Espulsione: il provvedimento deve essere tradotto in una lingua “veicolare” per essere efficace

Redazione 17/07/12
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Con la sentenza n. 12065 del 13 luglio 2012 la Cassazione ha annullato l’espulsione dall’Italia dell’immigrato al quale non era stato tradotto il decreto prefettizio, in una delle lingue cd veicolari (inglese e francese).

E ciò, anche se il destinatario afferma di essere comunque a conoscenza del contenuto del provvedimento.

Un cittadino extracomunitario che parlava solo l’arabo aveva fatto ricorso contro l’ordinanza che confermava l’espulsione, assumendo, tramite l’avvocato, che il provvedimento avrebbe dovuto essere portato a conoscenza dell’interessato con modalità che ne garantissero in concreto la conoscibilità.

Ad avviso del giudice di pace che aveva confermato l’espulsione non era stato leso il diritto di difesa dell’extracomunitario, il quale, nel ricevere la notifica del provvedimento dalla polizia penitenziaria aveva dichiarato a verbale di essere a conoscenza del contenuto del provvedimento.

La circostanza però, ad avviso dei giudici di Cassazione, non può giustificare l’omessa traduzione: la dichiarazione fatta dall’uomo infatti non equivale ad ammissione della conoscenza della lingua italiana, e non può dunque valere a surrogare la traduzione mancante.

Ai sensi degli articoli 13 del d.lgs 286/1998 e 3 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, la traduzione in lingua conosciuta al destinatario è requisito formale indispensabile, a pena di nullità, della comunicazione del decreto di espulsione, cui può derogarsi soltanto nel caso di impossibilità di tale traduzione per indisponibilità, espressamente dichiarata nell’atto, di personale idoneo alla traduzione, e sempre che si provveda, in tal caso, alla traduzione in una delle cosiddette lingue veicolari, ossia inglese, francese o spagnolo.

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