L’intensità dei legami tra nonni e nipoti giustifica la richiesta di risarcimento del danno morale.

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Con sentenza n. 40717 del 9 ottobre 2015, la Corte di Cassazione, Sez. Pen. VI, ha riconosciuto la legittimazione dei nipoti, seppur non conviventi, a  richiedere il risarcimento del danno morale a seguito della morte di un prossimo congiunto.
La questione attiene al ricorso proposto da un automobilista, condannato per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme del codice della strada, avendo cagionato la morte di un pedone in fase di attraversamento della strada sulle strisce pedonali.               Il Supremo Consesso respinge il suddetto ricorso, enunciando un principio chiarificatore in punto di legittimazione e ribadendo quanto già noto in merito alla prudenza doverosa, da parte del conducente del veicolo. Più precisamente, viene sostenuto il principio in forza del quale, intanto può escludersi la responsabilità del conducente ove questi si trovi impossibilitato, nonostante la diligenza richiesta, ad  “avvistare” il pedone e a percepire i movimenti inattesi e repentini di quest’ultimo. È, inoltre, necessario escludere qualunque forma di violazione delle norme in materia di circolazione stradale e delle regole di comune prudenza (sul tema, cfr. sentenza Leonini). Attese tali considerazioni sulla responsabilità dell’automobilista, la Corte di Cassazione riconosce la legittimazione alla costituzione di parte civile da parte dei nipoti della vittima, ritenendo che “l’art. 74 c.p.p., stabilisce che l’azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno, di cui all’art. 185 c.p., può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha creato il danno”. Ne consegue che, i prossimi congiunti “indipendentemente dalla loro qualità di eredi, sono legittimati ad agire per il ristoro dei danni morali sofferti a causa della morte del congiunto, a nulla rilevando la convivenza o meno con la vittima, in presenza di vincolo di sangue che risente, sul piano affettivo, della morte, ancorché colposa, del congiunto”. Viene precisato altresì, che “la risarcibilità dei danni morali per la morte di un congiunto causata da atto illecito penale richiede, oltre all’esistenza del rapporto di parentela, il concorso di ulteriori circostanze tali da far ritenere che la morte del familiare abbia comportato la perdita di un effettivo valido sostegno morale”, condizioni sussistenti nel caso preso in esame.

Salvati Cristina

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