La confisca (art. 322 ter c.p.)

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La confisca (art. 322 ter c.p.) è stata introdotta dalla L. n. 300/2000 in attuazione della Convenzione sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali.

La confisca (art. 322 ter c.p.) è disciplinata nel libro secondo del codice penale – Dei delitti in particolare – Titolo II – Dei delitti contro la pubblica amministrazione – Capo I – Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

Confisca (art. 322 ter c.p.)

L’articolo in scrutinio è stato introdotto dalla L. n. 300/2000 in attuazione di quanto deciso con la Convenzione sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, firmata a Parigi il 17/12/1997.

Considerando la corruzione come un fenomeno preoccupante e particolarmente diffuso nelle relazioni economiche e che mina il corretto svolgimento degli affari pubblici, dello sviluppo economico e della materia della concorrenza, gli Stati firmatari della Convenzione si sono adattati di un corpus uniforme, mediante il quale trattare e sanzione allo stesso modo situazioni analoghe.

Poiché il dovere di contrastare l’allarmante piaga della corruttela grava su tutti gli Stati membri dell’UE, si sono configurate una serie di misure per scoraggiare, prevenire e combattere la corruzione di pubblici ufficiali stranieri in relazione alle operazioni economiche internazionali in conformità agli elementi comuni concordati ed ai principi giuridici fondamentali di ciascun Paese, affermando la centralità dei governi nel prevenire fenomeni corruttivi, riconoscendo l’importanza della cooperazione in tale ambito. Inoltre, la Convenzione grava ogni Stato membro l’obbligo di adottare misure idonee affinché i proventi della corruzione o beni ad essa riconducibili possano essere oggetto di sequestro e confisca.

Il legislatore ha, dunque, introdotto un’ipotesi speciale di confisca, che va ben oltre i limiti previsti dalla misura di sicurezza generale prevista dall’art. 240 c.p. per l’obbligatorietà del profitto del reato. Di fatto, risulta ictu oculi la differenza con l’art. 240 c.p. poiché l’obbligatorietà della confisca si estende anche al profitto disponendosi anche nel caso di applicazione della pena su richiesta (cd. “patteggiamento” art. 444 c.p.p.). La norma va coordinata con l’art. 335 bis (disposizioni patrimoniali)  introdotto dal legislatore con la L. 27 marzo 2001, n. 97.

La norma in commento ha finalità preventiva e allo stesso tempo una funzione punitiva avverso quelle condotte delinquenziali volte a minare il buon andamento della pubblica amministrazione, punendo l’esercizio infedele del ruolo pubblico rivestito dal soggetto attivo.

Per meglio comprendere la disciplina in commento è bene fare chiarezza su alcune nozioni di base: secondo giurisprudenza maggioritaria il “profitto” va identificato come l’utile conseguito in seguito alla realizzazione del delitto; il “prezzo” è individuato nel compenso pattuito e ottenuto da un soggetto ben determinato per l’esecuzione dell’atto illecito; il “prodotto” del reato è rappresentato dal risultato, ossia il guadagno che il reo ottiene direttamente dalla propria condotta antigiuridica. In sostanza, il prezzo del delitto è rappresentato dal corrispettivo ricevuto per la realizzazione dello stesso, il profitto identifica, invece, l’utilità economica che si consegue. Tale differenza, oggi, non rileva poiché grazie alla norma in scrutinio è prevista la confisca anche “per equivalente”.

Dalla lettura della norma di cui all’art. 322 ter c.p. emerge la consapevolezza, anche in sede internazionale, in merito all’esigenza di predisporre misure volte a contrastare la criminalità organizzata. La norma de qua configurando l’applicazione della confisca “per equivalente” non richiede alcuna prova in merito al nesso di pertinenza fra reato e beni da sottoporre a confisca, essendo tuttavia necessaria la commissione del reato di corruzione.

Qui giunti, appare utile richiamare il testo della norma: “Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322 bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto..

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322 bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322 bis, secondo comma.

Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

Il primo comma equipara prezzo e profitto, riferendosi, di fatto, a qualsiasi utilità suscettibile di valutazione economica, conseguente alla commissione del delitto, ovvero l’indebito percepito dal reato.  L’equivalenza tra prezzo e profitto è stata raggiunta con la novella di cui all’art. 1 della l. 6 novembre 2012, n. 190 che, nella parte finale del primo comma, ha aggiunto al periodo “…per un valore corrispondente a tale prezzo” l’indicazione “o profitto”.

Il secondo comma, contrariamente al primo, prescrive un limite minimo, tale valore deve essere “… comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al…” pubblico agente operante contro legge. La confisca del prezzo della corruzione, pur non essendo disciplinata letteralmente dalla norma, viene ad aversi in via sussidiaria in tutte quelle situazioni dove manca un profitto confiscabile o avente un valore minore a quello del prezzo.


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A questo punto, per completezza dell’esposizione, è doverosa una breve disamina riguardante l’acceso dibattito dottrinario-giurisprudenziale antecedente la Legge 190 del 2012.

La formulazione letterale della norma de qua – nel testo precedente la riforma – aveva alimentato un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale in merito all’opportunità di disporre la confisca per equivalente non soltanto del prezzo ma anche del profitto del reato.

A fronte dell’orientamento prevalente, che escludeva la possibilità della confisca per equivalente al profitto del reato, basandosi sulla lettera della norma che correlava la confisca al solo prezzo del reato, l’orientamento minoritario considerava possibile la confisca per equivalente riguardante il valore inerente sia il profitto sia il prezzo.

L’acceso dibattito era stato risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. I Giudici di Piazza Cavour aderendo alla lettera dell’art. 322 ter c.p., e quindi alle ragioni dell’orientamento prevalente, avevano statuito che: “la confisca per equivalente, disciplinata dall’art. 322 ter c.p. può essere disposto, in base al testuale tenore della norma, soltanto per il prezzo e non anche per il profitto del reato” ( Cass. S.U. n. 38691/2008).

Oggi, certamente, il dibattito è da considerarsi superato con la novella del 2012. Si tratta, tuttavia, di una modifica che trova applicazione soltanto per i fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della riforma. Così sul punto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione: La confisca per equivalente, introdotta per i reati tributari dall’art. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall’art. 200 cod. pen., non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata”. (Cass. S.U. n. 18374/2013).

In merito alla confisca per equivalente si segnala il recente arresto giurisprudenziale: “In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente art. 322-ter cod. pen., non possono essere considerate profitto del reato di peculato le somme corrispondenti alle ritenute fiscali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni corrisposte agli autori dell’illecito, in quanto, essendo versate in via immediata all’Erario, non entrano nella loro diretta disponibilità patrimoniale e non realizzano alcun vantaggio economico per gli stessi”. (Cass. n. 26969/2019) Ed ancora: “Ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322-ter cod. pen. della somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, la misura preventiva reale si estende ai beni comunque nella disponibilità dell’indagato, senza che a tal fine possano rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834) per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la possibilità nel prosieguo di procedere ad un effettivo accertamento dei beni di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato”. (Cass. n. 36175/2017).

Una tematica, attualmente, dibattuta è la seguente: è consentito il sequestro preventivo, funzionale alla confisca prevista dall’art. 322 ter c.p., disposto ai danni di un correo per l’ammontare totale inerente al prezzo o al profitto dello stesso reato, sebbene le somme derivanti dal reato siano state incassate in tutto o in parte da altri?

Un primo orientamento sostiene che nel caso di concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.) il prezzo o il profitto del reato confiscabile ai sensi dell’art. 322 ter c.p. deve essere calcolato pro quota e non moltiplicato per il numero dei correi. A sostegno di tale tesi si osserva che il prezzo o il profitto del reato nonché il valore ad essi riconducibile delinea l’ammontare assoluto della confisca impedendo la moltiplicazione, dello stesso, per il numero dei correi, i quali subiscono la confisca pro quota e non per l’intero ammontare.

Altro orientamento sostiene, invece, che il sequestro è finalizzato ad assicurare l’effettività della confisca che si dovrebbe conseguire (art. 640 quater c.p. – applicabilità dell’articolo 322 ter – e art. 322 ter c.p.).

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