Garante della Privacy: Ricorso di ex-terrorista per diritto all’oblio infondato

Redazione 22/06/16
Scarica PDF Stampa

Niente diritto all’oblio per un ex terrorista che chiedeva a Google la deindicizzazione di articoli, studi e atti processuali che lo citavano nel riportare gravi fatti di cronaca degli anni di piombo.

La storia non può essere cancellata. Questo il principio che il Garante della Privacy ha sancito nel definire infondato il ricorso di un ex terrorista che reclamava che fossero  deindicizzati gli articoli, studi, atti processuali in cui si trattava dei gravi fatti di cronaca tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 di cui era protagonista.

Finita di scontare la sua pena nel 2009, l’interessato si era rivolto in un primo momento a Google per domandare la rimozione di alcuni indirizzi e suggerimenti di ricerca – spiega il Garante.

Ma non avendo Google accolto la richiesta, l’ex terrorista si è rivolto al Garante, adducendo di non essere un personaggio pubblico bensì un libero cittadino e che, in quanto tale, abbia subito gravi danni professionali e personali per colpa della permanenza in rete di contenuti del passato e fuorvianti rispetto al suo attuale percorso di vita .

Ciononostante, l’Autorità ha ritenuto infondato il ricorso perché le informazioni cui si fa riferimento erano “reati particolarmente gravi”, aventi “valenza storica” e pertanto bisogna considerare “prevalente l’interesse del pubblico ad accedere alle notizie”.

Il parere del Garante della privacy

Le informazioni che secondo l’ex terrorista dovevano essere deindicizzate, rileva l’Autorità, “fanno riferimento a reati particolarmente gravi, che rientrano tra quelli indicati nelle Linee guida sull’esercizio del diritto all’oblio adottate dal Gruppo di lavoro dei Garanti privacy europei nel 2014, reati per i quali le richieste di deindicizzazione devono essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati, pur nel rispetto di un esame caso per caso. “

Il Garante prosegue aggiungendo che “le informazioni hanno ormai assunto una valenza storica, avendo segnato la memoria collettiva” perché “riguardano una delle pagine più buie della storia italiana, della quale il ricorrente non è stato un comprimario, ma un vero e proprio protagonista.” Per di più, “nonostante il lungo lasso di tempo trascorso dagli eventi l’attenzione del pubblico è tuttora molto alta su quel periodo e sui fatti trascorsi, come dimostra l’attualità dei riferimenti raggiungibili mediante gli stessi url.

Il Garante ha ritenuto che l’interesse del pubblico ad accedere alle notizie in questione prevalga sul diritto all’oblio del singolo e ha pertanto dichiarato infondata la richiesta di rimozione degli url indicati dal ricorrente ed indicizzati da Google. L’Autorità  ha inoltre concluso dichiarando non luogo a provvedere sulla rimozione dei suggerimenti di ricerca che Google aveva nel frattempo eliminato e su un ‘url’ di un articolo che, datosi che l’archivio del quotidiano che lo aveva pubblicato è divenuto una piattaforma a pagamento, non è più indicizzabile.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento