Il disfacimento del rivestimento plastico esterno della facciata del condominio costituisce, ai sensi dell’art. 1669 c.c., un grave difetto con la conseguenza che il costruttore è tenuto a risarcire i condomini

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Qui la sentenza: Corte di Cassazione – VI sez. civ. – sentenza n. 22788 del 12-9-2019

riferimenti normativi: art. 1669 c.c.;

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 6, Sentenza n. 1423 del 18/01/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 15846 del 26/06/2017; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 24763 del 4/12/2015; Trib. Catania, Sez. III, 7/02/2017

La vicenda

Un condominio citava a comparire dinanzi al tribunale il costruttore del caseggiato, lamentando che il palazzo, a causa della scarsa qualità dei materiali impiegati e dell’imperfetta posa in opera degli stessi, presentava evidenti segni di disfacimento del rivestimento plastico esterno; di conseguenza richiedeva che si accertasse la responsabilità ex art. 1669 c.c. del costruttore, con condanna al risarcimento dei danni.

Il Tribunale, alla luce della c.t.u., che dava piena ragione ai condomini, condannava il costruttore a risarcire il condominio, con rivalutazione, interessi e spese di lite.

La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado, notando come il disfacimento del rivestimento esterno, esteso ad ampia porzione della facciata dello stabile condominiale, fosse da attribuire alla circolazione d’acqua all’interno della muratura dovuta a difetti costruttivi, vizio che dava senz’altro luogo all’operatività della garanzia ex art. 1669 c.c.; il costruttore ricorreva in cassazione facendo presente che i pretesi vizi interessavano esigue porzioni della facciata dello stabile o comunque parti decorative non strutturali,.

Inoltre aggiungeva che i distacchi erano soprattutto dovuti all’incuria ed all’ordinaria usura, accentuata dalla vicinanza del mare e all’inidoneità dei pluviali che i condomini avrebbero dovuto sostituire.

La questione

Il disfacimento del rivestimento plastico esterno del condominio può essere considerato un grave difetto ai sensi dell’art. 1669 c.c?

Per sapere tutto su questo argomento leggi anche “Manuale del contenzioso condominiale” di Riccardo Mazzon

La soluzione

La Cassazione condivide le motivazioni della Corte d’Appello.

I giudici supremi infatti sottolineano che ai fini della responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c., costituiscono gravi difetti dell’edificio non solo quelli incidenti sulla struttura e sulla funzionalità dell’opus, ma anche i vizi costruttivi che incidono apprezzabilmente il normale godimento della cosa o impediscono che questa fornisca l’utilità cui è destinata, come il crollo o il disfacimento del rivestimento esterno dell’edificio.

Le riflessioni conclusive

Secondo l’articolo 1669 c.c. se, nel corso di dieci anni dalla realizzazione, il caseggiato, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta e il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia stessa.

L’art. 1669 c.c., benché collocato tra le norme disciplinanti il contratto di appalto, è diretto a garantire la conservazione e la funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata, attesa l’attitudine della norma a presidiare, piuttosto che particolari interessi sottostanti al rapporto contrattuale di appalto, l’imprescindibile esigenza di tutela della pubblica incolumità, messa a repentaglio dal contegno dell’imprenditore che ometta di adottare le cautele atte ad assicurare la stabilità e solidità dell’edificio.

In linea generale bisogna affermare che i gravi difetti che, ai sensi dell’art.1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura.

Vengono incluse nel concetto di grave difetto sia le deficienze costruttive vere e proprie, quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell’opera con materiali inidonei e non a regola d’arte, sia le carenze riconducibili ad erronee previsioni progettuali.

Di conseguenza rientrano nell’ambito di applicazione della predetta norma la difettosa impermeabilizzazione del manto di copertura che provoca infiltrazioni di acqua e di umidità negli appartamenti sottostanti, anche con riferimento al ristagno d’acqua, la caduta dell’intonaco per infiltrazioni di umidità, la comparsa di lunghe e vistose fessurazioni del pavimento, conseguenti alla rottura di molte piastrelle, per evidente cedimento del sottofondo, la realizzazione dell’opera con materiali inidonei e/o non a regola d’arte, le infiltrazione d’acqua e umidità nelle murature, causata dalla non corretta tecnica di montaggio dei pannelli di copertura o dall’errata realizzazione degli infissi, il non corretto isolamento della facciata esterna e la conseguente condensa, l’assenza nelle costruzioni dei livelli prestabiliti di sicurezza garantiti dal rispetto di prescrizioni tecniche uniformi (incidendo sulla sostanza e la stabilità del caseggiato), la pendenza dei balconi verso l’interno del fabbricato con conseguenti infiltrazioni e ristagni di acqua nei muri di tamponamento, la mancanza di battiscopa sui terrazzi di copertura, provocante infiltrazioni di umidità, il distacco di parte dei giunti di recinzione del giardino condominiale.

La responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c., ricorre non solo nel caso di avvenuta rovina totale o parziale dell’edificio o di attuale pericolo certo ed effettivo che in un futuro più o meno prossimo possa verificarsi la rovina totale o parziale, ma anche nei casi di “gravi difetti” della costruzione, che può anche consistere in un’alterazione che, pur non interessando direttamente le strutture portanti dell’edificio, incida notevolmente sulla sua funzionalità, menomandone sensibilmente il godimento e la funzione economica, ovvero impedendo che essa fornisca l’utilità a cui è destinato (Cass. civ., sez. II, 29/11/1996, n. 10624: fattispecie inerente il distacco di una notevole parte dell’intonaco esterno del fabbricato).

A fronte di tali problemi si impone un’azione di responsabilità per gravi difetti nei confronti del costruttore o appaltatore, per cui è abilitato, oltre ai condomini, l’amministratore del condominio, a norma degli artt.1130, n.4, e 1131, comma 1, c.c., non essendo, pertanto, necessaria una delibera autorizzativa della collettività condominiale.

Infatti, la disposizione del n. 4 dell’art.1130 c.c. non va interpretata nel senso che l’amministratore possa chiedere soltanto misure cautelari, bensì si riferisce a tutti gli atti diretti a conservare l’esistenza delle parti comuni e, quindi, legittima l’amministratore a proporre l’azione di cui all’art.1669 c.c. contro l’appaltatore, diretta a rimuovere i gravi difetti della costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale, senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea dei condomini (Cass. civ., sez. II, 31/1/2018, n. 2436).

Merita di essere precisato che l’amministratore è legittimato a promuovere l’azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 1669 c.c., nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivano da vizi relativi alle parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusive di condomini, ed a chiederne la relativa rimozione, eliminandone radicalmente le comuni cause o condannando il costruttore alle relative spese (Cass. civ., sez. II, 08/11/2010, n. 22656).

Alla luce di quanto sopra cade in errore il giudice che sbrigativamente nega la legittimazione dell’amministratore ad agire anche per i danni riguardanti gli appartamenti senza verificare preliminarmente, in relazione ai difetti lamentati, se l’azione mirasse alla tutela dell’edificio nella sua unitarietà in un contesto nel quale i pregiudizi derivavano da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condomini (Cass. civ., sez. II, 27/04/2015, n. 8512: infiltrazioni derivanti da vizi dell’intonaco che incidevano anche sulla soletta del balcone di proprietà esclusiva).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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