Gli incarichi esterni dei docenti universitari: incompatibilità ed accertamenti

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La disciplina in materia di incompatibilità e cumulo di incarichi.

La disciplina relativa alle attività extraistituzionali e alle incompatibilità dei pubblici dipendenti, con specifico riferimento ai docenti universitari a tempo pieno, è regolata dalle disposizioni di cui all’art. 1, commi da 56 a 65, della Legge 662/96, dall’art. 53 del D.Lgs. n. 165/01 nonché da ultimo dall’art. 6, commi 9, 10 e 12, della Legge 240/2010.

In particolare, l’art. 1, comma 60, della legge 662/96, per i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale con prestazione lavorativa superiore al 50% di quella a tempo pieno, stabilisce il divieto di “svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra fonte normativa ne prevedano l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza e l’autorizzazione sia concessa”.

Parimenti l’art. 53 del D.Lgs. n. 165/01 al comma 7 prevede che “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto”.

Tra gli incarichi per cui è prevista la previa autorizzazione vi rientrano tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, per i quali è previsto sotto qualsiasi forma un compenso. Sono, invece, eccezionali e tassative le deroghe previste per incarichi retribuiti dal comma 6 art. 53 del D.Lgs. 165/01.

La ratio del regime autorizzatorio va individuata nella necessità di consentire ai dipendenti pubblici, in deroga alla regola della incompatibilità, l’assunzione e lo svolgimento di incarichi occasionali retribuiti allorquando questi non raffigurano delle stabili attività commerciali, industriali, professionali.

 

Accertamento delle violazioni ed irrogazione delle sanzioni.

In caso di violazione delle disposizioni in tema di incompatibilità e cumulo di incarichi, il regime punitivo è assai rigoroso in quanto sono previste sanzioni sia per chi conferisce l’incarico, sia per chi lo espleta in assenza di autorizzazione. Lo stesso comma 7 dell’art. 53 del D.Lgs. 165/01 prevede che, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

Al riguardo dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel ritenere che la previsione dell’art. 53, comma 7, ha valenza risarcitoria e non sanzionatoria , come risulta chiaramente dall’inciso “salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare”.

E d’altronde, all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni previste dall’art. 53 non provvede l’amministrazione di appartenenza, bensì il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che si avvale della Guardia di Finanza; con la conseguenza che le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

 

L’autorizzazione con la formula “ora per allora”.

In relazione a quanto innanzi detto, si segnala come una recente attività ispettiva della Guardia di Finanza ha riguardato gli incarichi extraistituzionali dei pubblici dipendenti, nello specifico dei professori universitari: in seguito a tale attività ispettiva, i soggetti che hanno conferito un incarico retribuito al docente universitario, a dire dell’Organo accertatore senza autorizzazione, si sono visti notificare il verbale di contestazione con conseguente irrogazione delle sanzioni.

In buona sostanza, le violazioni contestate dalla Guardia di Finanza attengono ai commi 9 e 11 dell’art. 53 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165:

  1. l’aver conferito l’incarico retribuito al professore universitario senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza (nello specifico l’Università):

  2. l’aver omesso di comunicare all’amministrazione nei termini di legge (30 aprile di ciascun anno) i compensi erogati al docente universitario nell’anno precedente.

Orbene, ciò che preme rilevare è che l’Organo accertatore ha irrogato le sanzioni anche allorquando l’autorizzazione a svolgere l’incarico è stata richiesta o dal dipendente pubblico o dal soggetto pubblico o privato che ha conferito l’incarico, così come prescrive il comma 10 dell’art. 53, e l’amministrazione l’ha in seguito concessa.

In sostanza, la Guardia di Finanza contesta la circostanza che la richiesta di autorizzazione per l’espletamento dell’ incarico professionale sia stata avanzata da parte del dipendente in data successiva a quella di inizio dell’attività di consulenza.

Ebbene, si evidenzia come la contestazione sollevata dall’Organo accertatore in merito alla violazione dell’art. 53, comma 9, del D.Lgs. 165/2001 appare del tutto illegittima e infondata: ed infatti, la circostanza che, nel momento in cui viene avanzata la richiesta di autorizzazione, l’incarico extraistituzionale conferito al professore universitario sia già iniziato, non va in alcun modo ad inficiare la validità dell’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione, la quale dovrà considerarsi concessa con la formula “ora per allora”.

Al riguardo si osserva come è del tutto pacifico, in dottrina e giurisprudenza l’ammissibilità delle autorizzazioni “ora per allora” in tutti i settori dell’ordinamento amministrativo italiano, eccezion fatta – anche se in parte – per la materia paesaggistica (vedi art. 146, comma a, D.Lgs. 42/2004).

Ma all’infuori di questa ipotesi espressamente vietata, non sussistono dubbi in ordine al rilascio delle autorizzazioni “ora per allora”, “essendo peraltro ritenuta irrilevante (dalla giurisprudenza e dalla dottrina) la circostanza che tale forma di autorizzazione non sia espressamente prevista”.

D’altronde, l’utilizzo dell’autorizzazione “ora per allora” è diffuso in tutte le Amministrazioni nonché nelle Università, le quali sovente concedono ai docenti autorizzazioni per incarichi extraufficio retribuiti già iniziati o addirittura conclusi.

Alla luce di tanto, è da considerarsi sicuramente possibile un intervento autorizzatorio postumo a sanatoria di incarichi già espletati: la portata convalidante dell’intervento tardivo dell’amministrazione esclude, inevitabilmente, ogni risvolto disciplinare o pecuniario in capo al dipendente pubblico.

E del resto, essendo la ratio dell’autorizzazione quella di verificare la sussistenza di eventuali situazioni di conflitto fra l’interesse del privato richiedente e quello della P.A. destinataria, è evidente che tale accertamento, così come può essere eseguito ex ante, a maggior ragione può essere effettuato ex post alla luce dell’attività professionale concretamente svolta dal richiedente e dei compensi da lui effettivamente percepiti.

 

L’esimente dell’incolpevole errore sul fatto: art. 3 della Legge 24 novembre 1981, n. 689.

Un ulteriore profilo da esaminare concerne, poi, l’applicazione al caso de quo dell’esimente dell’incolpevole errore sul fatto.

Non c’è dubbio, infatti, che il soggetto privato che conferisce l’incarico al professore universitario lo conferisce in virtù dell’attività del professionista in quanto tale (avvocato, ingegnere, commercialista …), non ponendosi di certo la questione della qualifica di dipendente pubblico dell’affidatario, e tantomeno di dipendente pubblico a tempo pieno, stante l’assoluta indifferenza di tale qualifica ai fini sia del conferimento dell’incarico che del suo svolgimento.

E’ noto come l’art. 3 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 esclude la responsabilità dell’agente nell’ipotesi in cui l’infrazione sia stata commessa per “errore sul fatto” non determinato da colpa del soggetto attivo: con questa disposizione il legislatore della depenalizzazione ha inteso eliminare – sul modello della responsabilità soggettiva penale – dall’ordinamento sanzionatorio amministrativo ogni traccia residuale di responsabilità oggettiva, ammettendo per converso la buona fede e l’errore incolpevole quali cause di esclusione dell’illecito amministrativo. Anche per la configurabilità dell’illecito amministrativo si ritiene, quindi, necessario che nella condotta dell’agente si possano ravvisare quantomeno gli estremi della colpa, in termini di negligenza o imprudenza.

Per contro, l’errore esclude l’illecito amministrativo ove sia incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall’interessato con l’ordinaria diligenza (Cass. 05/06/2001, n. 7603; Cass 15/06/2004, n. 11253).

Una volta accertato che la condotta del soggetto che conferisce l’incarico è priva di dolo e tantomeno di colpa, viene indubbiamente ad operare nei suoi confronti l’esimente dell’incolpevole errore sul fatto.

 

Problematiche attinenti la competenza territoriale.

Si rileva, inoltre, come i recenti accertamenti relativi ad eventuali situazioni di incompatibilità e cumulo di incarichi ex art. 1, c. da 56 a 65, della L. 662/96 e art. 53, D.Lgs. n. 165/01, nei confronti dei soggetti che hanno conferito incarichi retribuiti a professori universitari, sono stati effettuati dalla Guardia di Finanza in spregio a quanto previsto dagli art. 17 e 18 della Legge n. 689/1981 in materia di competenza territoriale.

In particolare, l’art. 17 della Legge n. 689/1981 dopo aver premesso al comma 1 che l’Organo accertatore «deve presentare il rapporto … all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione …», al successivo comma 3 individua l’«ufficio territorialmente competente» in «quello del luogo in cui è stata commessa la violazione»; l’art. 18 del medesimo testo normativo poi, al comma 1, precisa che l’Autorità cui far pervenire scritti difensivi, documenti ed eventuali richieste di audizione è appunto quella «competente a ricevere il rapporto a norma dell’articolo 17» (quella cioè del luogo in cui è stata commessa la violazione), attribuendo a quest’ultima, nel successivo comma 2, la competenza ad adottare i provvedimenti di rito (ordinanza-ingiunzione ovvero ordinanza di archiviazione), dopo aver esaminato quanto dedotto, prodotto e chiesto dagli interessati.

Nonostante la normativa in materia di competenza territoriale sia quanto mai chiara ed intelligibile, la Guardia di Finanza, del tutto illegittimamente, ha ritenuto competente l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate prendendo, con ogni probabilità come riferimento il domicilio fiscale del presunto trasgressore: la competenza, invece, da un punto di vista territoriale, così come previsto ex lege, spetta all’Ufficio dove è stata commessa la violazione e, quindi, nel caso di specie, all’Ufficio del luogo dove ha sede l’amministrazione di appartenenza (Università) del pubblico dipendente (professore universitario) cui viene richiesta l’autorizzazione ed al quale vanno comunicati i compensi.

 

La riforma Gelmini: Legge 22 dicembre 2011 n. 240.

Per concludere, un breve cenno merita la riforma Gelmini introdotta dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 240 la quale ha, in larga parte, innovato il regime delle incompatibilità dei professori e dei ricercatori universitari sia a tempo pieno che a tempo definito, liberalizzando alcune attività prima soggette ad autorizzazione e sottoponendo all’autorizzazione del Rettore altre tipologie di attività, in riferimento all’assenza di conflitto di interessi con l’Università di appartenenza nonché a condizione che le attività medesime non rappresentino detrimento alle attività didattiche, scientifiche e gestionali affidate ai richiedenti.

In particolare, l’art. 6 della suddetta legge, al comma 9, statuisce che la posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l’esercizio del commercio e dell’industria e, limitatamente ai professori e ricercatori a tempo pieno, con l’esercizio di attività libero-professionale.

Il successivo comma 10 prevede, invece, che i professori a tempo pieno, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, e conseguentemente senza la necessità di acquisire un’autorizzazione preventiva:

  1. attività di valutazione e referaggio;

  2. lezioni e seminari di carattere occasionale;

  3. attività di collaborazione scientifica e di consulenza;

  4. attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale;

  5. attività pubblicistiche ed editoriali.

Il comma 12, infine, prevede la possibilità che i professori e i ricercatori a tempo definito svolgano attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non determino situazioni di conflitto di interesse rispetto all’ateneo di appartenenza disponendo anche che gli stessi possono svolgere attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri, previa autorizzazione del Rettore, che valuta la compatibilità con l’adempimento degli obblighi istituzionali.

Alla luce della nuova normativa, ferma l’incompatibilità per i professori e ricercatori a tempo pieno, con l’esercizio del commercio e dell’industria e con l’esercizio di attività libero professionali, vengono ampliate le tipologie di incarichi retribuiti non soggetti al regime di autorizzazione previsti dall’art. 53, comma 6, del D.L.gs. 165/2001.

In particolare, la novità maggiormente rilevante riguarda la possibilità per i professori e ricercatori a tempo pieno di svolgere liberamente qualsiasi attività di consulenza: il professore o ricercatore potrà, quindi, espletare l’incarico di consulenza come attività occasionale, vale a dire per periodi non superiori a 30 giorni per anno solare e con un compenso complessivo annuo non superiore a € 5,000,00.

 

Lecce, 22 ottobre 2011

Avv. Villani Maurizio

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