La competenza del giudice per i reati tributari si incardina nel luogo ove è stato fatto l’accertamento

Redazione 25/06/13
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Lucia Nacciarone 

La regola, come avvisa la Corte suprema di cassazione con la sentenza n. 27696 del 24 giugno 2013, avviene nei casi in cui sia impossibile individuare il posto esatto di commissione dei reati.

La vicenda ha riguardato un imprenditore accusato di occultamento e omessa esibizione agli uffici finanziari di documenti contabili e fiscali rilevanti, quindi di evasione fiscale.

Poiché la sede della società era cambiata ripetutamente, era difficile individuare con certezza il luogo di commissione dei reati, e il tribunale adìto (il tribunale del domicilio fiscale della società intestata all’imprenditore) aveva ravvisato la propria incompetenza territoriale.

Il Gip, depositando gli atti alla suprema Corte, aveva evidenziato come fra tutti i reati contestati esistesse il vincolo della continuazione, e come, non essendo noto il luogo ove l’imputato avesse effettivamente occultato o distrutto la documentazione contabile, dovesse prevalere, ai fini dell’individuazione del giudice competente, la regola di cui all’art. 18, comma 1, del D.Lgs. 74/2000, secondo cui la competenza appartiene al giudice del luogo dell’accertamento del reato, nella fattispecie essendo irrilevante il domicilio fiscale.

La prima sezione penale della Cassazione ha quindi confermato che nel caso di specie dovesse farsi riferimento per l’appunto alla norma richiamata che radica la competenza dinanzi al giudice del luogo dell’accertamento tributario, con prevalenza rispetto alla norma di cui all’art. 8 del codice di procedura penale, e ciò ogniqualvolta che non sia possibile, per indeterminatezza, individuare un diverso luogo di commissione dei reati.

La cassazione ha quindi dichiarato l’incompetenza del giudice adìto rinviando ad altro tribunale tutti gli atti per la trattazione della causa.

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