Lucia Nacciarone
A deciderlo è la Cassazione con la sentenza n. 17941 del 24 luglio 2013, che ha imposto alla donna il rilascio dell’immobile ai proprietari. Sulla valutazione ha pesato il fatto che la casa fosse stata concessa in comodato in virtù del matrimonio del figlio, e, una volta entrato questo in crisi, l’ex nuora ha perso ormai titolo per rimanervi.
Il fatto che l’immobile rappresentasse la residenza coniugale, fa sì che i legittimi proprietari possano richiederne la restituzione una volta finito il rapporto di coniugio fra i due giovani, e che il rifiuto della nuora di liberarlo configuri una occupazione abusiva.
La donna, invero, è anche condannata e risarcire i danni ai proprietari per aver restituito la casa in ritardo, e dal computo non vanno detratte le spese sostenute per i miglioramenti: invero, la donna è parte del rapporto di ‘prestito’ della casa, e il comodatario che ha bisogno di sostenere spese straordinarie per utilizzare il bene può scegliere liberamente se farvi fronte o meno.
E dal momento che lo fa, ciò avviene nel suo esclusivo interesse ed è perciò escluso che possa pretendere dal comodante il rimborso delle somme, anche se gli interventi effettuati comportano evidenti miglioramenti per il bene conteso.
Insomma, una volta venuto meno il matrimonio, il motivo del comodato, la donna non può rimanere nella casa concessa dai suoceri: e al rifiuto di rilasciare l’immobile si configura non una situazione di possesso ma di detenzione abusiva con l’obbligo di risarcire il danno.
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