Il dibattimento

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Il dibattimento è la fase centrale del processo penale, nella quale si procede alla raccolta e acquisizione delle prove nel rispetto del contraddittorio delle parti.

Gli atti preliminari al dibattimento sono quegli gli atti che precedono la formale apertura del dibattimento, cioè il decreto del presidente del tribunale o della corte d’assise con il quale, per giustificati motivi, si può anticipare o differire l’udienza dibattimentale (ex art. 465 c.p.p.), l’assunzione urgente, su richiesta di parte e nel rispetto delle forme stabilite per il dibattimento, delle prove non rinviabili (ex art. 467 c.p.p.).

Il deposito in cancelleria almeno una settimana prima dell’udienza dibattimentale, della lista dei testimoni, dei periti e consulenti tecnici e delle persone indicate nell’articolo 210  del codice di procedura penale con l’indicazione delle circostanze su cui verterà l’esame (ex art. 468 c.p.p.).

L’udienza (ex art. 477 c.p.p.) è pubblica a pena di nullità (ex art. 471 comma 1 c.p.p.), fatte salve alcune eccezioni nelle quali si procede a porte chiuse (ex art. 472 c.p.p.).

In ossequio al principio della “concentrazione” il dibattimento si dovrebbe esaurire in un unica udienza, però quando non è possibile “il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente non festivo” (ex art. 477 c.p.p.).

Rientra tra le facoltà del giudice sospendere il dibattimento quando ricorrono ragioni di necessità (ex art. 477 c.p.p.).

L’articolo 484 del codice di procedura penale prevede che prima di dare inizio al dibattimento il presidente controlli la regolare costituzione delle parti e che, se all’udienza non sia presente il difensore dell’imputato, provveda a nominare un altro difensore come sostituto ai sensi dell’articolo 97 comma 4 del codice di procedura penale.

Il comma 2 bis dell’articolo 484 del codice di procedura penale prescrive anche per questa fase l’applicazione, se sono compatibili, delle disposizioni degli articoli 420 bis, 420 ter, 420 quater e 420 quinquies del codice di procedura penale relative alla presenza dell’imputato durante l’udienza preliminare.

Successivamente si procede ad esaminare le questioni di carattere preliminare che, a pena di decadenza, devono essere proposte subito dopo il controllo della regolare costituzione delle parti e, in relazione alle quali, il giudice provvede con ordinanza (ex art. 491 c.p.p.).

Si tratta delle questioni relative alla competenza per territorio o per connessione, la nullità degli atti processuali, la costituzione della parte civile (che può avvenire non oltre questo momento), la citazione o la presenza del responsabile civile e della persona civilmente obbligata e degli enti ola presenza delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato.

Le questioni vengono discusse, nei limiti di tempo necessari per la loro illustrazione, dal pubblico ministero, prima, e da un difensore per ogni parte, poi. Non sono ammesse repliche.

Compiute le attività descritte sopra, il presidente dichiara aperto dibattimento ai sensi dell’articolo 492 del codice di procedura penale.

Le parti, nell’ordine indicato dall’articolo 493 del codice di procedura penale procedono alla richiesta delle prove, che viene avanzata prima dal pubblico ministero, il quale indica i fatti che intende provare e chiede l’ammissione delle prove, poi dal difensore della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato.

Su queste istanze il giudice provvede con ordinanza.

L’istruzione dibattimentale, vero momento centrale del processo penale, ha inizio con l’assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e prosegue con l’assunzione di quelle richieste da altre parti, sempre secondo l’ordine del quale all’articolo 493 del codice di procedura penale (ex art. 496 c.p.p.).

Tra i mezzi di prova c’è :

L’esame testimoniale che consiste nella deposizione di un soggetto, sottoposto al vincolo del giuramento, su fatti rilevanti per il processo.

L’esame è compiuto direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che lo ha chiesto (ex art. 498 c.p.p.).

Le altri parti sono ammesse a rivolgere al testimone altre domande, si tratta del cosiddetto contro esame che ha il fine di mettere in discussione l’attendibilità della deposizione.

Al termine del contro esame, il codice riconosce alla parte che aveva richiesto l’esame la possibilità di proporre al testimone nuove domande (ex art. 498 co. 3c.p.p).

L’esame testimoniale si svolge secondo delle regole ben precise indicate dall’articolo 499 del codice di procedura penale.

Deve essere relativo fatti specifici, sono vietate domande che vanno a compromettere la sincerità del teste e che tendono a suggerire la risposta; deve essere condotto nel rispetto della persona.

Non rappresentano prove testimoniali le deposizioni raccolte nel corso delle indagini preliminari e contenute nel fascicolo del pubblico ministero, le parti e ne  possono servire per contestare interamente o in parte la deposizione del teste, facendo in tal modo emergere le contraddizioni in nelle quali è caduto.

Si tratta delle cosiddette contestazioni delle quali all’articolo 500 del codice di procedura penale, non è consentito agli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria testimoniare su quello che hanno appreso dai testimoni.

L’esame delle parti private (ex art. 503 c.p.p.) che è teso all’acquisizione di informazioni dalle parti stesse del processo, cioè dall’imputato, dalla parte civile che “non debba essere esaminata in qualità di testimone” (ex art. 208 c.p.p.), dal responsabile civile e dalla persona civilmente obbligata.

Si seguono le regole previste per l’esame testimoniale con la differenza che in questo caso le parti depongono senza prestare il vincolo del giuramento.

E’ mezzo di prova a carattere volontario l’articolo 208 del codice di procedura penale stabilisce che i soggetti sono esaminati se lo richiedono o se lo consentono: è ammesso pertanto il rifiuto a deporre.

Anche in questo caso è possibile ricorrere al contro esame e alla contestazioni come per la prova testimoniale.

Terminata l’acquisizione delle prove, l’articolo 507 del codice di procedura penale prevede che il giudice può anche d’ufficio disporre l’assunzione di nuove prove e ciò purché “risulti assolutamente necessario”.

La perizia che è un mezzo di prova al quale si ricorre quando è necessario svolgere indagini o acquisire elementi o valutazioni che richiedono determinate competenze di tipo tecnico, scientifico o artistico e pertanto il giudice ha bisogno di farsi affiancare da un consulte, detto appunto ausiliario del giudice.

La perizia può essere disposta anche d’ufficio e il pubblico ministero e le parti private hanno la facoltà di nominare dei propri consulenti.

Nella decisione finale il giudice è libero di discostarsi dalle risultanze della perizia (c.d principio del libero convincimento) purché sia in grado di darne adeguata motivazione.

Oltre ai mezzi di prova sopra elencati vi sono, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali e i documenti.

Una volta terminata l’istruttoria, ha inizio la fase terminale del dibattimento che è rappresentata dalla discussione finale.

Il pubblico ministero, prima, e i difensori delle parti private, poi, (secondo il seguente ordine: la parte civile, il responsabile civile, la persona civilmente obbligata, e da ultimo l’imputato), formulano e illustrano le rispettive conclusioni.

In particolare la parte civile, secondo l’articolo 523 comma. 2 del codice di procedura panale, presenta le conclusioni scritte che devono comprendere, se è stato richiesto il risarcimento del danno, anche la determinazione del suo ammontare.

l presidente dirige la discussione e impedisce ogni genere di divagazione, ripetizione e interruzione.

Se ne fanno richiesta, l’imputato e il difensore devono avere la parola per ultimi a pena di nullità.

E’ consentita l’interruzione della discussione, se si debba procedere, con assoluta necessità, all’assunzione di altre prove.

Una volta terminata la discussione, si dichiara chiuso il dibattimento e subito dopo viene deliberata la sentenza (ex art. 525 c.p.p.) che è pubblicata in udienza mediante lettura del dispositivo (ex art. 545 c.p.p.).

Se non sia possibile redigere contestualmente al dispositivo i motivi di fatto e di diritto su cui si fonda la sentenza, il codice prevede una dilazione per il loro deposito non superiore a giorni 15 da quello della pronuncia e a giorni 90, nei casi particolarmente complessi.

La sentenza può essere di due tipi, o di proscioglimento o di condanna.

La prima a sua volta può essere:

Una sentenza di non doversi procedere (ex art. 529 c.p.p.) che viene adottata quando manca una delle condizioni di procedibilità (ad es. la querela) o sussista una causa estintiva del reato.

Una sentenza di assoluzione (ex art. 530 c.p.p.) che viene adottata quando il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ovvero il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione. Il giudice inoltre adotta sentenza di assoluzione quando manca, è insufficiente o contraddittoria la prova della colpevolezza dell’imputato (ex art. 530 co. 2 c.p.p.).

La sentenza di condanna è, invece, pronunciata quando l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli (ex art. 533 c.p.p.) e, in questo caso, il giudice lo condanna anche al pagamento delle spese processuali.

In caso di sentenza di condanna il giudice decide anche in merito alla domanda avanzata dalla parte civile (restituzioni o risarcimento del danno) e, se condanna l’imputato al risarcimento del danno, provvede alla sua liquidazione, quando questa non rientri nella competenza di un altro giudice (ex art. 538 c.p.p.).

Quando però le prove acquisite non consentono al giudice di quantificare l’esatto ammontare del danno, questi pronuncia una condanna generica, rimettendo le parti davanti al giudice civile e condanna, su richiesta della parte civile, l’imputato e il responsabile civile, al pagamento di una provvisionale, nei limiti in cui ritiene raggiunta la prova (ex art. 539 c.p.p.).

La condanna per la responsabilità civile si estende anche al responsabile civile citato o intervenuto in giudizio se è riconosciuta la sua responsabilità (ex art. 538 ultimo comma c.p.p.).

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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