Il matrimonio dei cittadini stranieri in Italia

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Approfondimento sulla disciplina relativa al matrimonio dei cittadini stranieri in Italia.

Volume consigliato: Come cambia il Diritto di Famiglia dopo la Riforma Cartabia

1) Corte di Cassazione – Sez. I Pen. – Sent. n. 32859 del 29/07/2013
2) Ministero dell’Interno – Circolare n. 21 del 26/07/2011
3) Ministero dell’Interno – Circolare n. 1 del 12/01/2022
4) Corte Costituzionale – Sent. n. 245 del 25/07/2011

Cass.-Pen.-sez.-1-32859_2013.pdf 281 KB
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circ-dait-001-servdemo-12-01-2022.pdf 106 KB

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Indice

1. Considerazioni generali

Il nostro ordinamento prevede che anche i cittadini stranieri possono contrarre matrimonio in Italia. Gli stranieri possono sposarsi sia con rito civile che con uno dei riti religiosi considerati validi agli effetti civili, per i culti che sono ammessi nel nostro Stato.
La capacità e le altre condizioni a contrarre matrimonio sono disciplinate dall’art. 27 della legge 218/1995, il quale prevede che tali condizioni sono regolate dalla legge nazionale di ciascuno degli sposi.
Come per i cittadini italiani, tuttavia, il nostro ordinamento prevede una serie di adempimenti molto importanti in capo ai due nubendi che sono volti a dimostrare: il raggiungimento della maggiore età o l’autorizzazione per chi ha compiuto i sedici anni, in presenza di gravi motivi [1]; la mancanza di uno stato di interdizione [2]; lo stato libero di ciascuno dei nubendi [3].
Gli stranieri che intendono sposarsi in Italia devono anche rispettare il vigente divieto di contrarre matrimonio in caso di parentela o affinità anche se il matrimonio da cui deriva il rapporto di affinità è stato dichiarato nullo o si è sciolto.
Coloro che intendono sposarsi in Italia, inoltre, non devono aver subito condanne per omicidio, consumato o tentato, sul coniuge dell’altro e nel caso in cui si tratti di una donna già sposata devono essere trascorsi almeno trecento giorni dall’annullamento o dallo scioglimento del precedente matrimonio.
Per gli stranieri residenti o domiciliati in Italia, l’adempimento più importante, tuttavia, rimane quello di allegare all’ufficiale dello stato civile la documentazione necessaria per le pubblicazioni del matrimonio, problema non da poco considerando le condizioni di alcuni stranieri, tra i quali ad esempio i richiedenti asilo che non possono o non vogliono rivolgersi alle autorità competenti del Paese di origine.

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2. Gli adempimenti

Secondo quanto prescritto dall’art. 28 della legge 218/1995: «Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento».
Prima di celebrare il matrimonio, tuttavia, è necessario procedere alle pubblicazioni, secondo quanto disposto dall’art. 93 e ss c.c. Le pubblicazioni hanno lo scopo di pubblicità del matrimonio e servono a evidenziare eventuali impedimenti che possono manifestarsi a mezzo delle opposizioni da parte di genitori, ascendenti o parenti entro il terzo grado ovvero da parte del tutore, del curatore e del P.M. nel caso in cui vi sia una causa impeditiva alla celebrazione. La pubblicazione del matrimonio avviene, quindi, mediante affissione alla porta del Comune di residenza degli sposi, nella quale, rimane almeno otto giorni come prescritto dall’art. 55 co. 3, del D.P.R. n. 396 del 2000. Dal quarto giorno successivo alla pubblicazione, tuttavia, la legge prevede la possibilità di celebrare il matrimonio [4].
L’art. 116, co.1, c.c. prevede che: «Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio [nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano.]». Gli stranieri residenti o domiciliati in Italia che vogliono sposarsi, pertanto, devono allegare all’ufficiale di stato civile un nulla osta al matrimonio, ovvero, una dichiarazione dell’autorità del proprio Paese comprovante l’idoneità a sposarsi.
Tale documento serve ad attestare l’inesistenza di impedimenti a contrarre le nozze, secondo le leggi del Paese di origine e può essere rilasciato dall’Autorità Consolare in Italia nonché legalizzato dalla Prefettura o dall’Autorità competente del proprio Paese, in questo ultimo caso, il nulla osta dovrà essere legalizzato dal Consolato o dall’Ambasciata italiana all’estero.
Per i titolari di protezione internazionale (rifugiati), fino al 12 gennaio 2022, il nulla osta veniva rilasciato su richiesta dell’interessato dall’Unhcr (Alto Commissariato Nazioni Unite per i Rifugiati), tuttavia, l’evoluzione della disciplina e l’impossibilità da parte dell’organizzazione a reperire la documentazione necessaria al rilascio dell’attestazione, ha reso necessario il richiamo ad una procedura [5] diversa.
Solamente per i rifugiati è, quindi, prevista una parziale deroga al regime appena descritto che è stata precisata con circolare [6] del 12.01.2022 del Ministero dell’Interno.
Dal 2022, infatti, solamente per tale categoria di soggetti è possibile allegare un certificato o un altro atto idoneo ad attestare la libertà dello stato, ovvero una dichiarazione sostitutiva ai sensi del Dpr. n. 445/2000.
In ogni caso, qualora la richiesta di nulla osta non venisse accolta dall’ufficiale dello stato civile lo straniero potrà sempre rivolgersi al giudice affinché il Tribunale, accertato che non sussistono impedimenti al matrimonio, potrà intimare allo stesso di dar corso alle pubblicazioni.
Sul punto si è espressa anche la Corte Costituzionale che nel 2011, con una storica sentenza ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 116 c.c., come modificato dalla l. n. 94/2009, nella parte in cui prevedeva l’allegazione di «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano» [7], il giudice delle leggi ha precisato che possono contrarre matrimonio anche gli stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio.
Il matrimonio sarà, quindi, possibile a patto che uno degli sposi sia un cittadino italiano, oppure, uno straniero in possesso di un regolare permesso di soggiorno.
Tanto premesso, sarà pur sempre necessario il nulla osta rilasciato dalla autorità competente del paese d’origine.

Per completezza d’indagine è bene sottolineare che la Corte di Cassazione con sentenza n. 32859 del 2013 ha ulteriormente stabilito che: «deve considerarsi legittima la permanenza di un soggetto extracomunitario nel territorio dello Stato qualora, pur in mancanza di documenti validi, siano in corso le pubblicazioni del matrimonio con un cittadino italiano» [8], pertanto, anche il cittadino irregolare in procinto di contrarre matrimonio potrà essere autorizzato a rimanere sul territorio.
Una volta effettuati correttamente tutti gli adempimenti di rito, il matrimonio verrà celebrato pubblicamente, alla presenza di due testimoni, presso la casa comunale innanzi all’ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione, secondo quanto descritto dall’art. 107 c.c., tuttavia, eccezionalmente sarà possibile anche celebrare il matrimonio in un comune diverso. Ciò è previsto nei casi disciplinati dall’art. 109 c.c. ovvero «quando vi è necessità o convenienza» ad esempio quando uno degli sposi risulti affetto da infermità o altro impedimento trovandosi nell’impossibilità di recarsi presso la casa comunale [9].

3. Gli effetti del matrimonio

Con l’unione matrimoniale il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri e da esso sorgono i reciproci obblighi alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione e alla coabitazione. La violazione di uno di tali obblighi può condurre all’addebito dell’eventuale separazione con tutte le conseguenze che esso comporta, «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia» [10].
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze come disposto dall’art. 143-bis c.c.
I coniugi di comune accordo tra loro stabiliscono l’indirizzo della vita familiare, decidono dove stabilire la propria residenza secondo le loro esigenze e quelle della famiglia [11].
L’art. 147 c.c. prevede che: «Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni [..]».

4. Matrimonio religioso

Il matrimonio può essere celebrato anche di fronte ad un ministro di culto, cattolico o di altri culti ammessi in conformità all’ordinamento.
Il primo, c.d. “matrimonio concordatario” è disciplinato dalle norme del diritto canonico ed acquista effetti civili quando viene trascritto nei registri dello stato civile [12].
Le pubblicazioni vengono effettuate presso il Comune di residenza degli sposi su richiesta degli stessi e del parroco che celebrerà il matrimonio canonico. Trascorsi tre giorni dalle avvenute pubblicazioni, l’ufficiale dello stato civile, accertata l’inesistenza di impedimenti e divieti previsti dalla legge, rilascia il nulla osta alla celebrazione.
Avvenuta la celebrazione del matrimonio il parroco da lettura degli artt. 143, 144 e 147 c.c. informando i coniugi circa i diritti e i doveri, derivanti dall’unione in matrimonio prevista dalla legge.
L’atto di matrimonio è redatto in doppio originale e sarà trasmesso, entro cinque giorni dalla celebrazione all’ufficiale dello stato civile del Comune per essere trascritto nei registri degli atti di matrimonio. L’ufficiale dello stato civile, pertanto, nelle successive ventiquattro ore dal ricevimento dell’atto provvede a detta trascrizione.
Come accennato, le nozze possono essere celebrate di fronte ad un Ministro di un culto di un’altra confessione religiosa, ammessa nello Stato, alla quale per espressa disposizione della legge n. 1159/1929 si riconoscono gli stessi effetti del matrimonio civile in presenza di alcune condizioni.
In realtà, quest’ultima ipotesi rappresenta una forma di matrimonio meramente civile, in tal caso quindi, si applicherà in toto la disciplina prevista per i matrimoni civili.
Il Ministro del culto celebra, pertanto, il matrimonio come delegato dell’ufficiale di stato civile mantenendo i riti della propria confessione religiosa.
È bene precisare che la celebrazione dei matrimoni religiosi diversi dal matrimonio concordatario devono essere sempre preceduti dalle pubblicazioni civili fermo restando in ogni caso il rilascio del nulla osta. Una volta celebrato il matrimonio l’atto dovrà essere trasposto all’ufficiale dello stato civile entro cinque giorni dalla celebrazione, al fine della trascrizione negli appositi registri.
Lo Stato italiano ha siglato delle intese con alcune confessioni per la celebrazione dei matrimoni. Per i culti con i quali lo Stato italiano non ha stipulato nessun accordo, si applica la legge 24 giugno 1929 n. 1159, “Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi”.

Note

  1. [1]

    Art. 84 c.c.

  2. [2]

    Art. 85 c.c.

  3. [3]

    Art. 86 c.c.

  4. [4]

    art. 99 e ss c.c.

  5. [5]

    Informativa UNHCR

  6. [6]

    Circolare n.1 del 12.01.2022, Ministero dell’Interno.

  7. [7]

    Corte Costituzionale, sentenza n.245 del 25 luglio 2011, cfr. anche circolare del Ministero dell’Interno n.21 del 26.07.2011.

  8. [8]

    Cass. Pen., Sez. I, 29 luglio 2013 (ud. 24 giugno 2013), n. 32859.

  9. [9]

    Art.110 c.c.

  10. [10]

    Art. 143 c.c.

  11. [11]

    Art. 144 c.c.

  12. [12]

    Art. 8, Legge 25 marzo 1985, n. 121, Ratifica ed esecuzione dell’accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede. (GU Serie Generale n.85 del 10-04-1985 – Suppl. Ordinario).

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