Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam): bisognerà aspettare il 2014 per la loro regolamentazione

Redazione 30/03/12
Scarica PDF Stampa

Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 11714 del 28 marzo 2012 la Cassazione si è pronunciata in merito all’applicabilità della disciplina contenuta nella legge 62/2011, con cui, attraverso l’introduzione del nuovo articolo 285bis nel codice di procedura penale, è stata prevista la custodia cautelare in istituti a custodia attenuata per le detenute madri di prole di età inferiore agli anni sei.

La nuova disciplina si inserisce nel quadro generale della riorganizzazione delle carceri, ma l’apertura e la regolamentazione degli istituti, secondo quanto prevede la legge, è prevista per il 2014: perciò la Corte suprema, nel caso di specie, ha stabilito che non rientrano nella nuova misura i casi attuali.

Il funzionamento degli Icam, infatti, deve ancora essere disciplinato con apposito regolamento, e allo stato attuale si conta un solo istituto deputato al ricovero delle detenute madri, peraltro in fase di sperimentazione.

La nuova legge sulle detenute madri spigherà i suoi effetti soltanto a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a decorrere dal 1 gennaio 2014.

Nel caso di specie la donna, madre di un bimbo di quattro anni, scontava la misura cautelare in carcere già da diverso tempo, per spaccio di droga: la difesa, inoltre, nel ricorso sollevava altre due doglianze: anzitutto, dopo l’intervento della Corte costituzionale sull’articolo 275 del codice di procedura penale, la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere non è più valida per una serie di reati, in secondo luogo, per giustificare la permanenza di una misura così grave occorrerebbe la dimostrazione della permanenza della esigenza cautelari.

Premesso che la Corte ha precisato che, considerando l’epoca dei fatti, la sentenza della Corte costituzionale che modifica l’articolo 275 non può riguardare il caso di specie, con riferimento invece al secondo aspetto, la valutazione dei giudici di merito è stata carente.

Perciò il provvedimento che aveva confermato il carcere è affetto da vizio di motivazione e la parola torna al giudice di merito.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento