Guida agli aspetti gestionali dell’azienda agricola

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Indice:

1. Premessa

2. L’inquadramento civilistico e fiscale dell’impresa agricola: brevi cenni e rinvio

2.1. L’inquadramento civilistico dell’impresa agricola
2.2. Le attività connesse di manipolazione e trasformazione
2.3. Soggetti che possono applicare il regime forfetario

3. La valutazione dell’impresa agricola da parte del sistema creditizio

3.1 Utilizzo di forme di finanziamento a medio e lungo termine
3.2. I fattori di rischio tipici gravanti sulla combinazione produttiva agricola
3.3 Le problematiche rappresentative e valutative delle attività agricole derivanti dalle disposizioni civilistiche
3.4 Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico
3.5 Il bilancio della ditta individuale

4. Aspetti  contabili della azienda agricola.

4.1. IAS 2 Rimanenze Finali.
4.2 Gli asset biologici dell’impresa.
4.3 L’applicazione del fair value nello IAS 41.
4.4  Rappresentazione e valutazione dei beni agricoli.
4.5 La contabilizzazione delle attività biologiche “fruttifere”.

1. Premessa

L’attività agricola per sua natura è condizionata da una serie di fattori, avversità climatiche, malattie del  bestiame e delle piante, cambiamenti climatici, inquinamenti, incertezze dei mercati, sovrapproduzioni, etc, che portano a rischi e a crisi ricorrenti.

Il rischio è rappresentato da un fattore di incertezza che può  portare a situazioni particolari per ciascuna delle quali può essere stimata la probabilità di danni alle produzioni ed ai fattori produttivi; ma per stimare il rischio, per poterlo fronteggiare, per far fronte alle anticipazioni di spesa necessarie per la produzione e quindi per sottoporre ad un istituto di credito un proprio bilancio, al fine dell’ottenimento di liquidità, occorre presentare dati certi e incontrovertibili.

Oggi, in presenza di uno scenario produttivo e di mercato molto incerto e difficile, nel quale è in atto una  revisione critica del ruolo dell’agricoltura, la sopravvivenza del settore, è legata a nuove impostazioni ed allo svolgimento, da parte della stessa, di nuovi ruoli.

L’approccio che un moderno imprenditore agricolo dovrebbe riservare nella valutazione delle proprie esigenze lavorative, è quello del risk management aziendale; pertanto, una prima fase fondamentale è quella della individuazione dei rischi nell’azienda in cui opera; un secondo momento è la valutazione attenta e concreta di ogni singolo rischio; una terza fase è la messa  in atto di tutti i mezzi e gli strumenti di protezione o di prevenzione economicamente sostenibili, al fine  di contenere o eliminare il fattore di rischio.

Ciò premesso, si osserva che l’applicazione dei modelli di contabilità classici, basati sul costo storico o sul  valore di realizzo, si dimostrano inadeguati nel settore agricolo, fiscalmente legato al reddito fondiario, fatta eccezione per le imprese che si muovono in un “terreno” diverso e che determinano il reddito secondo le regole dei costi e dei ricavi; infatti, la peculiarità del settore agricolo, che fa sì che ditte individuali e società semplici, adempiano agli obblighi tributari tenendo conto del valore delle risultanze catastali, se per un verso rappresenta un grande vantaggio economico, dall’altro ne rappresenta un ostacolo, poiché non si riesce a rappresentare in maniera chiara, veritiera e corretta, la dinamica economica e patrimoniale di questa tipologia di attività economica.

In altre parole, gli istituti di credito, fanno fatica a concedere liquidità alle aziende agricole, in quanto la mancanza di un documento economico-contabile certificato, porta il valutatore a respingere non di rado le richieste di credito da parte delle imprese agricole e dunque ad avere un’idea distorta della capacità di rientro del capitale  eventualmente dato in prestito.

Consapevole delle problematiche esistenti nella rappresentazione contabile e nella valutazione delle attività agricole, l’International Accounting Standards Committee[2] , ora denominato International Accounting Standards Board[3], organismo responsabile dell’emanazione dei principi contabili internazionali, ha introdotto, nel 2001, uno specifico principio contabile per il settore agricolo: lo IAS 41 Agriculture.

Lo IAS 41 ha prescritto una valutazione al fair value[4]  delle attività biologiche e dei prodotti agricoli, tranne in alcune rare eccezioni, opportunamente delineate, in cui è permessa una valutazione al costo storico.

È da evidenziare come il concetto di accrescimento sul quale è basata la contabilizzazione delle attività biologiche al fair value, sia stato molto criticato dagli organismi contabili nazionali e dai professionisti del settore, poiché presuppone che tutte le attività siano detenute esclusivamente per la loro vendita o per la loro valorizzazione. Queste critiche hanno indotto lo IASB ad effettuare alcune modifiche nel campo applicativo dello IAS 41 che hanno riguardato anche l’ambito di applicazione dello IAS 16.


Per approfondimenti, consigliamo i seguenti manuali:


2. L’inquadramento civilistico e fiscale dell’impresa agricola: brevi cenni

  2.1. L’inquadramento civilistico dell’impresa agricola.

La figura dell’imprenditore agricolo, dal punto di vista giuridico, è stata definita dall’art. 2135 del codice civile. Inizialmente, la definizione fornita dall’art. 2135 c.c. era fondata essenzialmente sul semplice sfruttamento della produttività naturale della terra e non aveva riguardo per un altro tipo di agricoltura  ossia quella industrializzata, altamente meccanizzata e che fa uso di tecniche altamente innovative, come        le colture idroponiche, tanto per fare un esempio, fino ad arrivare a controllare ed accelerare i cicli biologici    naturali mediante tecniche sempre più raffinate.

Il progresso tecnologico, infatti, consente oggi di ottenere prodotti agricoli con metodi che prescindono del tutto dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti:  si pensi, per fare un ulteriore esempio, alle coltivazioni artificiali o fuori “grotta” di funghi ed ortaggi svolte al chiuso, collocando le spore o i semi in soluzioni chimiche nutritive, con l’ausilio di apparecchiature che creano le condizioni favorevoli ad un rapido sviluppo.

Quindi, allo scopo di modernizzare e sviluppare il settore dell’agricoltura, con la legge 5 marzo 2001, n. 57, recante “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”, è stato affidato al Governo il compito di emanare uno o più provvedimenti in materia.

In attuazione del predetto affidamento, in data 18 maggio 2001 sono stati emanati tre decreti legislativi, rispettivamente numerati 226, 227 e 228, riguardanti l’orientamento e la modernizzazione rispettivamente del settore della pesca e dell’acquacoltura, il settore delle foreste e quello dell’agricoltura.

In forza dell’entrata in vigore del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, è stato completamente riscritto l’art. 2135 del codice civile, il quale, ha assunto, di conseguenza, una portata di carattere storico.

La nuova legge risponde all’esigenza di garantire la multifunzionalità e la pluriattività dell’impresa agricola e definisce l’imprenditore agricolo nel seguente modo: «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».

L’emanazione del D.Lgs. in argomento, il n. 228/2001, ha comportato dunque un radicale cambiamento dei requisiti richiesti, affinché un’attività imprenditoriale possa essere qualificata come agricola.

Innanzi tutto, è bene sottolineare che, a mente del neo art. 2135 c.c., si intende per attività agricola l’attività diretta  alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso[5].

La presenza del ciclo biologico in un’attività non è però sufficiente per l’attribuzione della qualifica agricola: si considerano  agricole solo quelle attività che sono necessarie per lo sviluppo della coltura o dell’animale: è evidente che l’acquisto al solo fine della rivendita, non dà origine ad alcun tipo di ciclo biologico. Pertanto, gli elementi costitutivi dell’attività agricola sono:

  • il ciclo     biologico   che va inteso come il complesso delle attività dirette al mantenimento o all’evoluzione di una specie vegetale o animale;
  • l’utilizzo del fondo, quale strumento effettivo o solamente potenziale, per l’esercizio di tale attività.

La conseguenza è che il fondo diventa un fattore di produzione sostituibile, non essendo più l’elemento indispensabile per l’esercizio dell’attività agricola; esso infatti, può anche non esistere[6]  senza intaccare la qualifica di imprenditore agricolo.

Altra modifica importante ha riguardato le categorie di animali che possono essere ricomprese tra le specie allevate. L’introduzione del termine “animali” in sostituzione del termine “bestiame” ha fatto includere sotto la qualifica di attività agricola, tutta una serie di allevamenti[7]  che prima non venivano tradizionalmente inclusi nel bestiame e per cui oggi       non è più necessariamente richiesto un legame stretto con il fondo.

Il nuovo art. 2135 c.c. ha modificato anche le attività connesse: la precedente versione dell’art. 2135 esprimeva una presunzione di connessione delle attività correlate con l’attività principale, limitando tale connessione all’alienazione ed alla trasformazione dei prodotti agricoli; la nuova disposizione ha invece sancito il principio secondo cui debbono comunque ritenersi connesse tutte una serie di attività[8]  che, oggettivamente considerate, hanno carattere commerciale, ma se esercitate nel rispetto dell’art. 2135, comma 3, assumono carattere “agricolo”[9].

Nascono alcuni requisiti per definire l’attività connessa:

  • l’imprenditore che svolge tali attività deve essere lo stesso che esercita la coltivazione del fondo o del bosco, ovvero l’allevamento del bestiame[10] ;
  • i prodotti oggetto di tali attività devono essere ottenuti prevalentemente da materie prime derivanti dalle attività agricole principali, cioè dalle attività di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento esercitate dall’imprenditore agricolo[11] .Qualora non venissero rispettati tali criteri, l’attività di trasformazione, commercializzazione , non può ritenersi connessa all’impresa agricola e quindi perde i caratteri dell’attività agricola per acquistare natura  industriale o commerciale.

La normativa[12],      nel     ricondurre     nell’ambito dell’attività agricola le attività connesse, come sopra definite, oltre a richiedere    la            presenza      di un        collegamento oggettivo e soggettivo, fa espresso riferimento  al concetto della “prevalenza”, laddove sancisce che i prodotti manipolati, conservati, etc.,    debbano     provenire prevalentemente dall’attività agricola principale.

Il requisito         della prevalenza risulta quindi necessario per qualificare come agricola una o più attività connesse alla principale e rappresenta l’elemento determinante ai fini dell’inquadramento aziendale.

In       sintesi è possibile affermare che la qualifica di imprenditore agricolo, ai sensi della normativa civilistica, produca delle agevolazioni fiscali che   possono essere riassunte nei seguenti punti:

  • un regime Iva specifico[13] ;
  • a seconda della forma giuridica, la tassazione delle attività agricole può essere diversa da quella delle altre realtà produttive. Infatti, nel caso di imprese agricole individuali o di società semplici, l’imposizione sui redditi avviene sulla base dei redditi catastali,  cioè sulla rendita media ordinaria  del terreno come stabilita dal catasto e non in base alle risultanze del bilancio d’esercizio. Deve  segnalarsi, tuttavia,  che le Srl, le Coop, oltre che le Snc e le Sas, possono determinare anch’esse il reddito derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 2135 del C.C., optando per la determinazione catastale. In particolare, l’art. 1, comma 1093 della L. n. 296/2006, prevede, in via opzionale, la possibilità per le suddette società, di dichiarare il reddito agrario[14] .

Concludendo, l’attività dell’imprenditore agricolo “post-riforma” può essere così sintetizzata: “fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».

2.2. Le attività connesse di manipolazione e trasformazione.

Le attività di manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli possono generare reddito agrario, ai sensi dell’art. 32 del TUIR, se hanno per oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento degli animali e individuati dal decreto ministeriale previsto dal predetto art. 32 del TUIR al comma 2, lettera c).

L’ultimo D.M. utile, da prendere in considerazione, ai fini della individuazione della connessione o meno, è datato 13 febbraio 2015.

E difatti, se il risultato della trasformazione è un prodotto agricolo così come sopra definito ed i prodotti utilizzati sono di produzione prevalentemente propria dell’azienda agricola, il reddito derivante da tali attività viene completamente assorbito dal reddito agrario e non si dovrà procedere a dichiarare alcun reddito ai fini delle imposte sui redditi e IRAP.

L’Agenzia delle Entrate[15], ha precisato che tali attività non devono assumere  per dimensioni, organizzazione di capitali e risorse, la connotazione di attività principale; mentre, sul concetto di “prevalenza”, l’Agenzia ha emanato  una circolare[16] in cui ha chiarito  che, in linea generale, la prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore:

  • il primo parametro[17] può essere utilizzato se i beni da porre a confronto risultano omogenei[18] ;
  • nel caso di beni non omogenei, invece, il criterio più idoneo da utilizzare è quello del valore[19] . Pertanto, in questo caso, per verificare la sussistenza del requisito della prevalenza, occorrerà confrontare il valore

normale dei prodotti ottenuti dall’attività agricola principale, con il costo dei prodotti acquistati da terzi.

Inoltre, si precisa che qualora i beni ottenuti dalla trasformazione di prodotti agricoli acquistati da terzi non rientrino nella tipologia di appartenenza dei beni ottenuti dalla trasformazione dei prodotti propri, viene a mancare il presupposto di accessorietà e strumentalità rispetto all’attività agricola principale, con la conseguenza che i relativi redditi non rientrano nel campo di applicazione degli articoli 32 e 56-bis del TUIR[20] .

Peraltro, anche quando si tratta di prodotti  propri, occorre fare attenzione.

2.3. Soggetti che possono applicare il regime forfetario.

Il regime naturale per la determinazione del reddito, quando l’oggetto della attività summenzionate non rientra tra   i  prodotti citati nel DM del 13/02/15 e per le attività di servizi come di seguito specificate, è un regime forfetario riservato alla ditte individuali ed alle società semplici agricole, infatti, non è applicabile alle società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed ai soggetti di cui all’art. 73 comma 1, lettere a), b) e d) del TUIR.[21]

Fanno     eccezione       le     società     di      trasformazione e vendita di prodotti agricoli di cui all’art. 1, comma 1094   della n. 296/2006, ossia quelle compagini societarie che si occupino di commercializzare esclusivamente i prodotti dei soci:      per    queste        ultime, che determinano il reddito in base al bilancio, è invero prevista la facoltà di optare per la    determinazione    in    base alla percentuale forfettaria del 25% dei  ricavi, anche se, non si ritiene molto favorevole; meglio scegliere il regime naturale del bilancio.

Quando   le attività di  manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione  di prodotti    agricoli hanno per oggetto prodotti diversi da quelli elencanti nel citato decreto, l’impresa agricola determina il     reddito    d’impresa    in modo forfetario[22]  che ,comunque, soggiace al rispetto del principio di prevalenza: l’art. 56-bis al comma 2,  in questi casi prevede che il reddito venga determinato forfettariamente con la percentuale del 15 per cento.

Invece,  qualora non venga rispettato il principio di prevalenza, vanno tenuti distinti i casi in cui il prodotto finale ottenuto e commercializzato rientri tra quelli agricoli, o comunque previsti dal  Decreto, oppure sia un prodotto diverso.

Infatti, nella prima ipotesi, opera la cosiddetta franchigia quindi, sono da qualificarsi come redditi agrari ai sensi dell’articolo 32 TUIR i redditi rivenienti dall’attività di trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti  del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore agricolo, mentre la parte eccedente tale limite deve essere determinata in base alle regole in materia di reddito d’impresa[23] .

Nel secondo caso, ovvero se dall’attività di trasformazione o manipolazione, si ottengono beni non agricoli e non rientranti   fra       quelli    elencati nel citato decreto ministeriale, non essendo soddisfatto il requisito della prevalenza, l’intero reddito prodotto costituisce reddito d’impresa, da determinarsi analiticamente in base all’articolo 56 del Tuir come ad es. il gelato.

L’art. 56-bis del Tuir al comma terzo, rimandando alla definizione di impresa agricola del Codice civile, include tra le altre attività agricole, le attività dirette alla “fornitura di servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”: per tali attività, il reddito si determina applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di redditività del 25 per cento.

Con circolare ministeriale n. 44/E del 2004, l’Amministrazione finanziaria, ha precisato il concetto di “uso prevalente”, definendo che la verifica va effettuata in relazione al volume d’affari prodotto con le attrezzature normalmente impiegate in azienda che deve risultare superiore a quello conseguito con le altre attrezzature; si tratta in particolare di attività quali, ad esempio: motoaratura; spalatura della neve; manutenzione del territorio; manutenzione del verde e simili, che l’imprenditore agricolo svolge impiegando in misura prevalente le stesse macchine agricole e le stesse  risorse umane normalmente impiegate nell’azienda.

La prevalenza deve sussistere, altresì, in riferimento ai servizi forniti con le attrezzature che non sono normalmente usate in azienda[24].

3. La valutazione dell’impresa agricola da parte del sistema creditizio.

Come premesso, la valutazione dell’impresa agricola   è un’attività abbastanza  complessa considerato che  non ci sono gli stessi obblighi restrittivi di tenuta della contabilità previsti per le imprese commerciali; nonostante cio’,  cercheremo ora di soffermarci sugli aspetti patrimoniali ed economico-finanziari che caratterizzano la sfera imprenditoriale agricola e sulle dinamiche che accompagnano questo particolare settore produttivo; ciò è propedeutico anche per la concessione di credito agrario alle imprese agricole che, molto spesso, si trovano in difficoltà a reperire dei finanziamenti presso gli istituti di credito, proprio per mancanza di un bilancio di esercizio da valutare ai fini della concessione di liquidità.

Così come   gli indici di rating da parte degli istituti bancari non sono calcolabili.

Altra difficoltà di indagine è data dal fatto che gli aspetti di identificazione prettamente patrimoniali, tendono spesso a confondersi con il patrimonio personale dell’imprenditore agricolo, anche in virtù della singolare condizione giuridica del settore che vede circa il 90% delle attività riconducibili all’art. 2135 del c.c. come ditte individuali o società semplici; peraltro, sotto il profilo finanziario, mancano le giuste impostazioni di politica finanziare aziendale, di budgeting, a parte le nuove generazioni, con la conseguente attitudine a creare copertura finanziaria ricorrendo agli usuali strumenti del credito bancario[25]  o peggio ancora, ricorrendo a forme di garanzia del credito molto obsolete come ad es. la cambiale agraria.

Da qui, la necessità di valutare e quantificare il patrimonio aziendale delle imprese agricole, nonché l’individuazione di criteri contabili finalizzati all’esigenza di ricostruire una situazione veritiera e quanto più rispondente alla realtà, anche ai fini dell’affidabilità creditizia.

3.1 Utilizzo di forme di finanziamento a medio e lungo termine.

L’utilizzo    di     forme di finanziamento a medio-lungo termine è limitato eventualmente ad iniziative di investimento che        beneficiano        prevalentemente di contribuzioni pubbliche[26] , in conto capitale e/o in conto impianti; tuttavia, gli            istituti         di          credito  preferiscono valutare il rating aziendale, avvalendosi di garanzie personali e reali garantite          dall’imprenditore o          dal suo nucleo familiare, ciò in quanto le dichiarazioni dei redditi delle imprese agricole ,      nella      forma di ditte individuali o società semplici, forme più diffuse in agricoltura, esprimono un reddito basato           sul valore catastale; di      conseguenza, mancando dati attendibili per la valorizzazione dei capitali fondiari   ed agrari,      c’è scarsa conoscenza del valore della produzione lorda vendibile agricola e di tanti altri valori necessari ai fini di una costruzione ragionata della valutazione delle attività aziendali.

Date queste mancanze, si rende quanto mai necessario fornire degli utili spunti, al fine di guidare le imprese agricole nella redazione di una situazione patrimoniale ed economica che sia il più possibile attendibile e consenta quindi alle stesse anche di poter contare su analisi più perfettibili da parte degli istituti di credito.

E’ in ogni caso propedeutico, conoscere sotto il profilo civilistico e fiscale, l’imprenditore  agricolo.

3.2. I fattori di rischio tipici gravanti sulla combinazione produttiva agricola.

L’attività delle aziende agricole può essere definita come una tipologia specializzata di attività economica  che si rivolge essenzialmente all’ottenimento di prodotti agricoli attraverso la coltivazione del fondo e/o l’allevamento del bestiame; in essa, si attua un complesso processo di trasformazione biologica delle cellule animali e vegetali che espone la predetta attività all’effetto di variabili che sfuggono al controllo dell’uomo.

L’attività agraria sostanzialmente “combina fattori produttivi, svolge un processo lavorativo, ottiene e colloca prodotti, come ogni altra attività produttiva, industriale o commerciale che sia[27]; tuttavia, a differenza delle imprese industriali tradizionali, nelle imprese agricole esiste un fattore produttivo, il fattore terra che è difficilmente malleabile rispetto al perseguimento degli obiettivi di efficienza ed efficacia produttiva e che può influenzare la qualità e l’entità della produzione animale e vegetale.

Nonostante cio’, l’intervento dell’uomo ed il progresso nel campo della biologia e della meccanizzazione, hanno permesso di modificare le condizioni generali del fondo, migliorandone la fertilità attraverso l’impiego di tecniche e di prodotti destinati specificamente a tale scopo: somministrazione di concimi, coltivazione di piante che forniscono gli elementi per le altre colture, con avvicendamento e/o consociazione delle stesse, ecc.; i caratteri distintivi e tipici delle imprese agricole possono essere analizzati guardando al loro contributo al rischio economico generale.

Attraverso lo studio delle parziali manifestazioni del rischio economico generale[28], è possibile analizzare i molteplici e disomogenei tratti distintivi dell’azienda agricola, dapprima come un insieme di rischi particolari gravanti sulla combinazione produttiva e poi in un’ottica di rischio economico generale gravante sulla stessa;seguendo questa logica, è possibile classificare i fattori di incidenza al rischio nelle aziende agrarie in cinque macro-classi, legate specificamente:

  • al carattere biologico dell’attività agricola;
  • ai caratteri tipicità relativi all’ambiente fisico-naturale, istituzionale, ;
  • ai caratteri di tipicità relativi alla combinazione produttiva;
  • ai caratteri di tipicità relativi agli elementi di struttura;
  • ai caratteri di tipicità relativi al mercato di

3.3 Le problematiche rappresentative e valutative delle attività agricole derivanti dalle disposizioni civilistiche.

Il codice civile all’art. 2423 c.c., disciplina le modalità di redazione del bilancio, ma lo fa in un’ottica generale, non riferendosi a specifiche fattispecie aziendali; inoltre, in tema di bilancio, la problematica agricola non rientra neppure tra gli ambiti che il legislatore ha ritenuto opportuno regolamentare, ricorrendo ad emanazioni di normative specifiche.

Si può affermare che il bilancio delle imprese agricole deve essere disciplinato in modo tale da soddisfare il sistema normativo predisposto dal legislatore che contempla la nota struttura su tre livelli:

  • 2423 c.c. ,clausole generali di redazione;
  • 2423 bis e ter c.c., i principi generali di valutazione e di classificazione;
  • 2424 e ss. c.c., norme applicative.

Per quanto riguarda il primo livello, la clausola generale di valutazione dispone che “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve essere in grado di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”; l’espressione “situazione aziendale” potrebbe indurre a ritenere che la rappresentazione del sistema dei valori di bilancio sia informata ad una logica statica.

L’art. 2423 bis c.c. dispone invece  che le valutazioni debbano essere effettuate nella prospettiva di continuazione dell’attività.

Il secondo livello[29], dispone che nella redazione del bilancio di esercizio si debbano perseguire il principio della competenza economica, vale a dire che “si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento”, nonché il principio della prudenza, cioè non si devono inserire in bilancio utili che non sono stati realizzati [30], mentre le perdite, anche se non definitivamente accertate, devono essere riflesse in bilancio.

Il terzo livello[31] ,disciplina gli schemi di classificazione dei valori di bilancio ed i criteri di valutazione da applicare alle singole classi.

Lo schema di stato patrimoniale prescrive all’attivo, tra le altre, due macro-classi: le immobilizzazioni, valutate sulla base del principio            del costo di acquisto o di produzione e l’attivo circolante, valutato sul principio del minor valore tra costo e valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato.

In prima battuta, è da rilevare come i criteri valutativi generali stabiliti dal codice, pur trovando una facilità applicativa nelle aziende commerciali ed industriali, risultano inadeguati nelle aziende agricole, poiché non riescono a rappresentare in maniera chiara, veritiera e corretta la dinamica economica e patrimoniale di questa tipologia di attività economica. L’attività agricola, per sua natura, infatti,  è rivolta principalmente alla gestione delle trasformazioni[32]  che interessano le “attività biologiche” come piante ed animali ed è finalizzata all’ottenimento di prodotti agricoli da destinare alla vendita, ovvero a successive   trasformazioni; il processo di trasformazione biologica a cui sono soggetti comporta dei cambiamenti quali-quantitativi che devono essere regolarmente misurati nell’ambito dell’attività di gestione aziendale.

Una valutazione effettuata in base al criterio del costo, per queste tipologie di attività, produce una rappresentazione contabile non veritiera, palesemente in contrasto con gli obiettivi generali stabiliti dal codice e trova numerosi limiti applicativi che possono essere ricondotti alla diffusa indeterminazione delle misurazioni alla base del calcolo economico, per questa tipologia di attività economica.

Inoltre, l’applicazione del principio della prudenza economica, nella contabilizzazione delle attività agricole, può portare ad alcune problematiche rappresentative in bilancio: infatti, se si attuasse in maniera pedissequa  tale principio, si potrebbero verificare dei problemi per la contabilità dei cicli produttivi molto lunghi.

Un esempio tipico, per quanto riguarda il bilancio delle aziende agrarie, può essere rappresentato dalla contabilizzazione dei suinetti destinati ad essere allevati e ingrassati; in questo caso, seguendo il postulato dell’art. 2423 bis c.c., per effetto del processo di evoluzione biologica, non si avrebbe una rappresentazione dei ricavi in bilancio fino a quando il suino adulto verrà macellato o venduto; l’applicazione dei dettami civilistici produce, quindi, come risultato, quello di trascurare la rilevazione di importanti variazioni nelle componenti di reddito tipiche delle aziende agrarie, con una conseguente sottovalutazione del loro patrimonio aziendale.

3.4 Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico

Prima di analizzare lo stato patrimoniale ed il conto economico di un’impresa agricola, ci si deve ricordare, come detto in premessa con riguardo alla richiesta di credito che il settore agricolo è un settore con delle  sue peculiarità; ciò rende assai complesso redigere un bilancio inteso in senso classico, anche perché, la maggior parte delle imprese agricole operano sotto la veste giuridica di impresa individuale.

Ma non solo; risulta complicato anche andare ad inserire taluni valori nelle classiche poste di bilancio per i motivi suesposti: da qui, la difficoltà di valorizzare le poste all’interno del conto economico e dello stato patrimoniale; il fatto inoltre, che le imprese agricole determinino quasi per la totalità il reddito fondiario, ossia in base alle rendite catastali, rappresenta un ulteriore ostacolo alla quantificazione della ricchezza.

C’è da dire, inoltre, che l’amministrazione finanziaria si è espressa nel tempo con circolari e risoluzioni, nel tentativo di chiarire il giusto assetto contabile di alcune voci di bilancio[33] , ma nonostante le svariate pronunce ministeriali e la sussistenza di giurisprudenza, a tutt’oggi, andare a stilare il bilancio di un’azienda agricola, può richiedere abilità e fantasia.

 3.5 Il bilancio della ditta individuale

 Il bilancio di una ditta individuale può essere rappresentato nel seguente modo:

STATO PATRIMONIALE

ATTIVITA’ PASSIVITA’
Attività liquide Debiti bancari a breve
Crediti a breve Debiti v/fornitori
Rimanenze finali di prodotti Altri debiti
Bestiame Finanziamenti a medio termine
Terreni Mutui
Fabbricati civili Debiti v/erario
Fabbricati strumentali Debiti previdenziali
Impianti F.do TFR
Macchinari F.do ammortamento
Serre
Altre immobilizzazioni TOTALE PASSIVITA’
Crediti a medio termine CAPITALE SOCIALE
Investimenti finanziari UTILE ESERCIZIO
PERDITA DI ESERCIZIO
PATRIMONIO NETTO
TOTALE ATTIVITA’ TOTALE A PAREGGIO

CONTO ECONOMICO

COSTI RICAVI
Costi di produzione Ricavi di vendita
Rimanenze iniziali Rimanenze finali
Salari e stipendi Interessi attivi
Acquisto Merci
Affitto Redditi extra agrari
Quote ammortamento Contributi
Interessi passivi
Imposte e tasse
Oneri vari
TOTALE COSTI
UTILE DI ESERCIZIO
PERDITA DI ESERCIZIO
TOTALE A PAREGGIO TOTALE RICAVI

 In sostanza il bilancio di un’impresa agricola deve contenere le seguenti informazioni:  nello stato patrimoniale si deve indicare il valore delle attività biologiche, in aggregato o per gruppi omogenei; le  modifiche del valore delle attività biologiche devono essere indicate separatamente nel conto economico oppure evidenziate nelle note al bilancio; per ogni gruppo di attività biologiche si devono descrivere la natura e lo stadio di accrescimento; nelle note al bilancio si deve inserire una riconciliazione del valore iniziale e finale di ogni gruppo  di attività biologiche.

Nello specifico i dati da indicare sono: la variazione di valore dovuta all’accrescimento biologico e la variazione derivante dal cambiamento dei prezzi unitari, gli incrementi e le diminuzioni dovute ad acquisti e vendite, le diminuzioni dovute a raccolti, macellazioni, abbattimenti di foreste, differenze cambio legate alla traduzione del bilancio in un’altra moneta, altri cambiamenti di valore contabile[34].


Per approfondimenti, consigliamo i seguenti manuali:


4.    Aspetti  contabili della azienda agricola.

I     principi        contabili    internazionali    IAS/IFRS, destinati a plasmare in modo massiccio le prassi contabili del    nostro paese, sono orientati all’abbandono del concetto del “costo”, in favore del “fair value” ovvero il valore corrente o di mercato; in particolare, lo IAS 41 si applica alle attività agricole fino al momento del raccolto o della macellazione, dopodiché i prodotti agricoli rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 2 «Rimanenze».

Tale  principio    è stato      approvato nel Febbraio del 2001 dallo IASB  ed è entrato in vigore a partire dai bilanci di esercizio      delle  imprese     agricole con data di inizio successiva al 1° Gennaio 2003; rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 41, i contributi pubblici all’attività agricola, mentre sono escluse le immobilizzazioni, come i terreni o le macchine agricole, ai quali continua ad applicarsi lo IAS 16 ed i prodotti che, dopo il raccolto o la macellazione, sono soggetti alle norme stabilite dallo IAS 2.

Lo        IAS 41     rappresenta il documento ufficiale con cui lo IASB ha provveduto a definire il trattamento     contabile, l’esposizione in bilancio e l’informativa connessa delle attività realizzate in agricoltura; lo IAS 41, inoltre, si applica all’attività agricola definita come «gestione, da parte di un’impresa, della trasformazione biologica di animali vivi o piante[35].

Esulano dall’oggetto dello IAS 41 le trasformazioni industriali del prodotto agricolo, come la produzione di conserve alimentari, la produzione di mangimi, di legname da costruzione e in generale tutte le lavorazioni successive al raccolto o alla macellazione.

Ciò premesso, si segnala che ad oggi l’articolo 2426 del codice civile prevede il costo quale criterio base per la valutazione delle poste di bilancio, un criterio che sebbene   non offra al lettore una rappresentazione  a valori reali, costituisce un parametro certo ed esente da valutazioni di tipo discrezionale.

Di seguito si analizzano alcune voci di bilancio e le rispettive scritture in partita doppia.

4.1. IAS 2 Rimanenze Finali.

Le rimanenze finali rappresentano i costi sostenuti per l’acquisto o la produzione dei beni,        i cui ricavi saranno

verosimilmente    percepiti solo l’anno successivo; pertanto, in base al principio della competenza, i predetti ricavi

devono essere rinviati al futuro.

A fine  anno occorre  valutare le giacenze di: Materie prime (sementi, concimi, etc.) ;

Prodotti di scorta (fieno, paglia, etc.); Prodotti vendibili (grano, mais, etc.); Anticipazioni colturali.

Rimanenze Finali Fattori Fattori c/Rimanenze
Dare Avere Dare Avere
10.000 10.000

In fase di chiusura confluiranno nel Conto Economico i saldi dei conti aperti a: Rimanenze iniziali; Rimanenze finali;

Acquisti; Vendite.

Materie                      prime c/acquisti Fattori c/Rimanenze
Dare Avere Dare Avere
10.000 10.000

4.2 Gli asset biologici dell’impresa.

Prima di entrare nel vivo delle attività agricole principali, come definite dall’art.   2135 del c.c., si rende opportuno

elencare di seguito definizioni o concetti “usualmente agricoli”:

  • attività agricola: gestione, da parte di un’impresa, della trasformazione biologica di attività biologiche allo

scopo di ottenere prodotti agricoli o attività biologiche addizionali da destinare alla vendita.    Come noto, il

vecchio testo dell’art. 2135 del c.c.,       si           limitava a qualificare           agricole         le           attività

tradizionali,      ossia coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento e le attività connesse ancorate ad un

concetto di esercizio normale, per cui rientravano tra queste ultime, soltanto la  trasformazione e la   vendita

di prodotti tipici come olio e vino;

  • prodotto agricolo: prodotto, raccolto, o macellato, delle attività biologiche dell’impresa agricola;
  • attività biologica: pianta o animale vivo;
  • trasformazione biologica: processi di crescita, produzione o procreazione che provocano cambiamenti

qualitativi o quantitativi delle attività biologiche;

  • raccolto, macellazione, molitura, vinificazione: è il distacco del prodotto da un’attività biologica o la cessazione delle funzioni vitali di un’attività biologica.

Al momento della contabilizzazione iniziale e, successivamente, ogni volta che si redige un bilancio, le attività biologiche devono essere valutate al valore corrente al netto dei costi di vendita; i costi di vendita sono costituiti dalle intermediazioni, dalle imposte e dagli eventuali diritti dovuti all’autorità che gestisce il mercato; non sono compresi tra questi costi i trasporti e gli altri costi necessari per portare il prodotto al mercato.

Quando esiste più di un mercato attivo per un determinato prodotto, l’impresa deve utilizzare le quotazioni del mercato dove verosimilmente si procederà all’allocazione del prodotto; in mancanza di  un mercato di riferimento, invece, si può tener conto di svariati fattori, tra i quali:

  • significative variazioni  nelle circostanze economiche dell’operazione come ad esempio eventi calamitosi;
  • prezzi di mercato di attività simili; valorizzazione del made in Italy ;
  • iIn altri casi, invece, il costo può avvicinarsi al valore corrente: si pensi per esempio alla data di chiusura del bilancio di poco successiva alla semina.

Ovviamente il risultato d’esercizio può essere influenzato positivamente o negativamente a seconda della  variazione temporale del valore corrente delle attività biologiche iscritte in bilancio, al netto dei costi di vendita.

Come anticipato sopra, vi è la presunzione che sia possibile valutare in modo attendibile il valore corrente delle attività biologiche; questa presunzione chiaramente può venire meno in fase di contabilizzazione iniziale di un’attività, quando cioè non esistono prezzi o valori di mercato e dunque non sarebbe possibile giungere ad una stima attendibile; in questi casi è possibile utilizzare la valutazione al costo, al netto dell’eventuale ammortamento o perdita di valore.

Quando poi, il valore corrente di tali attività biologiche diviene disponibile, le stesse verranno valutate al valore corrente al netto dei costi di vendita.

E’ bene precisare che un’attività che è stata valutata al valore corrente, deve continuare ad essere valutata  sempre con lo stesso criterio, fino al momento della vendita e non può più essere valutata al costo, perché la presunzione della disponibilità del valore corrente può esserci solo al momento della contabilizzazione iniziale.

4.3  L’applicazione del fair value nello IAS 41.

Tra tutti gli IAS che prevedono la valutazione al fair value, lo IAS 41 costituisce il più radicale allontanamento dal

criterio del costo storico.

A differenza di altri principi contabili, in cui il costo di acquisizione può rappresentare indirettamente    il fair value

   quale           espressione del prezzo praticato sul mercato, nello IAS 41 invece, la valutazione deve essere effettuata

sempre e solo al fair value, fin dalla prima iscrizione in bilancio, in quanto non è possibile ricorrere al criterio del

costo, se non in casi espressamente indicati dal principio contabile 15.

Il dibattito sull’adozione del fair value nello IAS 41 è stato molto acceso: i sostenitori di una valutazione al fair value

     all’interno dello IAS 41 hanno individuato i seguenti punti di forza:

  • il fair value consente di evidenziare, con maggiore chiarezza, gli effetti dei cambiamenti conseguenti alle trasformazioni biologiche;
  • le variazioni del fair value possono essere più direttamente correlate ai cambiamenti nelle aspettative dei benefici futuri.        Ad esempio,   nel caso di una piantagione boschiva in fase di crescita, utilizzando un sistema contabile basato sul costo storico, nessun ricavo potrebbe essere  iscritto a bilancio sino alla prima raccolta e vendita[36] .  Al contrario, il ricavo è valutato         ed       iscritto per tutto il periodo sino al momento dell’iniziale raccolto, se è utilizzato un sistema contabile che rileva e valuta la crescita biologica utilizzando il fair value;
  • il fair value ha una maggiore rilevanza, attendibilità, comparabilità e comprensibilità per la valutazione dei benefici economici futuri attesi dalle attività biologiche rispetto al costo storico;
  • molte attività biologiche sono commercializzate in mercati attivi con prezzi di mercato La presenza di mercati attivi incrementa significativamente         l’attendibilità    del valore di mercato quale indicatore del fair value, mentre le valutazioni a costo delle attività biologiche sono   alcune volte meno attendibili perché prodotti e costi congiunti possono creare complesse ed arbitrarie ripartizioni dei costi tra i differenti prodotti della trasformazione biologica;
  • i cicli produttivi relativamente lunghi e continui, con ambienti produttivi e di mercato volatili, implicano che il periodo amministrativo spesso non coincida con un ciclo completo. Come conseguenza, una valutazione di fine esercizio, in  contrapposizione ad una valutazione effettuata al momento dell’operazione, assume maggiore significatività nel produrre una misura del risultato di periodo in corso;
  • il fair value conduce alla determinazione di una grandezza reddituale più organica ed omogenea che prescinde da esigenze tecnico-contabili che impongono invece la mancata rappresentazione di una parte dei risultati della gestione .

Coloro che, invece, sono contrari ad una valutazione delle attività biologiche al fair value e propendono –per  una valutazione a costo ritengono che gli aspetti a favore siano:

  • vi è una maggiore attendibilità nella valutazione dei costi poiché il costo storico è ritenuto il risultato di operazioni fra controparti indipendenti e fornisce evidenza di un valore di libero mercato in un preciso istante temporale ed è indipendentemente verificabile;
  • i prezzi di mercato alla base della valutazione a fair value, sono spesso volatili e ciclici. La non verificabilità del fair value, spesso basato su valutazioni soggettive, rischia di fornire informazioni non corrette agli utilizzatori del bilancio;
  • una valutazione periodica al fair value è significativamente più onerosa rispetto ad una —valutazione al costo, in particolar modo nel caso in cui vengano richieste relazioni infra-annuali;
  • la convenzione del costo storico è ben consolidata e comunemente usata, inoltre fornisce un criterio valutativo più oggettivo e coerente rispetto al fair value;
  • i mercati di alcune attività biologiche non esistono in alcune nazioni [37] rendendo impossibile il calcolo del valore equo, inoltre molte attività biologiche non sono possedute per la vendita, per cui una loro correlazione con il fair value, ad una determinata data può non risultare valida.

4.4  Rappresentazione e valutazione dei beni agricoli.

Nell’attuale sistema normativo, l’obbligo contabile per le imprese agricole è differenziato in funzione della forma giuridica adottata per lo svolgimento dell’attività: si passa dall’esonero della tenuta della contabilità civilistica per le imprese individuali, all’obbligo previsto per le società di persone e di capitali alla pari delle altre imprese.

Più precisamente:

  • le imprese individuali: sono soggette agli obblighi della normativa tributaria che prevede la tenuta dei registri IVA, mentre, ai fini civilistici, non sono tenute all’obbligo dell’adozione dei libri contabili; sotto il profilo dei redditi determinano il reddito secondo le risultanze catastali, a norma dell’art. 32 del Anche ai fini delle imposte dirette, non viene previsto alcun obbligo di tenuta dei libri contabili;
  • tra le società di persone, si annoverano innanzi tutto le società semplici, strumento societario molto diffuso nel comparto agrario, atteso che essendo per loro natura società che non possono svolgere attività commerciale, si prestano bene per l’esercizio dell’attività agricola. Anche le società semplici, al pari delle imprese individuali, generano il reddito secondo il sistema di determinazione catastale del reddito[38] , ai sensi dell’art. 32 del TUIR. Sono tenute solamente a redigere un rendiconto alla fine dell’esercizio sociale, così come le n.c. e le S.a.s. L’obbligo, tuttavia, incombe solo sui soci amministratori. Le S.n.c. e le S.a.s., invece, ai fini della determinazione del reddito, devono tenere le scritture contabili ordinarie[39] , salvo che, non superando determinati limiti di ricavi, rientrino nella tenuta della contabilità semplificata con l’osservanza della tenuta dei soli registri IVA;
  • da ultimo, le società di capitali, le cooperative ed i consorzi agricoli, devono tenere le scritture ordinarie, sia ai fini civilistici che fiscali, oltre ai previsti libri sociali.

4.5 La contabilizzazione delle attività biologiche “fruttifere”.

Secondo il principio contabile IAS 41, un’attività biologica deve essere valutata alla rilevazione iniziale e a ogni data di riferimento del bilancio al suo fair value, al netto dei costi stimati al punto di vendita.

Le attività biologiche fruttifere si caratterizzano per il loro uso durevole nel tempo; esse vengono impiegate come veri e propri strumenti di produzione dell’azienda agricola: frutteti, vigneti, oliveti etc. Tali attività pertanto, vengono appostate in bilancio nella voce “Immobilizzazione materiali” di cui all’art. 2424 del c.c., in considerazione, appunto, della relativa utilizzazione pluriennale.

Deve osservarsi che le imprese sono incoraggiate a fornire dati quantitativi sulle attività biologiche distinguendole tra «mature» e «immature», o tra «consumabili» e «fisse»: le attività «consumabili» sono gli animali destinati alla vendita o alla produzione di carne ed i vegetali destinati ad essere raccolti come il mais, il frumento o gli alberi destinati alla produzione di legname;  le attività «fisse» sono tutte quelle diverse da quelle «consumabili», come ad esempio i bovini  da latte, i vigneti e gli alberi da frutto.

Le attività mature sono quelle che hanno le caratteristiche che le rendono idonee per il raccolto o la macellazione o, se «fisse», che sono in grado di fornire regolarmente un prodotto da raccogliere.

Tornando a soffermarci sull’aspetto contabile, si segnala che secondo quanto disposto dall’art. 2426 del c.c., le immobilizzazioni, al momento della loro rilevazione iniziale, devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione e comprendere anche eventuali oneri accessori quali ad esempio, le spese notarili, di progettazione etc, nel primo caso.

Diversamente, nei costi di produzione, possono confluire tutti i costi direttamente imputabili al prodotto come ad esempio il costo per l’acquisto di materiali necessari alla messa a punto di impianti di vigneti: ma non solo; il costo di produzione può altresì comprendere anche altre voci purché si riferiscano al periodo di fabbricazione, ovvero all’entrata in funzione del bene da contabilizzare.

Nel caso di realizzazione in economia, i costi sostenuti al termine dell’esercizio per l’immobilizzazione non  ancora completata, devono essere rilevati, ovviamente, tra le immobilizzazioni in corso, fino a  che i beni non saranno completati e resi disponibili per l’uso cui sono destinati; successivamente, i costi sostenuti per manutenzioni e riparazioni potranno essere ragionevolmente separati tra manutenzioni e riparazioni ordinarie e straordinarie. Chiaramente, mentre le manutenzioni e riparazioni straordinarie comprendono tutte le spese di ampliamento, ammodernamento o miglioramento dei beni e che devono essere capitalizzate ad incremento del costo iniziale, le spese di manutenzione ordinaria, rientrano tra le spese correnti dell’esercizio.

Un altro costo da prendere in considerazione è quello inerente il sostenimento degli oneri finanziari sui capitali presi a prestito per l’acquisto o la costruzione delle attività biologiche: in base agli attuali principi contabili, OIC N. 16 “Immobilizzazioni materiali”,  il costo delle immobilizzazioni materiali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ciascun esercizio, in relazione con la residua utilità di ogni bene; di conseguenza, l ‘ammortamento, che consiste nella ripartizione del costo delle immobilizzazioni durante gli esercizi della loro vita utile stimata, deve iniziare dal momento in cui i beni sono pronti per essere utilizzati nell’ambito dell’attività; pertanto, è opportuno definire un piano di ammortamento dei vari tipi di attività biologiche[40] che tenga conto del valore da ammortizzare, del periodo di vita di ogni bene  e del criterio di ammortamento.

Per quanto attiene al valore da ammortizzare, deve essere calcolata la differenza tra il costo dei beni ed il presumibile valore residuo al termine della vita utile: e’ ovvio che la quantificazione della vita utile dell’attività biologica, in quanto soggetta ad eventi calamitosi o a patologie che affliggono il mondo animale e vegetale[41] costituisce uno dei campi più problematici per la valutazione dei beni biologici; del resto, un conto è determinare il periodo di ammortamento di un macchinario che, salvo diverse esigenze, viene utilizzato in modo costante e sistematico ed un’ altro è valutare l’obsolescenza fisica ed il grado di utilizzo di un’attività biologica per i motivi sopra esposti; ne deriva  che tali peculiarità comportano un correlato rischio di soggettività nella scelta del metodo di ammortamento utilizzato o dei criteri applicati nel caso di perdite durevoli di valore e delle possibili reiterazioni nel corso del tempo.

Ciò premesso, si precisa che il metodo di ammortamento utilizzati si basa sull’ipotesi che l’utilità del bene venga ripartito per quote costanti per tutta la durata della vita utile di ciascun bene; ne consegue, pertanto, che la determinazione del coefficiente di ammortamento, è data dal rapporto tra il valore ed il numero di anni di vita utile.

Da ultimo un passaggio sulle rivalutazioni, sulle perdite durevoli e sui ripristini dei valori: le prime, vale a dire le rivalutazioni dei beni, possono essere eseguite, ai sensi dell’art. 2423 del c.c., solo al verificarsi di casi eccezionali, o qualora lo prevedano delle leggi speciali; le svalutazioni per perdite durevoli ed i ripristini dei valori, sono invece molto più frequenti nel mondo agricolo.

Volumi consigliati:

 


Bibliografia:

  • Tiziana Di Gangi:La contabilita’ in agricoltura. MAGGIOLI 2021.
  • Frascarelli . (2012): L’azienda agricola. Edizioni FAG.
  • Tosoni –Preziosi: Agricoltura e Fisco, Gruppo SOLE 24 ORE, ed. 2018.
  • Cassandro P.E. (1970): Le aziende agrarie: caratteristiche organizzative e di gestione, CACUCCI.
  • Di Cocco: Economia dell’azienda agraria, Edizioni Agricole Bologna 1970.
  • Caterina Dell’Erba: IVA e regime fiscale in agricoltura. Fisco e tasse 2021.
  • L’impresa agricola in Italia: Profili civilistici, giuslavoristici, contabili e fiscali . Fondazione Nazionale dei Commercialisti. Edizione Gennaio 2017.
  • Il Fallimento, 11, 2003.
  • Galgano, Trattato di diritto civile – Volume 3, Padova, 2014.
  • Foro it. 1977, 1759.
  • Il Fallimento, 11, 2011, 1365.
  • Alessi, G. Pisciotta, Impresa Agricola in Comm. Cod. Civ. Milano, 2010.
  • Germano’, Manuale di Diritto Agrario, Torino, 2016.
  • Petrelli, Studio sull’ impresa agricola, Milano, 2007.
  • Alpa, V. MAaiconda, Codice civile commentato, Art. 2135, Milano, 2013.
  • Costato, A. Germanò, E. Rook Basile, Trattato di Diritto Agrario, Torino, 2011.
  • Bauer Riccardo in “A&F” 3 del 2005

Note:

[1] Tiziana Di Gangi:LA CONTABILITÀ IN AGRICOLTURA 2021-MAGGIOLI 2021

[2] IASC

[3] IASB

[4] Costo corrente.

[5] Civilisticamente, viene considerata agricola anche l’attività che cura soltanto una fase del ciclo, poiché è possibile che in agricoltura le aziende si specializzino ed operino in una o poche fasi del ciclo piuttosto che sull’intero ciclo biologico, senza per questo perdere la qualifica di imprese agricole. Si pensi, ad esempio, ad un’impresa vivaista che acquista delle piante allo stato vegetativo e si occupa dell’accrescimento delle stesse, fino alla loro rivendita. O ancora, all’allevatore che acquista dei capi di bestiame neonati e si prende cura degli stessi al fine di accrescerli. Bene, in queste fattispecie, ancorché il ciclo biologico non sia interamente a carico dell’agricoltore-allevatore, ma solo una parte di esso, non viene meno il concetto di agrarietà Cfr. TOSONI-PREZIOSI, Agricoltura e Fisco, Gruppo Sole 24 Ore, ed. 2018.

[6] Come nel caso delle colture idroponiche ovvero delle colture cd. Verticali.

[7] Api, lumache, tartarughe, lama, alpaca, guanaco etc

[8] Manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi.

[9]  FRASCARELLI M. (2012), L’azienda agricola, Edizioni FAG, p. 14.

[10] Requisito soggettivo.

[11] Requisito oggettivo.

[12]  In relazione alle attività di fornitura di beni o servizi da parte dell’imprenditore agricolo, l’art.2135 c.c. sancisce che queste attività non devono aver assunto per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale (Cfr Circ. Agenzia Entrate n. 44/2004).

[13] Regime speciale di cui all’art. 34 del DPR. n. 633/72.

[14] Cfr  circ. n. 50/2010.

[15] Cfr  Circolare n. 44/E del 2002.

[16] Cfr Circolare n. 44/E del 2004

[17] quantità

[18] Ad esempio, trasformazione in marmellate di mele prodotte e mele acquistate.

[19] Ad esempio, trasformazione in marmellate di mele prodotte e pere acquistate da terzi.

[20] Rispettivamente reddito agrario e reddito forfettizzato.

[21] Soggetti IRES.

[22] Salvo opzione per il regime ordinario.

[23] Ad es empio il produttore di vino che coltiva uva propria e realizza vino e acquista anche uve non proprie. Qualora il quantitativo delle uve proprie non fosse prevalente rispetto a quelle acquistate, trova applicazione la c.d. franchigia (Circ. 44/E/2004, punto 2).

[24] Ad esempio spalatura neve con trattore e spazzaneve; il valore del trattore deve essere maggiore del valore dello spazzaneve portato.

[25] Ad es. prestiti a breve-medio termine.

[26] PON e PSR ad es.

[27]  CASSANDRO P.E. (1970), Le aziende agrarie: caratteristiche organizzative e di gestione, Cacucci, p. 24.

[28] Per rischio economico generale si intende l’eventualità che l’impresa non riesca a remunerare in modo adeguato i

fattori produttivi acquisiti e consumati.

[29] Art. 2423 bis c.c.

[30] Ci si assicura così contro i rischi connessi al probabilismo nel quale dovrà svolgersi la gestione futura.

[31] Art. 2424 e ss.

[32] Riproduzione, accrescimento, produzione e deperimento.

[33] Ad es. contributi comunitari.

[34]  L’attività agricola secondo lo IAS 41di Bauer Riccardo (in “A&F” n. 3 del 2005), pag. 6.

[35]Attività biologiche o biological assets  in attività biologiche addizionali o in prodotti agricoli destinati alla vendita.

[36] Il periodo che va dall’impianto della piantagione, al raccolto, dura mediamente 30 anni.

[37] In particolare per le attività biologiche che hanno un lungo periodo di crescita come le piantagioni boschive.

[38] Dominicale ed agrario.

[39] Libro giornale, inventario, registro dei beni ammortizzabili, scritture sistematiche.

[40] Vigneti, oliveti etc.

[41] Grandine, contaminazioni varie etc.

Dott. Corteselli Emilio

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