La tutela dei minori nella programmazione televisiva è un bene giuridico rilevante

Redazione 06/10/11
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In una situazione di contrasto (e di necessario bilanciamento) fra il diritto alla cronaca e all’informazione, e il diritto di tutela dei minori, entrambi costituzionalmente protetti, va privilegiato quello dei minori, considerando per converso recessivo gli altri con esso confliggenti. Questo l’indirizzo accolto dal Tar Lazio, sez. III ter, nella sentenza n. 7694 del 4 ottobre che si conclude con il rigetto del ricorso per l’annullamento della delibera con la quale la Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha condannato la ricorrente società emittente televisiva al pagamento di una sanzione pecuniaria pari ad euro 50.000,00.

Nella fattispecie veniva riscontrato dal Garante che diversi servizi di cronaca nera, prevalentemente a sfondo familiare, anche coinvolgenti minori, erano caratterizzati dall’impiego di una terminologia particolarmente forte ed impressionante, non strettamente funzionale alla comprensione delle notizie ed accompagnati dalle immagini delle vittime dei reati. Il tutto accadeva nella fascia oraria di programmazione protetta in assenza di alcun presidio atto a dissuaderne la visione da parte dei minori.

Non può nascondersi, allo stato, la crescente sensibilizzazione da parte della pubblica opinione nei confronti della tutela dei minori, attenzione che si è esternata, invero, in tutte le sedi, politiche, istituzionali, culturali, sociali ed anche da parte degli organi di informazione, specie con la crescente diffusione dei mezzi di comunicazione mediatica.

Del resto anche i diversi provvedimenti normativi evidenziano, come il legislatore abbia conferito alla tutela degli utenti minori dei mezzi di comunicazione un particolare rilievo, rendendo obbligatoria la dettagliata disciplina contenuta nel Codice di autoregolamentazione a tutela dei minori, e traducendo le regole di comportamento ivi declinate in precisi precetti normativi alla cui violazione è correlato il potere sanzionatorio dell’AGCOM.

In particolare vengono in rilevo, in quanto interessati dalla tematica oggetto della controversia:

a) l’art. 31 della Costituzione, laddove al comma 2 si prevede che la Repubblica … protegge l’infanzia, riconoscendo, dunque, a detta tutela il rango costituzionale (protezione che ha poi trovato autorevoli conferme anche a livello internazionale, come nella convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176);

b) l’art. 4, del D.Lgs. 177/2005 (Testo unico della radiotelevisione) che opera il bilanciamento tra beni tutti meritevoli di tutela, prevedendo un divieto relativo alla messa in onda di trasmissioni suscettibili di ledere lo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori, attraverso l’adozione di particolari cautele. Esso, in particolare, nel delineare i principi generali del sistema radiotelevisivo a garanzia degli utenti, garantisce, tra l’altro: la trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona, essendo, comunque, vietate le trasmissioni che contengono messaggi cifrati o di carattere subliminale o incitamenti all’odio comunque motivato o che inducono ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità o che, anche in relazione all’orario di trasmissione, possono nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori o che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche, salve le norme speciali per le trasmissioni ad accesso condizionato che comunque impongano l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo;

c) il Codice di autoregolamentazione relativo alla TV e minori, emanato dall’allora Ministero per le Telecomunicazioni il 29 novembre 2002, e contenente l’impegno assunto e sottoscritto da vari operatori del settore radiotelevisivo (fra i quali anche la stessa società ricorrente), a prendere il testo dello stesso Codice quale riferimento unico in materia, al fine di dare effettività e concretezza alla tutela dei diritti e dell’integrità psichica e morale, sia nella parte in cui sono definite le norme di comportamento che le norme di diffusione e controllo. In particolare, i par. 1.2, lett. a), 2.3 e 3.1, del Codice prevedono l’impegno delle emittenti … a non diffondere nelle trasmissioni di informazione in onda dalle ore 7.00 alle ore 22.30: a) sequenze particolarmente crude o brutali o scene che, comunque, possano creare turbamento o forme imitative nello spettatore minore; b) notizie che possano nuocere alla integrità psichica o morale dei minori; .. a dedicare nei propri palinsesti una fascia “protetta” di programmazione, tra le ore 16.00 e le ore 19.00, idonea ai minori con un controllo particolare sia sulla programmazione sia sui promo, i trailer e la pubblicità trasmessi.

Da tali citate disposizioni, il Collegio asserisce, è possibile enucleare sia precisi divieti di carattere generale, che devono intendersi applicabili in senso assoluto e trasversalmente a qualunque tipo di trasmissione, (ci si riferisce al divieto di messa in onda di scene di violenza gratuita o pornografiche o che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità), sia un ulteriore specifico divieto funzionale alla tutela dello sviluppo fisico, psichico o morale dei minori.

Divieto quest’ultimo che diversamente dagli altri assume valenza relativa, e cioè deve essere ragguagliato alle trasmissioni potenzialmente idonee a ledere lo specifico bene protetto, ma, tuttavia, suscettibile di deroga solo allorché la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico consentano di escludere che i minorenni che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a tali programmi (si richiama sul punto Cass. Civ, Sez. I, 6 aprile 2004, n. 6760). (Lilla Laperuta)

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