Illegittimità dell’atto impositivo, il risarcimento non è automatico

Redazione 24/04/12
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Lilla Laperuta

In caso di annullamento, in via di autotutela, da parte dell’Agenzia delle Entrate di un accertamento, o di un atto impositivo illegittimo, il risarcimento del danno subito dal contribuente non è automatico. Secondo la Suprema Corte, spetta infatti al cittadino provare il danno patrimoniale e morale sofferto a causa della violazione degli obblighi di imparzialità e correttezza da parte dell’amministrazione. È quanto si evince dalla sentenza numero 6283 della Corte di Cassazione, pubblicata il 20 aprile 2012.

Solo se il giudice ordinario accerta che  vi sia stato, da parte della stessa P.A., un comportamento doloso o colposo, che, abbia determinato la violazione della norma e di un diritto soggettivo, si concreta il diritto per il risarcimento. Infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., la P.A. è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall’art. 2043 c.c., ponendosi tali principi come limiti esterni alla sua attività discrezionale (cfr. ex multis, Cass. 5120/2011). Spetta, dunque, al giudice di merito stabilire, volta per volta e considerando la situazione concreta (ad esempio: il numero di pratiche cui l’ufficio deve far fronte, la loro trattazione in ordine cronologico, il grado di complessità dell’accertamento, ecc.) se il tempo impiegato dalla P.A. sia o meno rispettoso delle regole indicate.

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