La sentenza in commento si iscrive in un contesto giurisprudenziale nomofilattico via via sempre meglio delineato, secondo cui è configurabile il reato di gestione abusiva di rifiuti se la condotta concretamente posta in essere dal soggetto agente “…che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa, che richieda, per il suo esercizio, un titolo abilitativo, in ogni caso, non sia caratterizzata da assoluta occasionalità” (Cass. III, 07/01/2016, n.5716).
Si consiglia il seguente volume, il quale si prefigge l’obiettivo di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. L’occasionalità della condotta secondo la Corte di Cassazione
Per la Corte Regolatrice l’occasionalità della condotta non deriva “…da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dal tenore della fattispecie penale, che, punendo la “attività” di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore penale su un complesso di azioni, che, dunque, non può coincidere con la condotta assolutamente occasionale” (cfr. Cass. III, 23/03/2016, n. 29975). In tale quadro, il carattere non occasionale della condotta è stato spesso desunto dall’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in più distinte occasioni di operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita etc.; residuando il perimetro delle condotte non penalmente rilevanti quasi esclusivamente nei contesti estranei ai cicli produttivi.
Si consiglia il seguente volume, il quale si prefigge l’obiettivo di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale:
Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia
Nel presente volume viene esaminata una delle fasi salienti del processo penale, il dibattimento, alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla Riforma Cartabia con l’intento di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale.L’opera, che contempla anche richiami alla nuovissima disciplina relativa al Portale deposito atti penali (PDP), è stata concepita come uno strumento di rapida e agile consultazione a supporto dell’attività dell’avvocato.Oltre a quelle previste dal codice di rito penale, la trattazione passa in rassegna tutte le ipotesi in cui si svolge il dibattimento, come il procedimento innanzi al giudice di pace, il processo penale minorile e quello previsto in materia di responsabilità degli enti.Il testo è corredato da tabelle riepilogative e richiami giurisprudenziali e da un’area online in cui verranno pubblicati contenuti aggiuntivi legati a eventuali novità dei mesi successivi alla pubblicazione.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB) e giornalista pubblicista. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
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2. Gestione di rifiuti non autorizzata: la pronuncia del Tribunale di Palermo
Il caso al vaglio del Tribunale di Palermo riveste particolare interesse proprio poiché i rifiuti abbandonati erano certamente provenienti da ciclo produttivo (nella specie da attività commerciale) e la condotta era stata posta in essere da personale addetto all’impresa, mediante l’uso di mezzi aziendali. Tuttavia il Giudice di merito non ha ritenuto ciò sufficiente perché si ritenesse integrata “…una attività illecita di gestione di rifiuti nel senso tipizzato dall’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs, 152/2006. Pur vero che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma l, lett. a), d.lgs. 152/2006, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dalla fattispecie penale (Cass. Pen. Sez. III, n. 8979 del 2 ottobre 2014, Cristinzio, RV 262514), ma a patto che tale condotta costituisca una “attività” e dunque non sia meramente occasionale. La natura occasionale delle condotte di gestione di rifiuti…può essere desunta da indici quali l’organizzazione, il dato ponderale dei rifiuti. il fine di profitto perseguito. l’utilizzo di veicoli adeguati. Facendo applicazione dei principi sopra richiamati, il Tribunale ritiene che la condotta posta in essere…non sia qualificabile come “attività” di gestione illecita di rifiuti e che pertanto non sia penalmente punibile; in tal senso, plurimi ordini di motivi: viene in rilievo una sola condotta di trasporto e abbandono di rifiuti; i rifiuti provenivano da ditta che ordinariamente li smaltiva consegnandoli a ditta specializzata incaricata del ritiro o conferendoli presso l’apposito centro di raccolta comunale (essendo la ditta medesima regolarmente censita tra le utenze comunali riconnesse alla tassa sui rifiuti); l’abbandono dei rifiuti sulla pubblica via avveniva per motivi contingenti; il mezzo utilizzato per scaricare i rifiuti appare compatibile con lo svolgimento dell’attività lecita di impresa, ma in mancanza di elementi di riscontro non può considerarsi come mezzo specificamente adibito allo svolgimento di attività di gestione illecita dei rifiuti; non emerge il peso complessivo dei rifiuti”.
Risulta pregevole lo sforzo del Tribunale nel delimitare in positivo il campo della condotta connotata del carattere della “occasionalità” non sussumibile nell’alveo della “attività” di cui al comma 1 dell’art. 256 D.L.vo 152/2006; e ciò per quanto i rifiuti provenissero da un ciclo produttivo, a fronte della maggior mole di precedenti in cui tale rilievo oggettivo materiale conduce ad escludere il carattere occasionale della condotta contestata all’agente.
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