Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 17266 pubblicata il 10 ottobre 2012 i giudici di legittimità hanno fatto luce sui presupposti per l’assegnazione ereditaria, intervenendo a definire una lite causata dal fatto che un anziano signore aveva lasciato la nuda proprietà di un prestigioso immobile al suo unico nipote maschio, allo scopo di consentire che la residenza continuasse a portare il cognome di famiglia.
La preziosa residenza costituiva la parte più cospicua del patrimonio, e perciò la zia del beneficiario della villa aveva esercitato l’azione di riduzione: il nipote, sottolineano i giudici, riveste in questi casi il ruolo di ‘chiamato all’eredità’, e non di semplice legatario, col risultato che l’azione di riduzione è esercitabile per rimediare alla lesione della quota di riserva degli eredi legittimi.
Con riferimento alla distinzione fra eredità e legato, continuano gli ermellini, l’assegnazione di beni determinati deve interpretarsi, ai sensi dell’articolo 558 del codice civile, come disposizione ereditaria qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se il testatore abbia voluto attribuire singoli beni.
Nel caso di specie l’anziano testatore aveva istituito erede il nipote in due schede testamentarie, specificando anche che a lui intendeva far restare la proprietà dell’immobile in quanto unico maschio della famiglia. E, considerato che l’anziano testatore aveva un elevato grado di cultura, era secondo i giudici pienamente in grado di capire quali conseguenze potessero scaturire dall’istituzione ereditaria: inoltre, il nipote aveva anche effettuato l’accettazione di eredità.
Pertanto, i coeredi posso esercitare l’azione di riduzione e il prezioso immobile rientra nell’asse ereditario.
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