La scuola che vorrei

Redazione 01/12/18
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di Giacomo Stella

Una scuola che ‘promuove’

Partiamo dall’ingresso. Sull’architrave del portone dovrebbe esserci la scritta “nessuno è somaro”. Per chiarire subito, meglio di ogni altro discorso complesso o titolo arzigogolato, che chi varca quella soglia sa di trovare ascolto, opportunità, rispetto e accoglienza.

Io rifiuto il termine ‘scuola inclusiva’, perché la necessità di dichiararsi in questo modo significa riconoscere che in realtà esiste una scuola esclusiva, o meglio escludente. Ed è proprio così: la scuola, non solo nell’idea degli insegnanti, ma anche nell’immaginario e nelle aspettative delle famiglie, è un posto dove si classifica, si dividono i bravi dai meno bravi ed eventualmente si separano quelli che non ce la fanno da quelli che riescono.

Io invece immagino una scuola che ‘promuove’ e questo termine oggi sembra in controtendenza perché il bravo insegnante è quello che boccia, e la buona scuola è quella dove ci sono pochi extracomunitari. Andando avanti di questo passo avremo scuole sempre più differenziate ed esclusive e le scuole inclusive saranno in realtà il ricettacolo di coloro che hanno dei problemi e sinonimo di scuole scadenti. Le scuole per somari.

Offrire ‘ganci’ per le idee ingenue

La scuola deve promuovere le competenze e le capacità di ciascuno; per farlo deve prima farle emergere. Deve scoprire cosa sa il bambino ma anche cosa sanno gli studenti delle medie, delle superiori e anche dell’università.
Uno degli ostacoli principali ad assumere questa prospettiva deriva dal fatto che la scuola crede che i suoi studenti imparino esclusivamente dai docenti.

Non c’è l’idea che l’apprendimento sia un processo attivo che nasce dalle idee di chi apprende e non da quelle di chi sa quindi la lezione frontale diventa indispensabile e le informazioni ‘buone’ devono arrivare dagli insegnanti.
In realtà il processo di crescita delle conoscenze necessita di entrambi: chi sa e chi crede di sapere.

Il bambino, ma anche l’adolescente, hanno le loro idee sul mondo, idee ingenue, spesso non corrette, ma idee che fanno parte in quel momento della sua enciclopedia personale. In genere l’insegnante non è interessato a conoscerle perché comunque lui è il depositario delle idee ‘buone’, della conoscenza esatta. Il suo compito è quello di travasarla nell’alunno che, siccome non sa, è considerato alla stregua di un contenitore vuoto.
(continua a leggere…)

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