitù, debba necessariamente essere trascritto nei registri immobiliari in apposita nota per essere opponibile all’attuale proprietario ed ai suoi aventi causa. Tuttavia secondo lo stesso Tribunale non è emerso che, nel caso concreto, per la clausola invocata dal condominio sia stata adempiuta tale formalità. In ogni caso il giudice di secondo grado ha sottolineato che l’azione di risarcimento del danno, per l’ipotesi della pretesa violazione dell’art. 844 c.c., avrebbe dovuto essere eventualmente proposta dai singoli condomini ritenutisi danneggiati dalle condotte del condomino e non dal condominio che, quale ente immateriale, non è titolare di alcun diritto alla salute tutelato dal nostro ordinamento, né è, comunque, titolare di diritti reali sull’immobile.

Le riflessioni conclusive

Dall’esame del combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. emerge che la prima norma, al punto 4, fa obbligo all’amministratore di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio; nei limiti di questa attribuzione, l’amministratore del condominio ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Più specificamente viene riconosciuta la legittimazione attiva dell’amministratore ad agire in giudizio senza l’autorizzazione dell’assemblea: per conseguire la demolizione della soprelevazione realizzata in violazione delle prescrizioni e delle cautele fissate dalle norme speciali antisismiche; per ottenere la rimozione di alcuni vani costruiti sull’area solare dell’ultimo piano; per conseguire la demolizione della costruzione effettuata, anche alterando l’estetica della facciata dell’edificio, sulla terrazza di copertura; in via possessoria, contro la sottrazione, ad opera di taluno dei condomini, di una parte comune dell’edificio al compossesso di tutti i condomini.

Non vi è dubbio che l’amministratore possa anche agire in giudizio, nei confronti di un soggetto che compia immissioni illecite al fine di ottenere la cessazione della turbativa a nome della collettività condominiale.

Egli, tuttavia, non potrà domandare un risarcimento per il danno accusato dai singoli condomini in quanto solo essi sono legittimati attivi dell’azione risarcitoria.

In altre parole l’amministratore può agire per il risarcimento solamente nel caso in cui le immissioni coinvolgano (si pensi a quelle elettromagnetiche o di vibrazioni) le parti comuni del condominio e quindi egli giustamente domandi un risarcimento per lo stesso condominio. L’amministratore di condominio, perciò, può agire per quanto di sua competenza, per la tutela del condominio, delle sue parti comuni e del suo decoro architettonico e non può mai, neanche con una delibera assembleare resa all’unanimità, agire a tutela dei diritti dei singoli condomini.

Quindi, dal punto di vista della legittimazione attiva, nel caso in cui le immissioni fossero subite (ed i disagi conseguenti si verificassero) nelle parti comuni dell’edificio condominiale, il soggetto legittimato a promuovere l’azione sarà il condominio in persona del suo amministratore. Bisogna però chiarire se per la promozione dell’azione l’amministratore debba essere autorizzato o meno dall’assemblea; a tale proposito bisogna distinguere tra l’azione cautelare (per la cui promozione da parte dell’amministratore non sarà necessaria la delibera) e il giudizio in via ordinaria (per la cui promozione sembra invece che una delibera dell’assemblea sia necessaria, non rientrando la fattispecie nella previsione dell’art. 1131, comma 1, c.c.).

Bisogna tenere conto però che in caso di violazione di una clausola del regolamento del condominio in materia di immissioni l’amministratore potrà agire senza necessità della delibera dell’assemblea perché tra i suoi compiti vi è quello di «curare l’osservanza del regolamento di condominio» (art. 1130, n. 1, c.c.).

Naturalmente nei casi ora indicati (immissioni e disagi nelle parti comuni) potrà riconoscersi anche il potere dei singoli condomini di promuovere il giudizio in relazione alle immissioni.

Infatti, configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale; non sussistono impedimenti, pertanto, a che i singoli condomini, non solo intervengano nel giudizio in cui tale difesa sia stata assunta dall’amministratore, ma anche si avvalgano, in via autonoma, dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato dall’amministratore (Cass. civ., Sez. II, 21/09/2011, n. 19223).

Qualora le immissioni intollerabili siano subite in locali costituenti parte di proprietà esclusiva nell’edificio condominiale il soggetto che potrà promuovere l’azione sarà solamente il condomino che subirà le immissioni, restando esclusa la legittimazione dell’amministratore.

Tuttavia nel caso in cui i rumori eccedenti la normale tollerabilità siano prodotti nei locali di proprietà comune o comunque provengano da impianti condominiali, il soggetto legittimato passivo rispetto all’azione per le immissioni sarà il condominio in persona del suo amministratore. In questo caso – stante la regola generale della legittimazione passiva dell’amministratore del condominio – ex art. 1131, comma 2, c.c. – quale rappresentante del condominio con riguardo alle parti comuni non sarà necessaria una delibera dell’assemblea perché l’amministratore rappresenta il condominio nel giudizio.

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