Quando l’inammissibilità del ricorso per Cassazione non comporta il pagamento delle spese processuali.
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Indice
1. La questione
Il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava una misura del divieto di dimora, applicata dal GIP del Tribunale di Cosenza, in ordine al reato di tentata estorsione.
Ciò posto, avverso questa ordinanza il ristretto, a mezzo del suo difensore di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso era dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Oltre a ciò, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che, una volta disposta la revoca della misura cautelare di cui si voleva ottenere l’annullamento, non vi era più alcun interesse ad impugnare, atteso che l’interesse ad impugnare richiamato dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente, id est sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (cfr. Sez. U, n. 42 del 13/12/1995; in senso conforme, ex multis Sez. 3, n. 30547 del 06/03/2019) – rilevavano altresì che “l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente, come la successiva revoca del provvedimento impugnato, comporta che quest’ultimo non possa essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza” (Sez. 3, Sentenza n. 29593 del 26/05/2021).
In questi termini, il ricorso in questione era pertanto dichiarato inammissibile, non facendosi però luogo alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell’ammenda.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando l’inammissibilità del ricorso per Cassazione non comporta il pagamento delle spese processuali.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che l’inammissibilità del ricorso per Cassazione, per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente, comporta che quest’ultimo non possa essere condannato, né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza.
Pertanto, ove ricorrano ambedue queste condizioni (ossia: un ricorso per Cassazione inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse nella misura in cui ciò sia dipeso da una causa non imputabile al ricorrente), colui, che ha proposto ricorso dinnanzi ai giudici di piazza Cavour, non può essere condannato, sia al pagamento delle spese processuali, che al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende.
Orbene, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesto provvedimento, perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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