Estinzione società: le Sezioni Unite si pronunciano in ordine alla sorte dei rapporti giuridici pendenti

Redazione 14/03/13
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Anna Costagliola

Le Sezioni Unite civili della Cassazione, chiamate a prendere posizione su un importante nodo tematico, con la sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013 hanno chiarito quale sia la sorte dei rapporti giuridici facenti capo alla società al momento della sua estinzione, in conseguenza della cancellazione dal registro delle imprese.

Il tema era stato in parte già affrontato dalle stesse Sezioni Unite nel corso del 2010, ed è proprio dai principi affermati in quelle sentenze che la Corte prende il via per cercare di chiarire ulteriori ricadute che la riforma del diritto societario del 2003 ha avuto sul tema. In particolare si ricorda la valenza innovativa riconosciuta alla rinnovata formulazione dell’art. 2495 c.c. rispetto alla formulazione del precedente 2456 c.c. (che disciplinava la medesima materia), per cui la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese, che nel precedente regime normativo si riteneva non valesse a provocare l’estinzione dell’ente qualora non tutti i rapporti ad esso facenti capo fossero stati definiti, è ora invece da considerarsi senz’altro produttiva dell’effetto estintivo. Effetto, quest’ultimo, destinato ad operare in coincidenza della cancellazione, se questa abbia avuto luogo in epoca successiva al 1° gennaio 2004, data di entrata in vigore della riforma, ovvero a partire da quella data, se si tratti di cancellazione intervenuta in un momento precedente.

La stessa regola è apparsa applicabile anche alla cancellazione delle società di persone dal registro, quantunque tali società non siano direttamente interessate dal menzionato art. 2495 c.c. e sia rimasto per loro in vigore l’invariato disposto dell’art. 2312 c.c. La situazione delle società di persone si differenzia da quella delle società di capitali solo in quanto l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto che le cancella ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, superabile con prova contraria che abbia ad oggetto non la pendenza di rapporti non ancora definiti facenti capo alla società (si ricadrebbe altrimenti nella situazione anteriore alla riforma societaria), bensì il fatto che la società abbia continuato ad operare (e dunque ad esistere) pur dopo la cancellazione dal registro.

Tanto premesso, le Sezioni Unite si sono soffermate sulle conseguenze della estinzione della società in ordine ai rapporti originariamente facenti capo alla società estinta a seguito della cancellazione dal registro, che tuttavia non siano stati definiti nella fase della liquidazione, o perché trascurati, o perché solo in seguito se ne è scoperta l’esistenza. Ciò sia in relazione ai rapporti passivi (quelli implicanti l’esistenza di obbligazioni gravanti sulla società), sia in relazione ai rapporti attivi (quelli in forza dei quali prima della estinzione la società poteva vantare diritti).

Sul tema, i giudici del Supremo collegio hanno stabilito il principio di diritto in base al quale, qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio per cui:

a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Il dissolversi della struttura organizzativa su cui riposa la soggettività giuridica dell’ente collettivo fa emergere il sostrato personale che, in qualche misura, ne è comunque base e rende perciò del tutto plausibile la ricostruzione del fenomeno in termini successori, che coinvolge i soci ed è variamente disciplinato dalla legge a seconda del diverso regime di responsabilità da cui, pendente societate, erano caratterizzati i pregressi rapporti sociali. Né alcun ingiustificato pregiudizio, sottolineano le Sezioni Unite, viene arrecato alle ragioni dei creditori per il fatto che i soci di società di capitali rispondono solo nei limiti dell’attivo loro distribuito all’esito della liquidazione;

b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto una attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato.

Sotto il profilo processuale, le Sezioni Unite affermano che la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 ss. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta.

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