Gli Enti locali possono ridurre il canone di locazione per i locali locati ad attività di ristorazione per l’emergenza Coronavirus

Redazione 19/05/21
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A. Scarsella (La Gazzetta degli Enti Locali 19/5/2021)
La Corte dei conti, Sezione di controllo per l’Emilia-Romagna, aveva sottoposto mediante deliberazione del 12 marzo 2021, n. 32 alla Sezione delle Autonomie la questione di massima in ordine alle problematiche interpretative riguardanti la possibilità, per il Comune, di operare la rinegoziazione di un contratto di locazione, in base ai principi del codice civile, valevoli in generale anche per le pubbliche amministrazioni (in particolare il quesito concerne immobili locati destinati ad attività di somministrazione alimenti e bevande, commerciali e artigianali, stante la vigente situazione di difficoltà economica, a seguito del lockdown imposto alle citate attività quale misura di contenimento del contagio da Coronavirus) – si veda il precedente articolo Possibile per i locali comunali locati ad attività economiche ridurre il canone per l’emergenza Coronavirus?

La riduzione del canone

Con deliberazione n. 7 del 17 maggio 2021 la Sezione Autonomie della Corte dei conti ha risposto in modo affermativo al quesito, individuando anche gli elementi che gli enti locali devono valutare, dandone dimostrazione nel provvedimento amministrativo che autorizza la riduzione del canone.
La Corte dei conti prende le mosse dall’assoluta peculiarità ed imprevedibilità della grave situazione pandemica che, pur se in parte oggetto di ristori e sostegni di varia natura, “ha anche posto il problema di adeguare i rapporti contrattuali, determinanti costi fissi, degli operatori dei settori colpiti dalla contingenza. Tale esigenza, nel più generale perseguimento di finalità solidaristiche, è ben rappresentata nella richiesta di parere in esame”. La pandemia costituisce, infatti, evento potenzialmente esulante dall’alea a carico del debitore e del rischio di impresa.
“L’adeguamento del corrispettivo alla mutata situazione non consegue, in linea di principio, all’applicazione rigorosa e obbligatoria del dato civilistico, e alla volontà di scongiurare la risoluzione del contratto. Essa, piuttosto, risponde al principio pubblicistico del buon andamento (articolo 97 della Costituzione), nel caso di specie perseguito assicurando condizioni eque ed efficienti ai contraenti con gli enti locali, ma nel contemperamento di interessi ulteriori”.
Sulla base di tali considerazioni, la Sezione Autonomie, ritiene che “gli enti locali, in presenza di una richiesta di riduzione del corrispettivo dei contratti di locazione di diritto privato stipulati con imprese esercenti attività di ristorazione, motivata dai plurimi provvedimenti di chiusura al pubblico emanati nel corso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, e dalla conseguente crisi economica, possono assentirvi, in via temporanea, all’esito di una ponderazione dei diversi interessi coinvolti, da esternare nella motivazione del relativo provvedimento, in particolare considerando elementi quali:
– la significativa diminuzione del valore di mercato del bene locato;
– l’impossibilità, in caso di cessazione del rapporto con il contraente privato, di utilizzare in modo proficuo per la collettività il bene restituito, tramite gestione diretta ovvero locazione che consenta la percezione di un corrispettivo analogo a quello concordato con l’attuale gestore o, comunque, superiore a quello derivante dalla riduzione prospettata;
– la possibilità di salvaguardia degli equilibri di bilancio dell’ente, e nello specifico la mancanza di pregiudizio alle risorse con cui la medesima amministrazione finanzia spese, di rilievo sociale, del pari connesse alla corrente emergenza epidemiologica, anche alla luce della diminuita capacità di entrata sempre correlata alla situazione contingente”.
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