Esigenze cautelari: superamento presunzione per effetto del tempo

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La presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può considerarsi superata per effetto del decorso di un tempo considerevole tra l’emissione della misura e i fatti contestati?
Per approfondimenti sul tema delle esigenze cautelari, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare.

Corte di Cassazione -sez. II pen.- sentenza n. 16397 del 9-04-2024

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Indice

1. La questione: la presunzione di sussistenza esigenze cautelari


Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari personali, respingeva un’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. avanzata nell’interesse di una persona ritenuta gravemente indiziata di fare parte di un’associazione camorristica.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva difetto di motivazione rilevante, sotto il profilo della contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa, in ordine al requisito della stabile rescissione dei legami con il gruppo criminale. Per approfondimenti sul tema delle esigenze cautelari, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare.

FORMATO CARTACEO

Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

Aggiornato al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) e alla L. 30 dicembre 2022, n. 199, di conv. con mod. del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Decreto Nordio), il presente volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali. Anche attraverso numerosi schemi e tabelle e puntuali rassegne giurisprudenziali poste in coda a ciascun capitolo, gli istituti e i relativi modi di operare trovano nel volume un’organica sistemazione al fine di assicurare al professionista un sussidio di immediata utilità per approntare la migliore strategia processuale possibile nel caso di specie. Numerosi sono stati gli interventi normativi degli ultimi anni orientati nel senso della differenziazione della pena detentiva: le successive modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario, la depenalizzazione di alcuni reati; l’introduzione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto; la previsione della sospensione del processo con messa alla prova operata; le stratificate modifiche dell’ordinamento penitenziario. Con attenzione alla novità, normativa e giurisprudenziale, e semplicità espositiva, i principali argomenti trattati sono: la prescrizione; l’improcedibilità; la messa alla prova; la sospensione del procedimento per speciale tenuità del fatto; l’estinzione del reato per condotte riparatorie; il patteggiamento e il giudizio abbreviato; la commisurazione della pena (discrezionalità, circostanze del reato, circostanze attenuanti generiche, recidiva, reato continuato); le pene detentive brevi (sanzioni sostitutive e doppi benefici di legge); le misure alternative, i reati ostativi e le preclusioni; le misure di sicurezza e le misure di prevenzione. Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, la presunzione relativa di pericolosità sociale, di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., come novellato dalla legge n. 47 del 2015, può essere superata solo quando dagli elementi a disposizione del giudice emerga che l’associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa (Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016), tenuto conto altresì del fatto che, sempre in tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. non è superata per effetto del decorso di un tempo considerevole tra l’emissione della misura e i fatti contestati qualora risultino accertate la consolidata esistenza dell’associazione, la pregressa partecipazione alla stessa dell’indagato e la sua perdurante adesione ai valori del sodalizio (Sez. 6, n. 19787 del 26/03/2019), fermo restando che l’irrilevanza del tempo trascorso dalla consumazione dei fatti ai fini del superamento della presunzione è stabilita anche da altre pronunce secondo cui in tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari (Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021).
Orbene, alla stregua di tale quadro ermeneutico, per gli Ermellini, come accennato già prima, il motivo suesposto era reputato infondato poiché, a fronte della perdurante attività svolta dal nucleo criminale della cui partecipazione era accusata la ricorrente, il giudice del riesame aveva sottolineato l’insussistenza di elementi per affermare l’irrevocabile interruzione del legame associativo che solo poteva dimostrare l’assenza di attualità delle esigenze cautelari.
La Corte di legittimità, pertanto, riteneva di dovere riaffermare, in adesione all’orientamento già citato (Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021), che, in tema di adozione di misure cautelari per il delitto di partecipazione ad associazione di cui all’art. 416 bis cod.pen., in presenza di concreti elementi che dimostrino la prosecuzione delle attività delittuose da parte del gruppo criminale di appartenenza, la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere dettata dall’art. 275 comma terzo cod. proc. pen. può essere superata solo a fronte dell’accertata rescissione ed interruzione del legame dell’indagato con lo stesso ente criminale.
Tal che se ne faceva conseguire come, nel caso in esame, per i giudici di piazza Cavour, fosse corretta la valutazione del giudice del riesame della irrilevanza del c.d. tempo silente pur a fronte di condotte individuali, risalenti a molti anni orsono.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito se la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può considerarsi superata per effetto del decorso di un tempo considerevole tra l’emissione della misura e i fatti contestati.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che, nel caso di custodia cautelare in carcere applicata a un indagato per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, la presunzione relativa di pericolosità sociale, come definita nell’articolo 275, comma terzo, del codice di procedura penale, può essere superata solo se il giudice dispone di elementi che dimostrano in modo chiaro che l’associato ha definitivamente interrotto i legami con l’organizzazione criminale, essendo irrilevante il mero decorso di un tempo considerevole tra l’emissione della misura e i fatti contestati, qualora risultino accertate la consolidata esistenza dell’associazione, la pregressa partecipazione alla stessa dell’indagato e la sua perdurante adesione ai valori del sodalizio.
È dunque sconsigliabile, alla luce di tale approdo ermeneutico, affermare il venir meno di siffatta presunzione, solo in presenza di un lasso temporale di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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