Illecita detenzione: la pubblica accusa deve dimostrare la destinazione allo spaccio

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Ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, spetta alla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio.
(Riferimento normativo: d.P.R., 9/10/1990, n. 309, art. 73)
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Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 26216 del 14-03-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Palermo confermava una sentenza del Tribunale di Agrigento che, a sua volta, aveva condannato l’imputato alla pena di anni uno di reclusione ed Euro duemilacinquecento di multa in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’accusato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge processuale per difetto assoluto di motivazione della sentenza, anche in relazione alla violazione dei criteri di verifica della prova, posto che, ad avviso del ricorrente, la sussistenza del reato era stata ritenuta provata unicamente in ragione del valore ponderale della sostanza rinvenuta, in assenza di ulteriori indici sintomatici di una possibile immissione nella stessa nel mercato, fermo restando che l’unico strumento rinvenuto era stato un bilancino di precisione che assume valenza neutra, difettando ulteriori indici dimostrativi in merito all’offensività della condotta.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il ricorso proposto era ritenuto fondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell’imputato darne la prova, gravando invece sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio (Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020. Fattispecie in cui è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna che aveva ritenuto non dimostrata la detenzione per l’uso personale, nonostante l’imputato fosse tossicodipendente, fosse stata rinvenuta una quantità minima di sostanze stupefacenti e non vi fossero specifici elementi dai quali desumere la destinazione delle stesse alla cessione a terzi).
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, la Suprema Corte riteneva come non fosse stata in alcun modo provata la finalità di spaccio, mentre la condotta dell’imputato, sempre per il Supremo Consesso, appariva essere compatibile con l’acquisto ad uso personale della sostanza stupefacente, anche a mò di scorta, visto che il dato ponderale della sostanza ha solo valore indiziario.
Dunque, a fronte di ciò, ad avviso degli Ermellini, l’impostazione argomentativa dei giudici di merito, nella quale era ravvisabile un (reputato) erroneo impiego di massime di esperienza, permetteva di rilevare la mancanza assoluta di prova circa l’esistenza di un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice contestata.
I giudici di piazza Cavour, di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, annullavano senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, salva la confisca.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, spetta alla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell’imputato darne la prova, gravando invece sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio.
Dunque, ove l’autorità requirente non soddisfi un onere di questo genere, ben si potrà, ove l’imputato sia ritenuto colpevole di avere commesso questo reato, impugnare un provvedimento che decida in tal senso, come è avvenuto nella fattispecie in esame, nei modi e nelle forme consentite dal codice di procedura penale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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