Il singolo condomino (o un gruppo ristretto di condomini) che rispetta i limiti previsti dall’art 1102 c.c. e 1120 c.c. puo’ arrivare ad installare un ascensore nel cortile comune

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riferimenti normativi: art. 1102. c.c.

precedenti giurisprudenziali: Trib. Trento, Sentenza del 12/09/2016

La vicenda

Alcuni condomini installavano un ascensore nel cortile condominiale. Secondo altri partecipanti al condominio però l’opera era illegittima perché violava l’art.1102 c.c. e la disciplina materia di distanze delle costruzioni dalle vedute, comportava l’inutilizzabilità di un garage privato e l’inaccessibilità del vano destinato al portiere di proprietà condominiale, imponeva un sacrificio di luce e veduta per alcuni condomini vicini all’ascensore, ledeva il decoro del caseggiato e non rispettava la normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche. In ogni caso lamentavano pure che la struttura non era fruibile da parte di tutti i condomini; di conseguenza si rivolgevano al Tribunale richiedendo, oltre al risarcimento dei danni, la condanna dei convenuti alla rimozione della nuova opera e alla riduzione in pristino del cortile nello stato di fatto in cui si trovava prima dell’inizio dei lavori. Secondo i costruttori dell’ascensore invece erano state rispettate le condizioni di cui all’art.1102 c.c.

Il giudice richiedeva una CTU e successivamente arrivava ad una decisione in merito alla questione controversa.

La questione

Il singolo condomino può arrivare ad installare un ascensore nel cortile comune?

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Il regolamento di condominio

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La soluzione

Il giudice ha dato ragione ai condomini- costruttori dell’ascensore.

In via preliminare ha considerato errato il richiamo degli attori alla normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, sottolineando come i convenuti avessero piuttosto fondato la legittimità della propria iniziativa sul pieno rispetto dell’art.1102 c.c., anziché sulle disposizioni a favore dei portatori di handicap.

Ciò premesso secondo il giudice di primo grado l’opera – collaudata e funzionante – non ha comportato un’apprezzabile diminuzione dell’uso del cortile (occupato solo in minima parte), né particolari diminuzioni di accessibilità alle singole unità immobiliari ed al vano scala condominiale. Per il Tribunale, infatti, l’occupazione di una porzione limitata del cortile comune non è sufficiente per escludere la liceità dell’installazione di tale impianto, a meno che non si accerti, in concreto, uno specifico pregiudizio del diritto degli altri condomini al pari uso del cortile (pregiudizio nel caso esaminato mancante).

In ogni caso lo stesso giudice ha evidenziato come, in buona sostanza, l’ascensore servisse o potesse servire gli altri condomini, non precludendo la possibilità di installare un secondo ascensore in altra parte dello stesso cortile.

Le riflessioni conclusive

Secondo un principio generale un’opera che presenta indubbi caratteri innovativi, qual è l’installazione di un ascensore nel cortile interno di un edificio in condominio può essere eseguita da un singolo condomino (o da un gruppo di condomini) che ne assuma a proprio carico le spese, anche in difetto di qualsiasi autorizzazione dell’assemblea, purché siano rispettati i limiti d’uso, costituiti, a norma dell’art.1102 c.c., dalla non alterazione della cosa comune e dal non impedimento agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto, e i limiti intrinseci di qualunque innovazione previsti all’art. 1120, secondo comma, c.c (staticità, sicurezza, decoro).

L’installazione di un ascensore, al fine dell’eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata da un condomino su parte di un cortile e di un muro comuni, deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell’art. 1102 c.c., senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi la disciplina dettata dall’art. 907 c.c., sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, neppure per effetto del richiamo ad essa operato nella l. 9 gennaio 1989, n. 13, art. 3, comma 2, non trovando detta disposizione applicazione in ambito condominiale (Cass. civ., sez. II, 03/08/2012, n. 14096).

Di conseguenza, ricorrendo dette condizioni, il singolo partecipante al condominio ha facoltà di fare installare sul cortile o nella tromba delle scale a propria cura e spese un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini (e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo).

In particolare tale iniziativa riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, può essere attuata anche a cura e spese di taluni condomini, salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.

Naturalmente è anche possibile che il singolo partecipante al condominio, a sue spese, innalzi il vano dell’impianto di un ulteriore piano, fino al suo alloggio, senza che i dissenzienti possano bloccare le opere qualora non dimostrino, in concreto, i motivi che ostano all’innovazione (Trib. Milano  13 novembre 2015, n. 12791).

Naturalmente si può sempre tentare di richiedere l’installazione a spese del condominio.

A tale proposito però si ricorda che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, della L. n.13/1989, l’assemblea condominiale poteva approvare le innovazioni da attuare nell’edificio già esistente dirette ad eliminare le barriere architettoniche, in prima o seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’art.1136, commi 2 e 3, c.c., semplificando così il procedimento di formazione della volontà assembleare al fine di permettere la decisione di modifiche, spesso complesse, con una maggioranza più facilmente raggiungibile.

In altri termini, era sufficiente la maggioranza per le decisioni “ordinarie”, al fine di consentire ai portatori di handicap un facile accesso ed uso delle strutture comuni, interne ed esterne agli stabili, mentre per l’approvazione delle altre innovazioni (dirette al miglior godimento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni) continuava ad essere necessaria la maggioranza “qualificata” di cui all’art. 1136, comma 5, c.c., cioè la maggioranza dei partecipanti al condominio ed i due terzi del valore dell’edificio.

Tuttavia, la L. n.220/2012, che ha introdotto la riforma del condominio, ha modificato in senso restrittivo l’art. 2, comma 1 della L. n.13/1989 prevedendo, per gli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, un quorum deliberativo bloccato alla maggioranza prevista dall’art.1136, comma 2 c.c., così eliminando la maggioranza più favorevole che la stessa legge speciale aveva introdotto (quorum diversificato per le assemblee in prima e seconda convocazione, con le maggioranze di cui all’art.1136, commi 2 e 3, c.c.).

In ogni caso con riferimento all’installazione degli impianti cosiddetti provvisori, del tipo servo scala, l’articolo 2, comma 2, della legge 13/1989, prevede una forma di autotutela, consentendo al portatore di handicap di superare il rifiuto del condominio e di installare a sue spese servo scala o altre strutture mobili, ovvero di modificare l’ampiezza delle porte d’accesso.

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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